LAVIS. Ancora molti in paese ricordano la famosa pubblicità del regime fascista, fatta di scritte inneggianti, di proclami, stemmi vari, aquile, fasci littori, maschere e anche profili di Benito Mussolini.
Le teste del dittatore, tutte rigorosamente nere, erano una trentina, forse anche di più, disseminate in tutta la borgata e nei punti più strategici e in vista. Erano realizzate con un colore apposito, resistente a tutti gli agenti atmosferici ma anche agli anni che passavano veloci e non solo quelli della storia.
Erano fatte e messe in opera – come anche le scritte cubitali di frasi e slogan celebri – dalle ditte specializzate di allora che giravano di paese in paese chiamate dai vari gerarchi e federali di turno.
A Lavis, si era iniziato a vederle – ricordavano i più anziani e i nonni – intorno agli anni ’20, quasi sempre in occasione di cerimonie importanti o anche per festività nazionali ordinate dal Pnf, il Partito Nazionale Fascista.
Le facce di Mussolini furono disegnate fin dall’ingresso di San Lazzaro, prima del ponte di ferro per quella che è oggi (destini della storia), la piazza Loreto, da non confondere con il “piazzale Loreto”…
Proprio in quella piazza c’era la Casa del Fascio, ospitata ai piani superiori del Panificio Comunale con naturalmente anche la sede locale del Pnf lavisano. Lo si poteva vedere fino ai lavori di restauro di qualche decennio fa, sulla facciata verso il passaggio del tram e l’ex cinema Aurora, era rimasta ancora per anni la scritta verticale, dall’alto verso il basso, della “Casa del Fascio”.
Tra le finestre verso la chiesetta erano piazzate le grandi lettere cubitali del PNF, distanziate tra ogni finestra.
Le facce del duce erano poi esposte e dipinte su quasi tutti i palazzi più importanti e noti, a partire dalla casa Sette (ce n’erano ben due sui lati del portone d’ingresso) e poi in giù verso la stazione del tram, poi in via Roma, piazza Manci (anche qui due ai lati del portone per il Ronch), via Matteotti naturalmente sul Municipio, sul palazzo de Maffei (allora c’erano già anche le suore), quello dei Ferrari-De Schulthaus, poi in via Carmine (oggi via Degasperi), via Nazionale, lungo la via Imperiale (oggi via Clementi), in piazza Grazioli ma anche in via Pressano-via Costanzo Ciano (oggi via Rosmini)…
L’operazione persuasiva-reclamistica e di facciata del fascismo era iniziata anche nelle nostre zone, in concomitanza con i viaggi programmati in tutte le regioni italiane e avviati dallo stesso Duce tra il maggio e l’ottobre del 1923, proseguiti poi anche nell’anno successivo.
Il dittatore-capo del governo italiano venne anche a Lavis nell’autunno del ’23, come ci aveva più volte ricordato nel corso degli anni passati proprio l’Emiliano Proner, gestore-proprietario- conduttore insieme alla famiglia dell’Albergo Corona di piazza Manci (allora era chiamato invece Corso Garibaldi).
Il grande palco era stato installato all’aperto, sul lato della piazza verso il Palazzo dei Del Rio e l’ingresso per il Ronch. In quell’occasione, con tutto il paese blindato dal ponte sull’Avisio fino al Cimitero, non erano certo mancate le scritte, gli striscioni, gli stendardi di ogni foggia e grandezza e naturalmente anche le facce di Mussolini sui muri erano aumentate a dismisura per l’evento.
Praticamente venne inondato l’intero paese e la reclame-pubblicità per quella visita importante ebbe il sopravvento su tutto il resto che era affisso in paese, programmi di feste, recite di commedie, cerimonie civili e religiose, persino gli annunci funebri e mortuari, scomparvero da tutto il paese e dalle pareti pubbliche della piazza e dintorni per colpa di quella grande occasione politica.
Di queste facce, tutte cancellate dopo il 25 luglio 1943 quando si avviò anche dalle nostre parti la defascistizzazione persino dei muri e sui muri, a Lavis ne è rimasta una sola.
È ancora ben visibile, specialmente quando la pioggia sbatte su di essa e fa risaltare così tutti i contorni più marcati, ancora perfetta dopo oltre ottant’anni di esposizione forzata.
Si può ancora vedere oggi sull’angolo di casa del Maurizio Vindimian all’inizio di via Zanella (di fronte alla Casa della Acli) e proprio all’incrocio con la popolosa via Matteotti, sul lato sinistro della ex rivendita del pane e a fianco della sede della Pro Loco.
Quella testa di Mussolini, anche dopo i lavori radicali di restauro all’intero edificio di qualche anno fa, è rimasta intatta e sola su tutto il territorio di Lavis.
Le altre che erano in giro per tutto il paese sono scomparse e cancellate inesorabilmente, sia dall’incuria del tempo che dalla storia…
E appunto di queste cancellazioni forzate e affrettate ne sapeva qualcosa il buon maestro Pio Tamanini, sindaco pro tempore nominato in fretta e furia dal Comitato Comunale di Liberazione Nazionale aderente al CLN e rimasto in carica dal 19 maggio 1945 fino al 21 febbraio del 1946.
Appena finita la guerra e subito dopo il suo insediamento, dovette girare su una macchina scoperta del CLN per tutto il paese, armato di pennello e secchio di calce, per ricancellare le facce dello scomparso Duce che erano misteriosamente “riaffiorate” sui muri e le facciate del paese.
Oltre le facce però, c’erano anche le grandi scritte più o meno mastodontiche ma ad effetto e tutte con le frasi più importanti e celebri pronunciate da Benito Mussolini nei suoi discorsi al popolo.
È ricordato ancora che lungo la strada Nazionale, angolo con la via Mulini, troneggiava sopra quell’officina meccanica la grande scritta con l’immancabile motto “Credere, obbedire, combattere”, mentre in piazza Loreto a fianco della Casa del Fascio si poteva leggere un’altro grande proclama che recitava letteralmente “Molti nemici, tanto onore”.
Invece tutto intorno al Municipio erano allora parecchi gli “Evviva il Duce” e verso la piazza Grazioli sul palazzo Ferrari-De Schulthaus troneggiava la grande scritta “Meglio un giorno da leoni che cento da pecora”…
Le varie iscrizioni murali insieme alle facce del Duce erano moltissime negli anni del ventennio, anche perché i vari podestà di turno “invogliavano” i cittadini proprietari delle case anche con le discrete somme di denaro elargite per ospitare, volenti o nolenti, i vari dipinti sui propri muri.
Il contributo a fondo perduto, logicamente variava però a seconda della grandezza dello spazio e del testo, si aggirava praticamente dalle 30 fino alle 100 lire per ogni “opera” esposta realizzata, pagate in anticipo ai vari proprietari che concedevano lo spazio…
Di tutta la “Lavis in Camicia Nera” è quindi rimasta sola, soletta, quella faccia invecchiata sull’angolo di via Zanella con la via Matteotti. Un ricordo ormai sbiadito dal tempo, quello di un periodo storico dimenticato e cancellato anche dalla storia locale.
Qualcuno ancor oggi, che passa e vede la vecchia faccia consunta dal tempo, commenta con il solito ricordo nostalgico del “Si stava meglio quando si stava peggio”! …
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