La storia della fabbrica dei sogni all’oratorio: quando anche a Lavis c’era il “nuovo cinema paradiso”

LAVIS. Il film di Giuseppe Tornatore “Nuovo Cinema Paradiso”, uscito nel 1988, era stato quello più premiato dell’anno. Un vero e proprio atto d’amore verso il cinema d’altri tempi, un’opera ispirata, umana e commovente allo stesso tempo, come avevano scritto ai tempi i supercritici di settore.

Ebbene, la storia di Tornatore si può calare perfettamente anche nel contesto lavisano. Lo si può fare considerando la sala cinematografica dell’Oratorio Parrocchiale di via Degasperi (già via del Carmine), inaugurata con il cinema in occasione dell’8 settembre del 1946.


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Documenti in fumo

La storia sarebbe lunga da narrare. Si era persino prospettato a suo tempo di farne un libro, ma purtroppo, quando si demoliscono e si smantellano fabbricati antichi di storia locale, con loro scompaiono anche i preziosi documenti cartacei conservati con cura da qualcuno. Nei due cantieri edili della canonica e dell’Oratorio, purtroppo tanta documentazione scritta è andata letteralmente in fumo. Un’enorme falò aveva bruciato per un intera giornata nell’orto della canonica, guardato a vista dai poggioli sovrastanti, sia dal parroco che dal decano di allora… C’erano tanti, tantissimi, documenti, specialmente sulla realtà oratoriana dal dopoguerra. C’erano i carteggi del teatro storico locale e anche quelli relativi al nascente cinema parrocchiale.

Qualcosa si molto simile era poi accaduto anche successivamente all’Oratorio, quando si era aperto, nel 1986, uno dei tantissimi lunghi cantieri. Era quello che doveva demolire completamente l’antica sala storica del Cinema-Teatro, con tutto il resto, compresa anche la cabina di proiezione. In quest’ultima erano custoditi, tra l’altro, tutti i famosi “borderò” della Siae, dal 1946 e fino al 1984. C’erano tutti i registri di programmazione con tutti i film proiettati annualmente e poi anche tutta la documentazione con le case di noleggio di Padova. Una vera chicca storica che sempre qualcuno aveva minuziosamente catalogato e conservato.

Purtroppo però, come Attila inferociti, i dirigenti dell’Oratorio, i volontari al seguito, i lavoratori e anche gli impresari, con naturalmente anche qualche oratoriano di allora, avevano asportato tutto quanto. E avevano poi eliminato velocemente in discarica tutto l’intero materiale.

La scusa buona è stata quella della fretta per i lavori che dovevano iniziare senza indugio e senza scuse di sorta. Dal suo “pulpito” poi, qualcuno in alto loco aveva anche sentenziato, senza sapere che cosa diceva, che erano tutti carteggi e registri ormai inutili e che per i fini fiscali e di documentazione futura, avevano ormai fatto il loro tempo e quindi non servivano proprio più a niente…

Il “nuovo cinema paradiso”

Prepararsi all’inaugurazione

Malgrado però la scomparsa dell’intero carteggio, anche fotografico, sia della sala che della cabina di proiezione, i ricordi sono rimasti nel cuore e nella mente di tutti coloro che avevano lavorato nel cinema dell’Oratorio sin dai suoi inizi nel 1946: alcuni sono ancora in vita. Il locale era poi stato chiamato successivamente “Cinema-Teatro Sant’Udalrico”. La sua attività era iniziata con ben due licenze di esercizio cinematografico, quella “parrocchiale” avviata appunto nel 1946, insieme a quella “privata” proveniente dall’ex “Cinema Italia” della famiglia Proner di piazza Manci.

Mi avevano raccontato i vari pionieri che erano state tante e poi tante le prove logistiche prima dell’8 settembre del 1946. Erano stati fatti i lavori di muratura (da padre e figlio Magotti muratori ed ex custodi dell’Oratorio) per realizzare la cabina di proiezione. Era un cabiotto all’esterno della pensilina che copriva il sottostante atrio e di fianco all’ingresso della loggia. Erano serviti poi lavori di accorciamento in lunghezza della loggia, tagliata a metà perché il pubblico in fondo alla sala vedesse lo schermo per intero posizionato sul palco.

Iniziano le proiezioni

Le proiezioni sono quindi inaugurate ufficialmente con ben due giornate con ingresso tutto “a gratis”. Il pubblico accorre numeroso per vedere una serie di comiche di Ridolini1, montate in sequenza e sonorizzate con il commento in italiano.

Il cinema vola e va alla grande e si alterna al teatro con la Compagnia oratoriana “La Vetta”.  Sullo schermo si prosegue con i grandi titoloni di allora: “Prigione d’Amore”, “La chiave misteriosa”, “I diavoli volanti”, “I promessi sposi”, “La mia via” e tanti altri che riempiono sempre la sala e la loggia.

Il cinema estivo

Poi per l’estate del 1948 altra bella idea messa in atto dai bravi collaboratori oratoriani di allora. Si decide di costruire lo schermo in muratura (che c’è ancora anche se un po’ più grande di prima) sul muro di confine del piazzale esterno, quello verso il campo sportivo comunale e dove poi è stato costruito il nuovo Asilo Infantile. Nasce così anche il primo cinema estivo all’aperto.

In cabina viene modificato dall’Edi Scola il piedistallo del proiettore per poterlo così girare dalla sala verso il piazzale e il nuovo schermo. Si inizia già in luglio di quell’anno con i successi di allora : “Guerra alla Guerra”, seguito da “Sparvieri del Colorado”, poi “Cuore di bandito”, “il Mago di Oz” e tanti altri indimenticabili.

