LAVIS. Fino ai primissimi anni ’60 l’intero centro storico lavisano era attraversato in lungo e in largo dalle rogge a cielo aperto, parecchie si insinuavano persino sotto le case per poi uscire allo scoperto e proseguire verso le campagne fino all’Adige, vicino alla Paganella.
Una mappa di rogge antichissime che hanno lasciato nel ricordo dei più nostalgici il fascino delle cose semplici ma belle, purtroppo oggi inesorabilmente tutte scomparse alla vista della gente, nonché dalla scena storica e culturale locale.
Si potevano udire anche le canzoni in voga in quei tempi, a volte sommesse e a volte a pieno volume, specialmente dalle giovani donne intente a lavare i panni di casa : “La bella lavanderina”, poi anche “Amor dammi quel fazzolettino”, non dimenticando nemmeno “La bella la va al fosso…”!
Portavano poi anche la grande riserva di cenere appena levata dal focolare di cucina (la zendro) e ritenuta a tutti gli effetti il più insostituibile detersivo in vigore in quei tempi, l’unico a buon mercato, definito anche la panacea di tutti i mali, del bucato naturalmente…
E le lavanderie a cielo aperto costellavano l’intero percorso della roggia principale, in un grande spaccato di vita e di attività sostenuto dalle casalinghe superimpegnate.
Terza postazione con lavanderia era quella sotto casa Gentilini al confine con l’entrata laterale della chiesa arcipretale. Qui potevano starci benissimo fino ad otto posti di lavandaie. Quarto posto dove lavare era quello a lato di piazza Manci, tra le case Lorenzi e Bortolotti del palazzo Sardagna, praticamente nelle vicinanze della vecchia fontana di casa Varner (ora Emporio Lona), qui erano disponibili altri 4/5 posti per lavare.
In via della Roggia poi, oltre al Mulino dei Dorigatti e alla segheria dei Casagrande (ambedue alimentati dall’acqua della roggia), altro lavatoio pubblico con tetto di protezione nelle vicinanze della Scuola don Grazioli, proprio nell’angolo con la via della Roggia e la campagna dei fratelli Lorenzi, anche qui c’erano 5/6 posti per altrettante lavandaie.
Dulcis in fundo altro punto cruciale con però annesso l’abbeveratoio per animali, era quello in via Pressano (ora via Rosmini), nei pressi della campagna dei de Schulthaus e le case dei Vindimian, praticamente quasi davanti alla villa Donati dove oggi c’è la Cassa Rurale. Qui si poteva lavare in dieci posti comodamente e tutt’intorno alla grande vasca in cemento, inutilizzabile però nei giorni di mercato settimanale e delle fiere mensili.
In quelle occasioni era proibito usare la postazione come lavatoio e proprio da un’ordinanza del sindaco, in quanto disponibile solamente come abbeveratoio per tutti gli animali di passaggio e di quelli che erano in fiera.
Una grossa squadra di operai, reclutati per l’occasione dal Comune e dal Consorzio Irriguo, scendeva nelle rogge a partire dalla piazza Loreto e fino all’esterno del paese, sotto le case per le pulizie generali e il prelievo dei materiali d’ogni genere scaricati e gettati dai cittadini.
Erano tante le sorprese e anche gli… imprevisti logistici in quella settimana di operazioni d’alta pulizia, non dimenticando che allora le fognature, lungo tutto il percorso interno al centro, scaricavano proprio nelle rogge…
Uno lungo il confine tra il Macello Comunale (ora Biblioteca) e le proprietà Varner-Lona, l’altro in via della Roggia, proprio nelle immediate vicinanze della scuola Grazioli e la casa dei Tovazzi.
Passando da quelle parti sembra sentire ancor oggi il cicaleccio delle varie lavandaie di allora, con tutte le notizie fresche di giornata e le ultime novità del paese che si sentivano già di buon mattino in prima assoluta…
Poi le moderne lavatrici hanno soppiantato definitivamente queste attività manuali e pionieristiche di un tempo ormai passato e tutte le donne d’oggi preferiscono alla grande lavarsi i loro panni in… casa e con l’ausilio delle moderne tecnologie.
Queste “lavandare” sicuramente a Lavis rimarranno sempre e anche senza le famigliari rogge che, in un tempo passato ormai, oltre che portar via lo sporco della biancheria di casa, portavano via anche le chiacchiere e le maldicenze, più o meno esagerate, di un intero paese!
E qualcuno ricorda ancora quei canti felici delle lavandaie lungo le rogge lavisane, quei canti che aiutavano a lavorare e a vivere allegramente in pace, dimenticando magari per un attimo anche le avversità e i problemi della vita: “la bella la va al fosso, al fosso a resentar” oppure anche: “amor dammi quel fazzolettino , vado alla fonte lo voglio lavar, ogni sbattuta un sospiro d’amor”, non dimenticando poi qualche “bella lavanderina che lavava i fazzoletti”!…
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