LAVIS. Ai giorni nostri, già passato il Carnevale e iniziata la Quaresima, si domandano in parecchi come occupavano il tempo libero i nostri avi, passata la buriana carnevalesca di quei tempi, magari anche dopo le fatiche della campagna e di tutti gli altri lavori più o meno impegnativi e pesanti per molti.
Anche “sti ani”, come oggi del resto, si meditava sul passato, ricordando le belle serate in compagnia degli amici e della famiglia, le ricorrenze già scadute, le manifestazioni di richiamo già passate nel dimenticatoio e segnate nel libro dei ricordi.
C’erano però anche, allora, i divertimenti stagionali con naturalmente gli appuntamenti serali insieme alle allegre compagnie di coetanei, i coscritti, insieme però anche ad altri momenti con il volontariato, dedicato alle associazioni e a tutti quelli impegni, umanitari e sociali, che scaturivano quotidianamente dal mondo cattolico e dalle sue organizzazioni interne ed esterne.
C’erano poi gli altri impegni con i vari cori, Coro Orfeo, Coro Parrocchiale e anche di montagna (il Coro Scarpon nell’ultimo dopoguerra) e anche le varie orchestre e orchestrine. Il Circolo Mandolinistico tra gli anni 20/30, il quintetto-orchestrina sempre dopo gli anni 30, persino la società culturale “Il Quadretto” (dal 1905), era la sola borghesia impegnata in una sorta di vera e propria “intellighenzia” anti litteram, magari con lo zampino della politica…
Ci furono poi anche le passioni del calcio, con le due squadre locali, quella dell’Usba (Unione Sportiva Basso Avisio) e anche la squadra del Ricreatorio Parrocchiale. La convivenza era però all’ordine del giorno e anche i due campi da gioco affiancati, divisi solamente da un muro, andavano d’amore e d’accordo con gli sportivi di allora.
Nella sagra di Sant’Udalrico dei primi di luglio (erano gli anni ruggenti allora) si usava da parte dei mugnai e dei fornai locali consorziati per l’occasione, il tradizionale e allora rinomato “Gioco del tiro al collo dell’oca” assai coinvolgente. Si trattava di una giostra a spese di una povera oca sospesa ad una fune (allora non esistevano ancora gli animalisti di oggigiorno), con però talune cautele e diversi avvisi-avvertimenti da rispettare e seguire intorno alla giostra per i numerosi partecipanti coinvolti.
Uno dei partecipanti scelto dagli amici doveva recitare ad ogni piè sospinto: «purché non si corra troppo in fretta» e raccomandarlo a tutti i concorrenti, anche per salvaguardare più a lungo possibile l’incolumità della povera oca…
Anche il “Trato Marzo”, del quale abbiamo già scritto, imperversava in paese sin da tempi remoti, coinvolgendo giovani “Coscritti” ma non solo quelli. C’era poi anche il divertimento popolare del “Machaluffo” quasi sempre in occasione della sagra paesana, la Lazzera, una sorta di presa per i fondelli in pubblico, urlata e cantata in tutte le vie dell’abitato quando si sposava una persona vedova d’ambo i sessi.
Altro appuntamento invernale comunitario era quello dell’operazione “sfoiar”, cioè quella di liberare le pannocchie del granoturco dalle foglie secche che avevano intorno (i sfoiazi appunto) e prepararle quindi per la macinazione e la farina. Anche qui, talvolta, erano più le chiacchiere e i chiacchiericci di contorno che il lavoro vero e proprio che si faceva, se poi arrivavano anche le tradizionali e famose “pignatte” di vino caldo per tutti, allora si iniziavano anche i canti di contorno, conditi di amenità e esibizioni di improvvisati coretti al seguito.
Contro questi “balli peccaminosi e tentatori”, tuonavano poi dal pulpito i vari parroci di quei tempi, in modo particolare don Giuseppe Mosna, il quale scriveva alle famiglie lavisane, allertandole appunto sui balli e sui pericoli nei quali incorrevano sia i giovani ma anche gli adulti di allora.
Arrivò però per tutti anche allora la “quaresima” e in tutti i sensi, comunque erano sempre bei tempi quelli passati, nonostante tutta la precarietà e le difficoltà della vita, si trovava ancora il tempo anche per divertirsi, sempre con un pizzico di follia, spensieratezza e magari anche tanta semplicità. E nelle case, non solo dei contadini, polenta calda e “mòsa” quasi tutti i giorni, insieme a tanto latte appena munto…
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