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Dalle lanterne ad olio nelle strade ai lampioni a led: storia dell’illuminazione pubblica a Lavis

LAVIS. C’era un tempo in cui l’illuminazione era tutta ad olio: non solo la luce pubblica, dove esisteva, ma anche quella delle case di tutti i comuni mortali, dove era possibile e risorse permettendo.

In piazza Grazioli, qui a Lavis, sull’angolo delle ex proprietà Piffer – Demicheli – Zani – Magotti, dove al piano terra c’era la parrucchiera Cesarina – tra la piazzetta San Gallo e la piazza grande dedicata al sacerdote dei bachi da seta – esiste ancora il supporto originale in ferro lavorato a mano, quello che portava le lanterne dell’impianto ad olio dell’illuminazione pubblica lavisana di allora.

È rimasto solo lui purtroppo, in tutta la borgata, ancora intatto e perfetto, nonostante gli anni e le intemperie che sono trascorsi. È ancora murato in mezzo all’angolo, malgrado i grossi lavori di restauro che hanno interessato l’intero edificio che lo ospita da tantissimi anni. A questo punto rappresenta anche lui un pezzo di storia locale, che vale la pena di essere ricordata a tutte le nuove generazioni e agli abitanti-cittadini dei nostri giorni.

Le prime lanterne

1.Il precursore e antesignano dell’attuale impianto di illuminazione pubblica comunale, nel 1836, fu il primo impianto ad olio, lanciato e promosso ufficialmente dall’allora “capocomune” Carlo Viero (nominato con Decreto particolare del Giudizio) e inaugurato giusto in tempo prima della scadenza del suo mandato pubblico.

Per l’occasione vennero acquistate – come si legge nell‘archivio comunale dedicato al capitolo della pubblica illuminazione – 4 lanterne funzionanti ad olio illuminante, per un costo totale di 36 fiorini. La spesa media annuale si aggirava allora sui 70 fiorini complessivi tutti per l’olio, altri 10 fiorini venivano sborsati anche all’addetto per l’accensione serale e naturalmente per il conseguente spegnimento alle prime luci dell’alba.

Le prime lanterne vennero installate e collocate, ben fisse e salde come si legge dalla descrizione tecnica, sulla casa Zenobio-Brizzi (nell’attuale via Matteotti), su quella Nardon-Schulthaus in piazza Grazioli, una sull’angolo della chiesa di Sant’Udalrico, un’altra verso la casa Bertolasi nei paraggi di piazza Loreto.

La quinta lanterna venne poi posizionata completamente a spese del signor Lanzingher, gestore dell’osteria “alla Corona” e oggi Albergo Corona in piazza Manci. Luogo importante questo, di sosta e di transito per le carrette, carri e carrozze che andavano verso la Val di Cembra attraverso lo storico “Travai”, quarta salita del Pristòl a fianco di casa Negriolli-Nardelli.

Un antico supporto-ancoraggio dell’illuminazione pubblica al Corona

Accese di notte

2.Altra lanterna ad olio venne poi installata vicino al ponte per Santo Lazzaro e precisamente sulla casa del Dazio proprio per la sicurezza dei forestieri e dei passanti sulla strada postale molto frequentata, ma anche per i paesani in transito sul ponte».

Il Comune aveva poi preparato uno speciale capitolato d’appalto per l’intero servizio che poi, nel 1861, viene accordato per un compenso annuo di 231 fiorini (tutto compreso), e tutto naturalmente regolato da uno speciale e particolare orario di illuminazione.

Tutte le lanterne – si legge nel documento del servizio comunale illuminazione – dovevano essere accese al suono dell’ora di notte, doveva essere l’ora che gravitava nel dopocena, pressapoco intorno all’imbrunire e naturalmente secondo la stagione, rimanendo poi accese “fino alle ore 5 del mattino, questo da novembre a febbraio, in giugno e luglio invece fino alle 3, in tutti gli altri mesi fino alle 4…»!

Lanterne a petrolio

3.E arrivò poi anche il 1870, con l’illuminazione che diventò a petrolio. Subito il capocomune si premurò di far fare le offerte per il nuovo servizio, con la fornitura del petrolio, comprensiva di mano d’opera per accensione, spegnimento e assistenze varie alle lanterne sull’intero territorio. La migliore e più conveniente offerta venne subito accettata, il petrolio veniva fornito per 21 soldi la libra, la mano d’opera assegnata era la più congrua risultata dalle varie offerte pervenute in Municipio.

