In un PalaRotari stracolmo, Vivaldelli spiega la sincerità e gli inganni secondo Dante

L’uso del dono dell’intelligenza per procurare danno agli altri: ecco che cosa fanno gli ingannatori tradendo gli altri e se stessi. La condanna di Dante è senza appello.

MEZZOCORONA. Martedì 29 ottobre, al PalaRotari di Mezzocorona, Gregorio Vivaldelli ha tenuto una serata emozionante sulla Divina Commedia. Un incontro dal titolo “Dov’è il tuo cuore? Sincerità e inganni nell’Inferno di Dante”. Visto il successo delle precedenti serate, il sold out era previsto. E infatti la partecipazione è stata massiccia, con circa 1600 persone.

Vivaldelli ci ha condotto nell’ottavo girone dell’Inferno, quello che Dante chiama “Malebolge”, dove colloca i fraudolenti e gli ingannatori.

L’inganno come abuso dell’intelligenza

Per Dante l’inganno vive di “carne umana” e blinda il cuore dell’uomo. L’ingannatore è una persona che usa la testa: conosce bene l’altro, soprattutto i suoi punti deboli, e usa questa conoscenza per infliggere il male. Chi inganna, inganna soprattutto se stesso perché non riuscirà mai a diventare chi è stato chiamato ad essere. Mentre in ognuno di noi c’è una sete di autenticità: tutti vorremmo poter essere noi stessi con gli altri, fidandoci.

Per Dante le Malebolgie sono un inferno nell’inferno, generato dall’inganno. Dante ci invita a considerare la sincerità come uno stile di vita e ci ricorda che noi “siamo ciò che amiamo”.

Ruffiani e Seduttori

Nella prima bolgia sono collocati i ruffiani, coloro che ingannano la donna per soddisfare i bisogni sessuali di altri. E i seduttori, coloro che ingannano la donna per se stessi.

L’inganno della seduzione rallenta il progresso dell’umanità. In questa prima bolgia Dante colloca la violenza contro la dignità della donna: per lui è fondamentale che venga punita. A proposito, Vivaldelli ha ricordato che il 25 novembre si terrà la giornata contro la violenza delle donne che non si realizza solo nel femminicidio ma ha tante sfaccettature. E così la sincerità esige innanzitutto rispetto.

Adulatori

Nella seconda bolgia troviamo gli adulatori, coloro che usano in maniera ingannevole le parole per ottenere dei vantaggi o per compiacere gli altri. L’adulazione, la lusinga e il servilismo danneggiano l’amicizia e non ci permettono di riconoscere la bellezza dell’altro impedendoci di essere uomini sinceri.

Verità, opportunità e gentilezza sono i requisiti per una parola buona.

Maghi e indovini

Vivaldelli ha poi scelto di passare alla quarta bolgia, dove vengono collocati i maghi e gli indovini, coloro che vivono dei dubbi e delle fragilità di chi sta attraversando momenti di debolezza.

Sono uomini che non riescono a vivere in pienezza il loro momento presente. Le statistiche dicono che in Italia ben 13 milioni di persone si rivolgono almeno una volta all’anno a queste figure.


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L’attualità di un testo scritto nel ‘300

Vivaldelli è riuscito ad affrontare temi che sono ancora molto attuali. È riuscito a “dosare” bene i momenti impegnativi con i momenti “leggeri”, facendo sì che la serata non risultasse per nulla pesante, ma sempre piacevole e interessante.

Con una sferzata di energia e di speranza, in un momento di profonda riflessione, in questa società che non ci lascia mai il tempo di fermarci a pensare.

Vivaldelli ha terminato con una frase dello scrittore Alessandro D’Avenia:

“Spesso ci illudiamo di aver bisogno di una rivoluzione per ricominciare, ma il futuro sta dietro e dentro di noi: le piante crescono potando i rami non tagliando le radici, anzi nutrendole”.

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