LAVIS. Chi a Lavis entra oggi nel cimitero comunale detto della “Madonnina” vicino allo stradone di via Nazionale, non si accorge nemmeno di una tomba dimenticata, parzialmente cancellata e sguarnita dal tempo, praticamente nascosta dietro l’angolo della parte sinistra, quella verso l’adiacente via Alfieri.
Si tratta della tomba di famiglia di Giacomo Marconi e dei suoi avi, alla base della lapide c’è ancora ben visibile la foto di un sacerdote, nativo di Lavis, don Giovanni Marconi, scomparso tragicamente il 20 dicembre del 1934 in seguito ad un avvelenamento accidentale: ed è questa la storia che stiamo per raccontarvi.
Era lui il celebrante ufficiale della Messa festiva delle ore 11, la “Messa cantada”, che allora era anche chiamata la “Messa dei siori…”. Predicatore impegnato appunto, la sua possente voce dal pulpito (allora non c’erano sicuramente i microfoni), coinvolgeva sempre tutti i fedeli che lo ascoltavano in ogni occasione con tanto interesse, apprezzandone le sue doti e le sue scandite parole, sincere, profonde e umane di sempre.
Aveva accompagnato l’arciprete don Brigà per la cerimonia di inaugurazione del nuovo ponte sull’Avisio, dedicato a San Giovanni Bosco, il 28 ottobre 1934. Quello stesso giorno erano poi stati benedetti anche il ponte da Nave San Felice a Nave San Rocco e quello di San Michele all’Adige.
Erano poi arrivate le Sante Missioni al Popolo per l’acquisto del Giubileo straordinario, organizzate dalla parrocchia lavisana, dall’8 e fino al 16 dicembre con grande partecipazione di fedeli e di predicatori specializzati giunti anche da fuori Trentino. Anche in quella occasione il nostro don Giovanni aveva dato una mano nelle varie celebrazioni, coordinando e lavorando intensamente insieme agli altri sacerdoti locali.
Erano ben sette i punti cruciali che riguardavano le promesse e cioè:
Queste promesse erano scandite chiaramente e dettagliatamente da don Giovanni, col suo modo di fare imperioso e coinvolgente allo stesso tempo, che piaceva a tutti i fedeli che stipavano la chiesa di Sant’Udalrico.
Alla conclusione del secondo funerale, era quasi notte, si recò prima di andare a cena, a bersi un aperitivo all’Albergo Mosaner in piazza del Tram (oggi casa e negozio mobili degli Endrizzi). L’inserviente al banco, per un tragico scambio di bottiglie mentre stava facendo le pulizie del locale, invece del vino vecchio chiesto da don Giovanni, versò nel bicchiere dell’olio fumante (acido solforico per intenderci, il detergente per i bagni), che il povero sacerdote inghiottì in un attimo.
Stramazzò a terra tra i più atroci dolori, venne subito condotto dal medico e dopo i primi controlli e accertamenti, venne subito trasportato con un’automobile all’Ospedale di Trento. Dopo ben quattro ore di tentativi e trasfusioni, don Giovanni moriva quasi tra le braccia di don Celestino Brigà che lo assistette fino alla fine, gettando poi tutta la borgata e la diocesi in un profondissimo cordoglio.
Il giorno seguente poi – come scrive don Brigà nelle cronache parrocchiali di allora – alle ore 9 ci furono i solenni funerali, con l’intervento di tutto il clero del decanato, di Monsignor Bortolini vicario generale della Diocesi di Trento in rappresentanza dell’Arcivescovo Endrici, delle autorità locali con in testa il podestà professor Francesco Mosca e naturalmente di tutto il popolo addolorato, incredulo e commosso.
Sta di fatto però, che sia il bar prima e l’intero albergo successivamente, passati alcuni mesi dalla tragedia, andarono lentamente verso la chiusura con la cessazione completa di ogni attività!
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