A metà strada fra tradizione e goliardia. Negli anni Venti si inventavano amori o si svelavano coppie rimaste in segreto: tutto gridato dall’alto verso il paese
LAVIS. Forse ritornano, chissà? forse il prossimo marzo 2020 con tutto concluso e tutto aperto ai Ciucioi “quel che è stà, torna”!
Marzo appena iniziato e la primavera anche, almeno si spera, godendosi questi giorni di primi caldi forse troppo azzardati. Dai ricordi di mio padre e di mio nonno ci sono anche quelli relativi al famoso e storico “Trato Marzo”, in voga anche qui a Lavis subito dopo la prima guerra mondiale, negli anni ’20.
Era anche chiamato, dalle masse popolari di allora, “Tramarz”, una vera vera e propria abbreviazione dialettale trentina e lavisana, forse dovuta più alla fretta che al dovere di rispettare l’italico detto… dei “siori” di quei tempi.
Una tradizione trentina
1.La rievocazione avveniva puntualmente e tradizionalmente a cavallo della fine di febbraio e il primo giorno di marzo ed era allora diffusa in tutto il trentino, appassionato, goliardico e nostalgico insieme, figurarsi se non c’era a Lavis proprio in quegli anni cosiddetti “ruggenti”?Erano i giovanottoni e le loro congreghe di amici, quasi sempre i “coscritti” in odore di leva militare, che si riunivano nel corso di due-tre serate, prima per le prove ufficiali dell’intero spettacolo e poi per la recita vera e propria, quasi sempre in posti sovrastanti il paese.
Urla dai Ciucioi
2.A Lavis erano stati individuati sia il “Doss del Paion” sovrastante i Pristoi e l’intera borgata, che il castello-giardino detto dei Ciucioi che per un periodo antecedente era stato chiamato anche come “Villa Marchi” dal nome del proprietario di allora.Quest’ultimo posto, dopo prove e sopralluoghi vari, era stato definito il luogo ideale, sia per l’acustica in generale, che si diffondeva in tutta la zona detta degli “Spiazzi” vicino al ponte per San Lazzaro, in tutta la piazza Loreto e anche lungo la via del Loreto (ora via 4 Novembre), che per lo scenario pittoresco che sprigionava l’intera zona abbarbicata alla roccia.
Si iniziava la serata, quasi sempre sull’imbrunire e prima di cena, urlando e gridando a squarciagola motti e detti scherzosi, versi e versetti, cantilene anche in rima quasi romantiche e poetiche, il tutto concentrato sulle probabili o presunte coppie di fidanzati in via di allestimento e di organizzazione in quel preciso periodo.
Imbuti per megafoni
3.Naturalmente per le declamazioni rigorosamente acustiche (allora non c’erano sicuramente i microfoni e nemmeno impianti di amplificazione di tal fatta) si cercavano i cosiddetti predicatori microfonati, cioè giovanotti e persone di mezza età, anche magari attori in qualche compagnia locale o dei dintorni, meglio anche cantanti con voce baritonale, con voce grossa, chiara e ben scandita.Come aiuto venivano usati dei grossi megafoni costruiti in legno o anche qualche grande imbuto (orel) che si usavano per travasare il vino nelle cantine di casa. Tutto quanto serviva ed aiutava per rendere più convincente e comprensiva l’intera scena che veniva declamata dalla loggia dei Ciucioi!
Uomo dell’oratorio
4.Queste erano le uniche attrezzature tecniche ed impiantistiche usufruibili e disponibili in quei tempi e per quelle serate fantasiose, che diffondevano la voce in tutta la zona circostante. La voce per così dire più possente e “microfonata” al naturale di tutte era quella del Pietro Frizzo, che abitava nella casa dei de Concini nella via omonima, poi divenuta via Damiano Chiesa, insieme alla sorella aveva un premiato laboratorio artigianale di sartoria fine.Essendo poi anche attore importante nella locale Filo Oratoriana, il Pietro Frizzo doveva sfidare anche le “ire” dell’allora clero locale che non vedeva certo di buon occhio queste manifestazioni urlate di piazza e malgrado tutto, tanto partecipate anche dai fedelissimi del parroco…
Coppie inventate e amori rivelati
5.Dalla loggia dei Ciucioi quindi, quella restaurata nel corso di questi eterni lavori avviati dopo l’acquisto della struttura dal Comune, venivano declamate ritmicamente queste strofe e strofette, quasi sempre in rima se possibile, tutte a carattere comico-satirico e dedicate a questa o a quella ragazza da marito di Lavis.Naturalmente ad ognuna di queste signorine, sia del popolo che dell’alta… borghesia, venivano assegnati a parole i probabili e fantasiosi compagni di vita futura, scelti praticamente tra tutti i celibi bene in vista dell’intero paese.
Quindi si trattava perlopiù di coppie inventate lì per lì, ma anche coppie reali che grazie proprio al Trato Marzo venivano alla luce, uscivano dai silenzi offuscati dalle varie famiglie. Coppie di tutti i nubili e celibi del momento, di tutte le età e professioni, venivano tirati in ballo ed invitati pubblicamente a maritarsi al più presto perché “scoperti”…
Toitela, toitela, toitela
6.Naturalmente, tra il serio ed il faceto, ci scappava anche l’immancabile canto trentino allora in voga per queste manifestazioni popolari e di massa. Quello maggiormente in uso anche a Lavis diceva pressapoco così:“per maridar ‘na fiola bela / a chi ghe la dovente dar?
Trato Marzo, Trato Marzo / chi ela, chi no ela?
L’è la Gigiota, l’è la Mariota, l’è la Tullia / l’è la Luzieta, l’è la Maria, l’è la Carla
a chi ghe la dente / a chi no ghe la dente / a chi ghe la volente dar?
Al Pero, al Paolo, al Toni del Pristol / all’Anselmo, al Francesco o all’Arturo en piaza?
Toitela, toitela, toitela che fe en bel par / toitela, toitela che l’è en bel fior…”
E così di questo passo, su questo tono e con queste proposte, promesse, allusioni e tanta, tanta fantasia di innamorati. Qualche volta non erano solamente delusioni campate in aria, qualcosa si era avverato e confermato, le coppie c’erano veramente.
Magari si litigava anche perché la signorina apprendeva proprio dal “Tramarz” che il suo presunto innamorato ne aveva già un’altra… e viceversa, si faceva pace e si tornava anche a sorridere.
Tornerà il “Trato marzo”?
7.Poi a conclusione di tutta questa messa in scena, passate più di due ore veramente impegnative per tutti, il gran finale era quello poi dedicato ai commenti e alle risate insieme ai brindisi di circostanza… Il tutto accompagnato dal vin caldo (brulè per gli intenditori), dal vino freddo delle cantine di sotto e anche da qualche altra bevanda per le signore e signorine presenti che… disdegnavano il vino e i suoi derivati!Bei tempi sicuramente, quelli degli anni ’20, con il Trato Marzo dalla loggia centrale dei Ciucioi, un rito che segnava anche il passaggio forzato tra l’inverno e la primavera, ma anche per alcuni e alcune, un rito che preludeva a probabili e beneauguranti fidanzamenti futuri…
Chissà che nei prossimi festeggiamenti per l’inaugurazione del castello-giardino dei Ciucioi, il “regista” non pensi anche al ritorno della bella usanza del “Trato Marzo”, chissà… quindi se sono rose, fioriranno sicuramente!
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