Dal 1879 poi, vennero attivate ed installate nuove lanterne che nel frattempo – si legge tra le note tecniche – erano state rese più moderne, comode da accendere e funzionanti quasi subito, sin dopo l’innesco…! Una lanterna venne accesa anche sull’angolo della chiesetta della Madonna Nera di Loreto vicino al ponte per Santo Lazzaro, un’altra sul Pristòl all’incrocio della strada per la Valle di Cembra, altra lanterna venne posata all’inizio della Filanda Tambosi (ora via Degasperi) e l’altra in via Molini (attuale via Mulini) vicino all’attraversamento dello stradone nazionale in prossimità del Maso “dei Gati” (Nardelli).

L’arrivo dell’elettricità

4.Si arrivò al 1890 e il rappresentante comunale Attilio Peratoner propose, nella seduta pubblica municipale, l’introduzione della famosa “illuminazione elettrica”. Dall’inizio del XX° secolo nacque così la prima Centrale Elettrica Comunale, all’entrata delle rogge in piazza Loreto e nelle vicinanze della Casa comunale detta del Bersaglio!

La rappresentanza comunale, a partire dal 1903, decise così di sostituire ex novo l’illuminazione pubblica a petrolio, ormai insufficiente, con quella elettrica. Il tutto venne festosamente inaugurato il 29 maggio del 1904 nel Teatro Comunale (ora casa Troier), alla presenza della Banda Sociale e di tutte le autorità locali e trentine.

Le lampadine comunali

5.Passarono gli anni e le esigenze si tramutarono e aumentarono freneticamente sia per la borgata lavisana sia per i suoi abitanti. La centralina di piazza Loreto era diventata insufficiente a far fronte ai consumi e si dovette chiedere aiuto anche alla centrale del Municipio di Trento.

Dall’ultimo dopoguerra l’Azienda Elettrica Comunale con la sua Centrale (vi lavoravano in tutto quattro operai tecnici-elettricisti), vennero smantellate completamente e nel 1948 arrivò a Lavis la STE (Società Trentina di Elettricità), con la sua sede generale a Bolzano.

Andrea Fava era il nuovo elettricista-addetto al servizio elettrico e alle utenze, sia pubbliche sia private.  Si individuarono così anche una decina circa di punti luce che servivano la pubblica illuminazione di tutto il territorio comunale. Il Comune aveva ancora le sue lampadine personalizzate, sul bulbo esterno (erano tutte da 25 candele-watt), c’era la scritta “Illuminazione Comunale” con il logo del Comune stampigliato in bella mostra… forse perché non venissero utilizzate per altri scopi!

Ben sei lampade erano dislocate nei punti strategici del paese, le altre quattro erano nelle frazioni, due a Pressano e le altre a Nave San Felice e ai Sorni.

Il tempo che cambia

6.Tanta acqua e anche tanta energia elettrica è poi passata all’interno del territorio lavisano, dall’ultimo censimento effettuato alcuni anni fa sono state riscontrate circa 2.500 lampade comunali sparse sul territorio, frazioni comprese.

Dall’olio e petrolio dei primi albori energetici, si è passati poi alle lampade ad incandescenza, ai vapori di sodio e mercurio, alle lampade alogene, a scarica, agli joduri metallici, fino all’ultima novità delle lampade a Led, con un consumo più equilibrato, sicuro, brillante ed energeticamente equilibrato.

Da qualche anno poi, il Comune non cura più in proprio il servizio di illuminazione pubblica, in quanto ha passato armi, bagagli, lavori e manutenzioni, tutto quanto all’Air di Mezzolombardo. In borgata sono rimasti solo i ricordi del passato, i primi pali in cemento della Scac messi in opera dalla ditta Giovannini nel 1961 dopo lo smantellamento della piazza del Tram e la nascita della nuova via Carlo Sette.

È rimasto soprattutto, ancora in piazza Grazioli su quell’angolo di casa, il vecchio supporto dimenticato di una delle prime lanterne per l’illuminazione ad olio… quanti anni sono passati e quanti ricordi della Lavis di quei tempi, illuminati ad olio e a petrolio… anche nelle case!

Giovanni Rossi

Giornalista, scrive per "Vita Trentina". Per decenni è stato il corrispondente da Lavis per "L'Adige". Memoria storica e appassionato di cinema, ha lavorato come tuttofare per il Comune di Lavis fino alla pensione. Scrive per "Il Mulo" dopo essere stato una delle colonne del giornale digitale "La Rotaliana".

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