LAVIS. Il primo bombardamento sul ponte dei Vodi, nelle campagne adiacenti e con tanto spavento in paese, avvenne esattamente intorno alla metà di dicembre del 1943. Dopo quei fatti, inattesi e tragici per tutti, il Comune decise immediatamente di far costruire un rifugio interamente nella roccia, proprio sul Pristol, nella parte alta verso la strada per la Valle di Cembra.
I lavori iniziarono quasi subito, comunque nei primi giorni del 1944, aggiudicati all’Impresa Marolda & Gaffuri di Trento per l’importo complessivo di un milione e cento mila lire, un’esagerazione, si diceva in quei tempi, altri tempi…
Intanto noi a Coredo trascorrevamo dei giorni felici in quell’oasi di pace, lontani dai rumori e dai pericoli della guerra, dai bombardamenti appunto intorno al ponte dei Vodi (chiamato già il “Ponte del Diavolo” dagli aviatori alleati) e lontani, purtroppo, anche da nostro padre che era prigioniero in Germania.
Tante le scorribande, da soli o con la mamma, in giro per Coredo, dalla vecchia chiesa sul colle, all’Asilo Infantile che frequentavamo come ospiti, alle distese dei boschi e dei prati che tutto intorno creavano il panorama idilliaco e coinvolgente. Una delle nostre tappe quasi giornaliere era a Castel Bragher, a due passi dalla vecchia strada per Coredo. In quel maniero, che aveva letteralmente scatenato la fantasia di noi bambini-ospiti, la famosa zia Livia era di casa, eccome!
I suoi genitori abitavano nella casa-fattoria a lato della maestosa costruzione, curavano i campi, l’orto-giardino, il fieno, la raccolta della frutta e anche la cura della stalla annessa alle antiche scuderie del castello. La zia Livia era per noi un vero e proprio libro aperto e, nei momenti liberi, rappresentava il momento culminante della nostra spasmodica attesa, quello immancabile dell’ascolto obbligato e atteso di una storia o di una leggenda, che solamente lei con il suo modo di fare, sapeva narrare ed illustrare con rara maestria e dovizia di particolari.
La storia più importante e la più lunga la zia la raccontava in due tempi ben separati. Era quella della leggenda di “Cristoforo e il suo matrimonio improvvisato”, una delle più “impegnate” sicuramente, nel già ricco repertorio che la zia Livia aveva in serbo quotidianamente per noi fanciulli desiderosi sempre più di nuove avventure ed emozioni.
Quindi per noi bambini, lungo la strada vecchia per Coredo, era un continuo rivisitare, commentare, tradurre i diversi passi più importanti delle varie leggende ascoltate. «Quel particolare lo dobbiamo chiedere nuovamente alla zia Livia; bisognerà ricordarsi di altre cose nel nostro prossimo appuntamento al castello…»!
E tra una passeggiata e l’altra arrivavano alla mamma le notizie di casa da Lavis, l’appuntamento era sempre alla cabina telefonica alla Famiglia Cooperativa in piazza. I nonni ci passavano le ultime novità della giornata e anche quelle relative al cantiere del rifugio sul Pristòl dove i lavori procedevano alacremente e speditamente.
La nostra vita da“sfollati” invece proseguiva giorno dopo giorno, tante ancora le novità al Castello insieme alla zia Livia. Quest’ultima, stava divenendo sempre più anche la narratrice storica del nostro gruppo. Alle storie e leggende, aggiungeva anche qualche tratto di storia vera del “suo” Castello. Venimmo così a sapere che il primo nucleo di Castel Braghèr venne costruito nel 1270, proprio da “Ser Bragherico di Còredo”, il quale ottenne il permesso dal principe Vescovo di erigere la torre proprio sulla roccia prospicente al burrone del rio delle “Sette Fontanelle” dove vi andò poi ad abitare.
Ma la notizia storica che ci ricondusse per un attimo nella nostra Lavis era stata quella che, fuori dalle cinta murarie di Castel Braghèr, poco discosta dall’ingresso al castello, c’era anche la chiesa della Madonna di Loreto (come la nostra di Lavis vicino all’Avisio), edificata fra il 1723 ed il 1726. Come la nostra chiesetta lavisana, riproduce esattamente la Santa Casa della Vergine conservata nel Santuario di Loreto e costruita, anche questa, per adempiere ad un voto fatto dai conti Thun di allora…
Il Rifugio era pressoché ultimato e così incominciarono anche le nostre scorribande, tra un bombardamento e l’altro, dalla casa della nonna Emma, che era poco distante, al nuovo rifugio nella roccia. Tutto proseguiva tumultuosamente ed eravamo proprio calati nel vero tempo di guerra in quei giorni terribili e paurosi. Ogni tanto il nostro ricordo andava logicamente alla “zia del Castel” e alle belle giornate di pace e tranquillità passate in quei mesi da lavisani “sfollati”… a Coredo.
E intanto anche quel penultimo anno di guerra stava per finire, malgrado le avversità, i fuggi-fuggi e il pericolo sempre incombente sul paese per i numerosi allarmi, ci si apprestava all’arrivo del Natale al Rifugio sul Pristòl! Ma questa, per intanto, è un’altra storia…
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