LAVIS. La pioggia alla fine è scesa, ma solo quando le bancarelle erano già quasi tutte smontate. E così, se volessimo fare il bilancio di questa Lazzera appena passata, come sempre sarebbe positivo: migliaia di persone hanno percorso il centro storico durante tutta la giornata.
Da due anni il consorzio dei commercianti dà forfait e il palazzetto dello sport – che un tempo ospitava l’Expo – rimane chiuso. In compenso ha sempre più successo l’Agrilazzera, una sorta di fiera nella fiera, con una quindicina di espositori di macchine agricole e una trentina del settore ortofruttovivaistico, nel piazzale della cantina sociale.
La Coldiretti qui raccoglie le firme per un progetto di legge europea, di iniziativa popolare, per rendere obbligatoria l’indicazione dell’origine dei prodotti.
«Ne dobbiamo raccogliere un milione in tutta Italia, per ora siamo a 250 mila – spiega Luca Deavi di Coldiretti – Noi siamo stati ai valichi di frontiera e abbiamo visto tutto quello che entra e viene spacciato come prodotto italiano. Il nostro obiettivo è che il consumatore abbia tutte le informazioni per scegliere».
Sempre nel piazzale dell’Agrilazzera ci sono anche l’Inail e l’Uopsal, l’Unità Operativa di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro: «Siamo qui per fornire le informazioni sulla sicurezza sul lavoro – spiega Ermanno Dossi dell’Uopsal –. Solo l’altro ieri siamo dovuti intervenire per un infortunio mortale. Purtroppo l’agricoltura rappresenta con la cantieristica uno dei settori in cui sono più frequenti gli infortuni sul lavoro. E le cose potrebbero peggiorare adesso anche per i lavori forestali, per gli interventi che saranno necessari dopo il maltempo dello scorso ottobre».
La fiera della Lazzera diventa allora un luogo per incontrare nuove persone, per confrontarsi con quel fiume umano che riempie il centro, con le bancarelle come argini. Lo sanno bene anche le tante associazioni che usano la fiera come occasione di autofinanziamento.
«È una vetrina per noi, anche perché cerchiamo di essere sempre più indipendenti e questo ci costringe a trovare nuovi fondi», spiegano Christian Carbone e Oriana Ravagni, volontari della Croce rossa. Le mamme e i papà della materna vendono i dolci cucinati dalle cuoche: «Tutto quello che raccogliamo lo devolviamo alla scuola», spiega Maura Ferrari, una mamma.
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