LAVIS. Il periodo delle ultime settimane di marzo è sempre stato, negli anni passati, un momento dedicato ai coscritti che si predisponevano per l’annuale visita militare di leva. Periodo sicuramente impegnato e allegro, ma anche trasgressivo al punto giusto, per tutti i neo ventenni messi davanti alle loro prime responsabilità militari, civili e nazionali.
Oltre alle cene e alle libagioni preparatorie alla visita militare, “sti ani” i baldi giovani si facevano sentire con le serate rumorose ma anche “ammirare” dalle scritte sui muri e anche bene in vista per tutto il paese. È stata ricordata per anni la grande scritta inneggiante, questa o quella classe di coscrizione, esposta e tracciata sulle rocce del Doss Paion subito sopra il Pristol e la strada per Cembra…
La storia (vera) che vi raccontiamo è avvenuta a Lavis. Sono appena iniziati i primi anni ’50 e tutto parte proprio con la tradizionale cena dei coscritti in un simpaticissimo locale vicino al Ponte dei Vodi e all’Adige. La serata è riuscita perfettamente e tutti i convitati lasciano il locale sazi, felici e… contenti, a mezzanotte passata da un bel po’.
Il ritrovo a Lavis, prima del rientro a casa, è davanti alla stazione del Tram in piazza Garibaldi (quella dove oggi c’è il mercato del venerdì). Il campanile della vicina chiesa di Sant’Udalrico batte già l’una e mezza di notte!
Sulla sinistra della stazione, nello spazio dopo i servizi a fianco della sala d’aspetto, c’è il chiosco dei giornali e tabacchi del Gigioti Depaoli e di sua figlia Beppina. Poi a destra dei binari, per chi guarda dalla piazza Battisti e dal Leon d’Oro, proprio rasente il muro di confine con le case Barin, Nardelli, della Canonica e del Palazzo Sardagna-Bortolotti-Lona, c’è il binario cosiddetto morto. Praticamente lo stallo dove si lasciano a riposo i vagoni di riserva o quelli in attesa di essere utilizzati dopo le manutenzioni di rito. Ed è qui che succede tutto.
È ormai notte su Lavis. Tra il silenzio più assoluto intorno alla stazione e con nessuna presenza di “intrusi” in giro, l’intero vagone si avvia piano piano, sotto la spinta forzuta di tutti i coscritti, una quindicina circa. Viene oltrepassato, senza che nessun estraneo se ne accorga e nel massimo coinvolgimento di tutti, il bar del Leon d’Oro che a quell’ora tarda è già chiuso da un bel pezzo. Tutti si avviano furtivamente – spingendo il vagone – verso le prime case di via 4 Novembre (la ex via Loreto degli anni ruggenti).
La fatica però comincia a farsi sentire per i baldi coscritti, anche perché dietro al palazzo Sette la strada è sempre più in salita… A questo punto decidono tutti all’unanimità di fermare il… viaggio, salgono sul vagone per rifare all’indietro tutta la strada verso la stazione di partenza.
Il vagone intanto arriva piano piano davanti al Leon d’Oro e sempre lentamente entra nel binario morto dove era parcheggiato prima della… grande fuga. C’è però una sorpresa per tutti gli occupanti. Ad attenderli c’è il capostazione piuttosto inviperito, assieme al brigadiere dei carabinieri di allora…
Si era destato solamente grazie ad altri rumori nel circondario, uno strano scricchiolio di ferraglie, ma forse anche per un cane che abbaiava nelle vicinanze. Il brigadiere invece, da parte sua, non sembra proprio eccessivamente allarmato della faccenda, anzi, tutto è stato riconsegnato – dice – e tutti sono arrivati in stazione sani e salvi!
In Caserma il brigadiere ha però preso, per precauzione, nomi e cognomi di tutti quanti i coscritti presenti al colpaccio del vagone. In quel frangente però, nessuno si accorge che i nomi e i cognomi che vengono dati sono molti di più dei presenti effettivi. Nella lista viene dato anche qualche nome di coscritto che in realtà era addirittura assente alla cena di quella sera…
Quelli sì che erano bei tempi, c’era stata anche qualche chiacchiera di contorno all’accaduto, altri avevano anche asserito che tutte queste cose sono state imparate al cinema… Infatti, al cinema di Lavis proprio in quei tempi, era stato proiettato il film comico italiano “Hanno rubato un Tram” con Aldo Fabrizi e Carlo Campanini!
Vatti a fidare del cinema, quindi, ma anche dei vagoni del tram rimasti liberi e incustoditi, a un’ora tarda della notte infestata dai coscritti, tanti anni fa…
che tempi però!
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