LAVIS. Sovrastante la piazza Loreto e l’antico borgo detto degli “Spiazzi”, si erge – da quasi 170 anni – maestoso ed imponente il giardino-castello “romantico” detto dei “Ciucioi”, un nome non di fantasia ma un derivato della nomenclatura storica di un tempo ormai andato e che nasceva dall’iniziale “Ciuciol” per poi adeguarsi allo stile tedesco di quell’epoca che lo voleva “zizzolo”, poi anche “zoll” e, infine, anche “Ciciol”!
La maestosa e fantastica costruzione era abbarbicata alle pendici del Doss Paion e incastonata nelle rocce che scendevano degradanti verso la campagna di allora e al confine di abitazioni, opifici e anche fabbriche di quel tempo ormai scomparso.
La costruzione era stata definita dai vari tecnici un misto tra il gotico e l’orientale, comprende numerosi frontoni, pinnacoli di forma strana, porte e finestre di varie fogge e un bel balcone – tipo belvedere – sorretto da colonne più o meno artistiche.
Tutt’intorno altri edifici minori, sparsi qua e là, un ampio loggiato con archi, torri con i relativi merli, il tutto sormontato da rosoni strani che cercano di creare il vero ambiente leggendario e contribuiscono così ad arricchire sempre più la fantasia sia di tutti i visitatori che degli amanti delle cose antiche storiche in generale.
Tutto il complesso è poi come intarsiato fra le scoscese rupi che scendono degradando dal sovrastante Doss Paion e circondato a destra e a manca da serre e terrazze d’ogni forma e dimensione.
Sognatore inguaribile, aveva speso nella costruzione tutti i suoi averi (oltre sessantamila fiorini), e nella sua fantasia si dice volesse forse far rivivere il castelliere, rievocarne le gesta, i fatti d’arme, le dame con i cavalieri di ventura.
Altifusti circondavano tutto il pittoresco insieme del cosiddetto “giardino”: cipressi, abeti e pini, facevano da corona ad altre magnifiche piante rare ed esotiche, custodite preziosamente nelle serre.
Si potevano ammirare palme, aranci, limoni, magnolie, datteri, nespoli giapponesi ed erbe aromatiche d’ogni qualità e specie. Era insomma un vero e proprio giardino romantico a stretto contatto con la natura che, unito al castello, dava quel senso di vero, fantastico e selvaggio insieme…
Pietro Marchi da Egna (lontano parente del giornalista-scrittore Rolly Marchi di Lavis) acquistò poi tutto il complesso che chiamò “Villa Marchi”, altro proprietario fu anche il mugnaio lavisano Bortolo Tomasi e quindi altri passaggi di proprietà con Oliva Carli-Valentini prima del Comune che acquistò tutto quanto nel 1999 esattamente vent’anni fa.
Ora su tutto quello che è rimasto, con il castello tra le rupi e gli anfratti rocciosi, vive come un ricordo ormai lontano solamente la leggenda…
«…e la sera, quando la giornata ormai declina, tra quelle forre selvagge e le torri con i merli verso il cielo, incominciava la sua cantilena anche il vento.
Sibilando si insinuava tra quelle fessure di porfido e ululando si espandeva rumorosamente tra le grosse crepe del fantastico castello.
Sembra che il vento stia inseguendo qualcosa, qualcuno che non è più tornato in quei posti leggendari.
C’è anche chi dice di aver udito, tra un sibilo e l’altro, come un richiamo lontano e nelle notti di luna piena, i più fortunati hanno potuto anche ammirare una sagoma inconfondibile camminare sui verdi sentieri che costeggiano il castello.
C’è chi asserisce ancora che la figura aveva le sembianze di una giovane e leggiadra fanciulla, dai lunghi capelli e con un magnifico vestito nel quale erano riflesse le stelle. Era, dicevano, la bella principessa dei Ciucioi, la principessa innamorata del castellano…
E quando il turbinio rabbioso del vento si placava e il suo ululato si affievoliva, gli antichi merli delle torri e gli incavi rocciosi iniziavano il loro meritato riposo. Solamente però le cime degli altifusti, dei cedri e degli abeti, ondeggiavano ancora timidamente e sommessamente come in un ultimo saluto, quasi accompagnati da una musica soave che pian piano andava spegnendosi.
Solo allora nella pace di tutta la zona, tra il biancore e il ricamo della costruzione sulla roccia, iniziava ad aleggiare solamente la leggenda…».
Quella dei Ciucioi, che si è tramandata di padre in figlio e che rimane ancora oggi a ricordare che a Lavis, in quei tempi fantastici e fantasiosi, era bello anche sognare unendo, alla fine, la leggenda alla realtà!
La seconda realtà è stata quella con l’acquisto da parte del Comune di tutta la fantasmagorica costruzione e l’inizio, quasi subito, di tutti i lavori di restauro, programmati anno dopo anno e a seconda anche delle disponibilità finanziarie pubbliche.
Il progetto, infatti, mantiene inalterato lo spirito dell’intera struttura e prevede un capillare restauro completo di tutto quanto, introducendo anche nuovi elementi tali da rendere i Ciucioi utilizzabili pubblicamente sia come testimonianza storica, ma anche come contenitore di cultura, di nuove idee e di tanto, tanto verde, come ai bei tempi del costruttore Bortolotti…
Non ci resta quindi che sperare in bene, che tutto arrivi veramente in porto, con l’augurio scaramantico del “chi vivrà vedrà”. E rivedrà così tutti i “Ciucioi” rimessi a nuovo, nel loro maquillage interno ed esterno, quindi aspettiamo e se son rose…
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