LAVIS. «A chi viaggiando sulla ferrovia elettrica Trento Malé o sulla strada erariale per il Brennero imbocca il ponte di Lavis si presenta una fantastica scena di mura merlate, di balconi pensili, di serre, di terrazze che ad onta delle ingiurie del tempo decoravano l’ultima falda meridionale del colle detto il Paion, con una varietà appariscente, anche se non bella, di linee e di colori».
Sono le parole del dott. Luigi Sette in uno scritto del 1927 dedicato al giardino dei Ciucioi voluto e costruito da Tommaso Bortolotti e che sarà riaperto, dopo un lungo restauro, a settembre 2019. Sempre il Sette scrive: «egli ebbe – riferendosi al Bortolotti – la ispirazione dal contesto che il romanticismo aveva diffuso sul paesaggio e che vi vedeva l’attrattiva in elementi fantastici un po’ accozzati che avevano rotto le vecchie tradizioni del bel giardino italiano architettonico, che è stato la gloria dell’Italia dal Quattrocento a tutto il Settecento».
Per ritornare alla domanda, in mancanza di una documentazione personale e privata, diventa difficile tracciare un profilo completo del Bortolotti. Per Albino Casetti era un uomo «che certo ebbe amore per il bello e per l’arte». Di lui, però, sappiamo qualcosa attraverso i documenti amministrativi conservati nell’Archivio Storico del Comune di Lavis. Dal 1830 al 1832 è sindaco di Lavis e nel 1825 si distingue per altruismo durante un tremendo incendio. Altro elemento che ci aiuta a comprendere il profilo politico e istituzionale, sono i documenti legati al periodo dei moti del 1848-1849.
Nella seduta, «tutti i comparsi credono utile l’istituzione del proposto comitato», composto da Pietro Boschi, Tommaso Bortolotti, Bartolomeo Aliprandi e Bartolomeo Poda1. Bortolotti, quindi, ha un ruolo attivo nella politica locale legata al movimento per l’autonomia del Titolo italiano.
Ma non solo. Il 19 maggio dello stesso anno a Calliano viene steso un documento di protesta, attraverso il quale i deputati trentini si rifiutano di partecipare alla Dieta convocata a Innsbruck per la troppa disparità numerica fra tedeschi e italiani: 52 contro 20. Il documento ottiene il favore di 5.000 firmatari e fra i 66 abitanti del Giudizio Distrettuale di Lavis che firmarono il documento anche Tommaso Bortolotti.
Trascorre tutta la sua infanzia e la prima giovinezza durante l’età napoleonica. È un periodo storico violento e allo stesso tempo stimolante dal punto di vista culturale per il clima riformista tipico del regime napoleonico.
Ne ha 17 quando finisce per il Trentino la parentesi del Dipartimento dell’Alto Adige; vale a dire quando Trento e Bolzano fanno parte del Regno Italico Napoleonico. Il padre, inoltre, si ritrova ad avere un ruolo istituzionale importante ricoprendo l’incarico di regolano nei primi anni del XIX secolo, esattamente fra il 1800 e il 1801, assistendo in questo modo all’invasione della Armata dei Grigioni e al processo di secolarizzazione del Principato Vescovile di Trento. Nel 1817 Tommaso rimane orfano di padre e di madre.
Il padre, Andrea Bortolotti, partecipa in modo attivo ai “torbidi popolari” del 17922. Per il suo coinvolgimento, in questo fatto ispirato agli ideali della Rivoluzione francese, dovrà scontare 8 giorni di carcere per aver chiamato “magnoni” i rappresentanti comunali e per aver compilato una lista da inviare al vescovo di Trento; lista che accompagnava una lettera di protesta.
Grazie a tale acquisto nel 1664 Udalrico Bortolotti (figlio di Giacomo) ottiene la cittadinanza a Lavis e quindi entra a far parte del gruppo dei Vicini3. Nel XVIII secolo la denominazione non è più mulino ma “Filatoio Bortolotti”.
Tommaso Bortolotti morì nel 1872 quando, scrive sempre Luigi Sette, durante «una giornata tempestosa il giardiniere dimenticò aperti i vetri delle serre. Il vecchio Tommaso prese una scala a piuoli, per chiudere i vetri, ma avendola collocata male, il vento la rovesciò e lo fece precipitare e urtate col capo una pietra. Poco dopo si spegneva a Lavis il 9 aprile 1872 senza discendenti».
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