La sala stracolma

Assalto ai posti

Il pubblico partecipava numeroso e convinto. Oltre che le panche in ferro e in legno, insieme alle sedie improvvisate, si saliva anche a sedersi sulla scala esterna, quella che portava al piano superiore e all’abitazione del custode. Ma si saliva anche sul poggiolo e sopra alla biglietteria, nello spazio vicino all’ingresso della loggia e alla cabina di proiezione.

Si erano contati in diverse occasioni anche più di 500 spettatori per serata. Senza dimenticare i soliti portoghesi di allora che entravano dai muri laterali e anche dalle case confinanti pur di non pagare il biglietto.

I problemi veri sorgevano quando arrivava il solito furioso temporale estivo. Il pubblico entrava precipitosamente in sala e i più fortunati erano quelli che riuscivano a sedersi. Si occupavano così solamente 300/350 posti disponibili all’interno, tra sala e loggia. Tutti gli altri rimanevano giocoforza all’esterno ad assistere al film, accalcandosi sotto il poggiolo. Con le porte aperte della sala, riuscivano almeno a seguire il sonoro della storia.

Proiezionisti e bigliettai

In cabina di proiezione si alternavano allora Elio Rizzoli (classe 1927) che era praticamente il capoccia, nonché uno dei primi fondatori della sala cinema. Era una sorta di emulo del proiezionista Alfredo narrato nel film di Tornatore.

Insieme a lui anche Guglielmo Magotti, Gustavo Toller, Giuseppe Chistè, Renzo Vitti e anche il giovane Vittore Calliari. Altri inservienti del cinema – naturalmente tutti volontari – erano Luigi Dietre alla biglietteria, Riccardo Calliari, Emilio Vitti, il veterano Luigi Pisetta, poi Lino Claus, Roberto Tomasi e Silvio Marinelli.

Elio Rizzoli, il proiezionista

Nuovi proiettori

Poi con gli anni si susseguirono i lavori e gli aggiornamenti in sala. Nei primi anni ’50 si cambiano le poltrone e poi anche il proiettore in cabina. Si lascia il vecchio proiettore “Victoria IV” della Cinemeccanica (comperato a Trento di… quarta mano), al suo posto arriva il nuovissimo modello XX della “Microtecnica”.

Con il cinema si va avanti così, malgrado l’arrivo della televisione prima nei bar e poi anche nelle case. Si susseguirono altri lavori al fabbricato dell’Oratorio e alla sala del cine, altri soldi vennero investiti per migliorare sempre di più la ricettività e rendere più ospitale la sala.


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Una sala-salotto

Un grosso intervento anche esterno e poi all’intera struttura, si ebbe dopo l’arrivo del nuovo parroco don Luigi Zadra nel 1961. Poi altre migliorie tecnico-logistiche, sia alla sala che con le nuove poltroncine, si ebbero anche con don Olivo Rocchetti nel 1978. La sala si presentava veramente come un salotto.

Si proseguì ancora fino alla crisi degli anni ’80 e si chiuse definitivamente il cinema con l’ultimo film programmato a Pasqua del 1983 “Il Viaggio di Simbad”…

La condanna a morte

Da allora la gloriosa sala, con i suoi oltre 90 anni di attività, attese rassegnata la sua programmata condanna a morte. Malgrado le promesse anche contraddittorie del nuovo parroco, l’irreparabile è avvenuto nel corso dei grossi lavori progettati per l’intero stabile.

A farne le spese è stata così la vecchia e storica sala del cine-teatro parrocchiale di via Degasperi, distrutta completamente e poi tagliata addirittura a metà da un solaio intermedio, al fine di ricavarne un nuovo piano da destinare a sale e salette varie.

Si preferì poi realizzare la nuova sala-bunker interrata nel piazzale esterno, seguendo i consigli di pseudo esperti e anche di gente dai facili entusiasmi, sia in fatto di edilizia che di progettualità tecnica.


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L’interno della sala

Una fabbrica di sogni

Aveva chiuso così indelicatamente e repentinamente un’altra fabbrica di sogni, fantasia e cultura lavisana. Una fetta di storia locale indimenticabile di quando, il vecchio Ricreatorio, era veramente frequentato ed apprezzato da tutti, indistintamente.

Il tutto poi sacrificato alla mera espansione edilizia imperante, alla creazione fantasiosa di nuovi spazi “moderni” che, con i tempi che corrono, sarà sempre più difficile riempire ed occupare veramente come nel passato storico.

I lavisani al cine

Finiamola qui con un detto che imperversava qui a Lavis dall’ultimo dopoguerra in poi, sempre in tema di cinema. Si diceva infatti in quell’epoca:

“i lavisani i va al cine, entant però i paluderi (quelli da Palù di Giovo per intenderci), i se compra tute le coline…”!

Mai previsione dialettale e paesana fu così profetica e veritiera in quanto al futuro dell’espansione edilizia lavisana… grazie proprio ai paluderi e non certo al cinema!

Note

  1. Larry Semon (West Point, 16 luglio 1889 – Victorville, 8 ottobre 1928) – in Italia conosciuto come Ridolini – è stato un attore, produttore cinematografico e regista statunitense nell’epoca del film muto
Giovanni Rossi

Giornalista, scrive per "Vita Trentina". Per decenni è stato il corrispondente da Lavis per "L'Adige". Memoria storica e appassionato di cinema, ha lavorato come tuttofare per il Comune di Lavis fino alla pensione. Scrive per "Il Mulo" dopo essere stato una delle colonne del giornale digitale "La Rotaliana".

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