LAVIS. Fine Aprile del 1945, i tedeschi stanno sbaraccando dal paese. Otto Schneller, un giovanottone poco più che ventenne di Berlino, è arrivato sano e salvo al 29 di aprile, quando i tedeschi firmano la resa incondizionata.
La nostra storia inizia proprio in quei primi giorni di maggio del ’45, quando sembra che anche a Lavis la guerra stia per finire, da un momento all’altro. Tra molti soldati tedeschi che si aggirano ancora per il paese, c’è confusione, sbandamento, delusione altissima.
Ma in altri – e tra questi anche Otto – c’è invece felicità per la fine ormai prossima dell’incubo. “Alles Kaputt” si dicono tra i veterani, mentre attendono notizie ufficiali dalla madre Germania.
Intanto all’interno del paese le truppe sbandate tentano di occupare le case, ne cacciano gli abitanti dal letto, sfondano porte, rubano di tutto, asportano anche biciclette per la fuga verso il nord…
Alcuni tedeschi iniziano a fuggire verso il nord, altri si incamminano lungo il Pristòl, salendo dalla via Roma all’angolo dello storico Bazar della Carmela Merlo, oltrepassando il rifugio antiaereo. Vanno verso le scalette dei Magotti, fin sullo stradone per la Val di Cembra.
Attende i suoi commilitoni e cerca gli amici di squadra, quelli che hanno passato insieme la bella e la cattiva sorte della guerra in Italia e nel Trentino. Gli altri arrivano intanto a frotte, disorientati, si cercano e con gioiose manate sulle spalle si accomodano gli zaini e le logore divise, a gruppi si incamminano poi verso lo stradone.
Un vero punto d’appoggio è sicuramente quello della Porta Rossa, dove, insieme agli sfollati che vanno e vengono dal vicino rifugio, si è sempre cercato in mille occasioni di dialogare, creare amicizie, discutere sulla guerra inutile e dannosa per tutti.
Dal suo taschino, il giovane Otto ha mostrato più volte una foto. Accanto ai suoi genitori è ritratta una bella ragazzina – Annelise – occhi azzurri e cappelli neri, avvolti in due treccine simpatiche che le scendono lungo la schiena.
Intanto i commilitoni arrivano dal paese, sembra che sullo stradone per la Val di Cembra ci siano già anche i camion che raccolgono i fuggitivi verso il Brennero. Lungo tutto il Pristòl vengono abbandonate le armi e per terra c’è di tutto, anche parecchie bombe a mano abbandonate dai fuggitivi, tanti i mitra, i fucili e tante scatole di cartucce. Meglio fuggire leggeri e avere indosso solo il minimo necessario per sopravvivere fino a casa.
Gli ultimi amici tedeschi lo raggiungono, è ora di partire in fretta. Un impegno però viene subito preso di proposito, quasi un voto verso il paese che sta lasciando e che, nonostante la guerra, lo ha ospitato e trattato a volte come uno dei suoi figli.
«Se arrivo sano e salvo in Germania – promette Otto – voglio fare una tappa del mio futuro viaggio di nozze anche qui a Lavis, naturalmente quando tutto sarà passato e i tempi ritornati migliori per tutti».
Intanto gli eventi incalzano, anche a Trento e poi a Lavis arrivano gli alleati sui loro carri armati, festeggiati dalle popolazioni, nottetempo anche i reduci e i prigionieri di guerra rientrano nelle loro case con i mezzi di fortuna, i più anche a piedi. Le campane della chiesa di Sant’Udalrico e anche la sirena d’allarme collocata sul tetto di casa Negriolli (quelli del tabacchino), suonano questa volta a festa e a distesa per quasi tutto il pomeriggio, la guerra è veramente finita per tutti!!!…
Sono, naturalmente, Otto e Annelise felici e radiosi nei primissimi giorni del loro matrimonio. La meta è quella designata, alla famigliare Porta Rossa, il primo dei tanti appuntamenti lavisani di questa loro nostalgica rimpatriata.
È pronta anche la fotocamera “Zeiss” con il suo bravo autoscatto, la foto è fatta, meglio ancora un’altra posa, non si sa mai… Intanto arrivano anche gli amici, quelli degli ultimi giorni di guerra e delle famiglie vicine al rifugio scavato nella roccia.
Sono come in famiglia e l’ospitalità regna sovrana, si parla e si rispolverano tanti altri ricordi, naturalmente in compagnia dei due simpatici titolari del Corona, l’Emiliano e la signora Maria.
La storia bella di Lavis, dal fascino surreale e nostalgico, resa ancor più viva e partecipata dalla poesia scritta poi da Italo Varner, proprio sulla “Porta Rossa del Pristòl” che dice, tra l’altro:… “chi saralo che ciama / de dre a la porta Rossa del Pristòl ? / na voze de sti ani?”… Chissà!
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