“Il miracolo di San Gallo” – La storia di come un monaco irlandese riuscì a placare la furia di un orso

Avete mai osservato bene la fontana in piazza San Gallo a Lavis? In cima si intravede un monaco con una pagnotta e un orso che stringe tra gli artigli un grosso ramo.

Come mai? Non conoscete la leggenda? E sapevate che chi beve o si bagna ad una fontana dedicata a San Gallo riceve nuova forza e nuovo coraggio?

Se volete scoprire il perché, eccovi la storia del monaco irlandese San Galech (San Gallo).


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Il miracolo di San Gallo


Marzo 639 d.C.

1.La Luna era meravigliosa quella sera. Il cielo era sgombro di nuvole e i suoi raggi chiari si riflettevano dolcemente sul lago di Costanza; forse non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di accendere il piccolo falò per illuminare quelle rive selvagge se non fosse stato per il freddo. Un refolo gelido di vento che si continuava ad infilare negli strappi della vecchia tunica del monaco irlandese e che indolenziva le sue ossa ormai stanche.

Gallech tossì, coprendosi le spalle con il mantello di lana cardata, e mise un altro pezzo di legna nel fuoco.
Le scintille si alzarono come stelle cadenti e si persero tra i ciottoli umidi del lago. Il giovane Hiltibod dormiva poco lontano; era un fraticello fiacco dagli occhi verdi e stanchi ma di una Carità cristiana che sempre più raramente si andava ad incontrare. E la sua gentilezza fu la prima cosa che Gallech aveva notato quando lo aveva incontrato durante il suo pellegrinaggio e che lo aveva spinto a chiedergli di seguirli nella loro missione, salvandolo dalla schiavitù di un tremendo principe merovingio.

Hiltibod veniva malmenato dagli stessi servi di quel padrone, servo tra i servi, e nonostante tutto con i monaci di passaggio era sempre stato gentile. Sul viso tumefatto, non era mai sparito un sorriso di Speranza. Peccato solamente per quella sua innata spossatezza che lo rendeva immune alle antifone dei Vespri e molto spesso dispensato dal canone delle Lodi.

Non sarebbe sicuramente mai diventato Priore: il Vangelo lo aveva tenuto più volte sotto la testa come cuscino che tra le mani ma, per Gallech, era sempre stato di compagnia da quando Colombano e gli altri suoi undici fratelli missionari avevano continuato la loro missione verso le vaste pianure italiane.



2.Il monaco tossì con doloreLa malattia gli stava divorando i polmoni e, anche se in Irlanda aveva giurato di seguire Colombano per tutto il pellegrinaggio, era una promessa che ora non sarebbe più stato in grado di mantenere. La scelta sofferta di Hiltibod di rimanere accanto a lui era un esempio vivido di come il Bene non rimane mai impagato.

Gallech era immerso in tutti questi pensieri. Il fuoco scoppiettava discreto nel cuore della notte. E, solamente all’ultimo momento, si accorse dell’enorme creatura uscita dalla profonda oscurità del bosco. Nonostante le gigantesche dimensioni, il mostro non aveva fatto nessun rumore.



3.Come una fiera selvaggia che aveva individuato la sua preda, il grande orso delle Alpi si avvicinò affamato ai due frati e si alzò in piedi oscurando la Luna.

La sua pelliccia sembrava rubata al colore della notte, ispida ed irsuta, solcata da dolorose cicatrici degne di un brutale guerriero di quelle montagne. Gli artigli lunghi quanto un palmo di mano erano rivolti al cielo quasi a volerlo graffiare e dalle fauci spalancate usciva già una densa bava di fame, di voracità e di rabbia. Le zanne chiare rilucevano in quella notte come le ossa delle dita di Sorella Morte.


4.Gallech e l’orso si fissarono per alcuni secondi. Gli occhi di un Santo fissarono nel profondo gli occhi di un Demone. Il Cristo insegna che bisogna sempre essere pronti, perché non sappiamo né il giorno né l’ora della nostra morte. E Gallech era pronto. Lo era sempre stato. E non ebbe paura.

Il vecchio monaco si alzò in piedi e si avvicinò all’enorme creatura. Mise la mano sul petto dell’orso ed ascoltò il battito del suo cuore spietato. L’orso rimase impietrito davanti alla Fede di quel fragile uomo.

È così che si compiono i miracoli: la Divinità si nasconde sempre in un semplice gesto della mano. Il cuore dell’orso si ammansì e il mostro selvaggio si accucciò docile accanto al fuoco. Gallech sorrise e pregò l’animale di non fare troppo rumore per non rischiare di svegliare il giovane Hiltibod.

Il monaco si allontanò di qualche passo e si fece aiutare a trascinare un grosso pezzo di legno per ravvivare il fuoco in quelle ore fredde della notte; l’orso non fece fatica e gettò il ramo sulle braci ardenti a rinvigorire le fiamme.



5.Ormai stanco, Gallech si accucciò accanto a quei piccoli occhi, neri come la pece, e appoggiò la testa accanto alla sua. Sentendosi al sicuro, chiuse gli occhi stanchi fino a quando la Luna lasciò il posto al giorno. Prese dalla bisaccia una bella pagnotta e la diede all’orso come oblazione e ringraziamento.

Bisogna saper ascoltare ogni cuore; anche quelli che sembrano i più malvagi. Dobbiamo imparare ad prestare attenzione a chi abbiamo attorno. Non lamentarci sempre del Male ma cercare di far emergere il Bene da ogni cosa. Anche questa è una missione!

L’orso prese delicatamente la pagnotta tra le sue fauci e rimase ad aspettare la benedizione del vecchio monaco poi, lentamente com’era arrivato, si addentrò nella foresta. Gallech sperava di poterlo rivedere un giorno. Ma quei due cuori e quei due occhi non si incontrarono più.

E, come ogni giorno, l’alba comparve luminosa all’orizzonte e una nuova luce tornò ad illuminare il lago incorniciato dalle taglienti cime di quelle montagne.

Leone C.

Di lui si sa che è lavisano: ma preferisce l'anonimato all'onore della propria firma. Poeta amatoriale, crede nel valore della riscoperta del dialetto trentino. Per questo ha chiesto di scrivere con uno pseudonimo, in attesa magari di svelarsi un giorno, prima o poi

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