Conosciuto per le sue frasi razziste ed omofobe, ha incarnato la voglia di riscatto del popolo brasiliano dopo una terribile crisi economica
TRENTO. Fino a qualche giorno fa Jair Bolsonaro era solo l’uomo delle fake news e delle gaffes. Il personaggio quasi caricaturale di estrema destra, autore di dichiarazioni omofobe, razziste e misogine. Da oggi Bolsonaro è il presidente eletto del Brasile: e il mondo si interroga su come sia stata possibile la sua vittoria. Proprio come faceva due anni fa, dopo l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti. E d’altronde fra i sostenitori di Bolsonaro c’è uno slogan che suona come un déjà vu: “Faça o Brasil grande outra vez”. L’equivalente portoghese del trumpiano “Make America great again”.
Fino a qualche tempo fa il Brasile era un Paese emergente. Poi c’è stata la più grave recessione economica della sua storia, con il pil che si è contratto di circa il 7% nel periodo tra il 2015 e il 2017. Negli ultimi anni c’è stata una leggera ripresa, accompagnata però a un preoccupante aumento del debito pubblico. Soprattutto non è diminuita la disoccupazione, a cui si deve aggiungere l’aumento della criminalità. Secondo i dati del Forum brasileiro de segurança publica, citati dall’Ispi (l’Istituto per gli studi di politica internazionale), nel 2017 in Brasile ci sono stati 63.880 omicidi. Sono in media 175 al giorno, in aumento del 2,9% rispetto all’anno precedente. Nel frattempo pure l’ex presidente Lula è finito in carcere, accusato di corruzione e di riciclaggio di denaro.
Per far fronte a questa situazione, Bolsonaro – ex capitano dell’esercito – si è presentato come persona autoritaria, nostalgica dei tempi della dittatura (1964-1986): «Il più grosso errore della dittatura brasiliana – ha detto nel luglio del 2016 – è stato torturare gli oppositori invece di ucciderli». E fra le sue proposte c’è la liberalizzazione dell’uso delle armi. «Dobbiamo farla finita con questa lagna del femminicidio. C’è solo l’omicidio e io infilerei un’arma in tutte le cinture» (marzo 2017).
Così Bolsonaro ha cavalcato un paradosso. Pur essendo un politico di lungo corso, da trent’anni alla Camera dei deputati, si è presentato come un uomo nuovo. Il rivoluzionario-conservatore (altro paradosso), capace di riportare ordine lì dove l’establishment ha fallito. Questo racconto è stato supportato dalle fake news diffuse attraverso i social network e i gruppi di Whatsapp: una sorta di rete parallela di informazione e propaganda, senza contraddittorio.
E poi c’è stato un momento chiave della campagna elettorale, quando il 6 settembre Bolsonaro è stato accoltellato da uno squilibrato durante un comizio. Ha trasformato la sua convalescenza in una sorta di show a colpi di tweet e dirette su Facebook e YouTube. Così, mentre i giornali pubblicavano le sue frasi razziste ed omofobe, Bolsonaro continuava a guadagnare consenso. Fino a essere scelto dalla maggioranza degli elettori come nuovo presidente del Brasile.
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