Vedendo la rovina e lo sconquasso che la tempesta Vaia ha portato con sé a fine ottobre 2018, nei boschi del Trentino (e non solo), ho ripensato all’incanto di quel mondo naturale pieno di armonia, di profumi, di suoni, che veniva di colpo sovvertito e distrutto. Ho immaginato l’atterrito stupore, l’assalto della paura, la fine della confidente sicurezza degli animali del bosco.
Sono Luisa Rossi, nata a Lavis, e ad un anno dal passaggio della tempesta, offro queste mie riflessioni ai lettori de ilMulo.it
o roccia inospitale, duro ghiaccio
tormento incomprensibile
paura fatta carne …
Le mie zampe tastano un terreno
ostile
sono ferite, incerte,
lontane le lunghe corse felici
tra i larici e gli abeti,
perduta l’armonia di suoni
e di colori …
Il sottobosco adesso é spaventoso:
punte, rami spezzati, terra
e fango
un mondo dissestato e dolorante …
I miei occhi faticano a vedere:
intorno l’orizzonte si é spezzato,
le linee verticali assai confuse
buttate giù, in bilico, precarie;
nuvole spesse, rami di traverso,
dappertutto un disastro, una morìa.
Il mio olfatto é impazzito, si perde
tra odori forti, densi, inusitati,
le narici come infiammate sotto
infinite nuove sollecitazioni, sentori
penetranti e strani, di resine
e cortecce spappolate, umori che dai tronchi
e dai rami travolti esalano il puzzo
della morte e della desolazione.
Odoro il tanfo della terra sconvolta
e violentata
sotto la pioggia battente e il folle vento
con aghi e foglie in vortice continuo
e disperato.
E le mie orecchie fremono, vorrei
non sentire i sibili, gli schianti,
i colpi secchi, i lamenti come d’agonia,
lo stridìo, il sordo battito del cuore
del mio amato bosco che muore.
Non trovo da mangiare, la foresta
non mi offre i suoi cespugli, il muschio
morbido e dolce, le ramaglie, i licheni;
respiro un terrore così acuto
che tutto perde forma, si scolora
e resta solo il buio della morte.
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