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La lunga storia di San Nicolò a Mezzolombardo (2 di 2) – I doni e la devozione

MEZZOLOMBARDO. Dopo la prima puntata pubblicata ieri, continuiamo a scrivere la lunga storia di San Nicola e il suo legame con Mezzolombardo. Partendo dal concetto del dono.

San Nicola non era di Bari ma era nato nelle terre soggette all’impero Bizantino e precisamente a Patara di Licia pare nel marzo 270, mentre morì a Myra, città che attualmente è in Turchia, il 6 dicembre 343; era stato vescovo di Myra ed è venerato come santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e da diverse altre confessioni cristiane.

La sua figura ha dato origine alla tradizione di Babbo Natale, personaggio noto anche al di fuori del mondo cristiano, attraverso la storpiatura del suo nome da Sanctus Nikolaus – dal greco Nikolaos composto da nikan vincere e laos popolo-, che negli Stati Uniti è diventato Santa Claus arrivando poi in Europa come consumistico Babbo Natale che ha soppiantato il meno appariscente e datato Gesù Bambino.


LEGGI LA PRIMA PUNTATA – I ricordi del passato


Le reliquie “in salvo”

Le sue reliquie sono conservate, secondo la tradizione, a Bari e Venezia. Le reliquie di San Nicola si trovavano originariamente a Myra e furono trasportate a Bari e, anche se molti non sanno, anche a Venezia nell’undicesimo secolo, a seguito di due distinte traslazioni.

La città bizantina era infatti caduta in mano musulmana e da questo scaturì la volontà di portarle “in salvo” a Bari, dove giunsero il 9 maggio 1087, da parte di due sacerdoti dal tipico nome longobardo di Lupo e Grimoldo. San Nicola è così diventato già nel Medioevo uno dei santi più popolari del cristianesimo e protagonista di molte leggende riguardanti miracoli a favore di poveri e defraudati.

Un santo benefattore

Una fra le più note, narra che Nicola, venuto a conoscenza di un ricco uomo decaduto che voleva avviare le sue tre figlie alla prostituzione perché non poteva farle maritare decorosamente, abbia preso una buona quantità di denaro, l’abbia avvolta in un panno e, di notte, l’abbia gettato nella casa dell’uomo in tre notti consecutive, in modo che le tre figlie avessero la dote per il matrimonio.

Un’altra leggenda narra che Nicola, già vescovo, resuscitò tre bambini che un macellaio malvagio aveva ucciso e messo sotto sale per venderne la carne. Per questi episodi san Nicola è ritenuto un santo benefattore e protettore, specialmente dei bambini.

La diffusione di San Nicola

La tradizione di San Nicola che porta regali ai bambini in Italia è festeggiata in particolare nella Puglia ma anche a Trieste e Bolzano, in Friuli e in Alto Adige, nel Bellunese e nella Sinistra Piave, sotto il nome di San Nicolò.

In alcune di queste località, specie quelle vicino alle Alpi, è diffusa la tradizione tedesca del Krampus: un diavolo che esce dai boschi ai primi di dicembre, mentre nel Trentino di cultura e tradizione latina questa figura non gode di visibilità, come abbiamo visto nella festa che si tiene a Mezzolombardo.

L’iconografia del Santo

A Bolzano, dove la chiesa medievale espressamente dedicatagli che sorgeva a sud del duomo è purtroppo stata distrutta dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, si conserva però nella cappella di San Giovanni nella chiesa dei Domenicani, un ciclo di affreschi di scuola giottesca dipinto nel 1329 che raffigura, tra gli altri, sei episodi della sua vita.

Tra i miracoli raffigurati vi è anche quello del Santo che regala tre palle d’oro a tre ragazze povere e senza dote, salvandole così dalla prostituzione ed è proprio da questo miracolo potrebbe essere nata la tradizione secondo la quale san Nicolò porta i doni ai bambini proprio nei giorni della sua festa (6 dicembre).

Nella iconografia il santo è raffigurato con il bastone pastorale (simbolo del vescovato) e tre sacchetti di monete (o anche tre palle d’oro) queste in relazione alla leggenda della dote concessa alle tre fanciulle.

I Krampus e il demonio

Il santo oggi è patrono di marinai, pescatori, farmacisti, profumieri, bottai, bambini, ragazze da marito, scolari, avvocati, prostitute, nonché delle vittime di errori giudiziari. Nella chiesa di Cleran, vicino a Bressanone, si conserva un vasto ciclo di affreschi completamente dedicato alle storie del Santo, dipinto nella seconda metà del Quattrocento e in esso sono comprese due storie in cui San Nicolò affronta e sconfigge il demonio, di cui il pittore ci offre una fantasiosa raffigurazione, tipica del XV secolo.

In esso possiamo forse riconoscere il precursore della oscura figura del Krampus che affianca San Nicolò nella tradizione popolare nordica e rappresenta il male, il diavolo, in conflitto con il bene, con il santo. Secondo un’altra opinione, la dedicazione al santo di molte chiese nella Val d’Adige (a Egna, a Caldaro ma anche a Merano) è dovuta al fatto che era ritenuto protettore dalle inondazioni.

La devozione a Mezzolombardo

Mezzolombardo non può vantare una chiesa dedicata al vescovo Nicola come invece succede in Alto Adige, nel bellunese o in Friuli, ma la devozione per questo santo ha qui antiche radici che si esprimono in una antica ancona di altare e in un capitello.

Il primo manufatto si trova nella vetusta chiesa di San Pietro sull’omonimo colle ed è un dipinto ad olio anonimo di modesta fattura, ma di interessante plastica suggestione per l’antica iscrizione che porta alla base:

“HOC OPUS FECIT/FIERI JACOBUS CO./RAMETUS.AN(N)O/DOMINI 1.5.7.0. /MENSIS DECEMBR(IS) V.”

Testimonia che l’opera venne commissionata da Jacopo Corameto di Mezzolombardo proprio il 5 dicembre vigilia della ricorrenza di San Nicola da Bari, evidentemente perché vi era particolarmente legato e che testimonia l’antichità della devozione in paese. Il santo è raffigurato con la mitria in capo, indossa i paramenti vescovili, la dalmatica verde e il piviale rosso e con la mano destra regge un messale chiuso sul quale giacciono tre palle d’oro.

Il capitello Ana dedicato a San Nicolò

La devozione di Nicolò Bert

L’altro manufatto non esiste più, distrutto da lavori stradali negli anni ’70 e rifatto nelle vicinanze dell’originale, dalla sezione Ana di Mezzolombardo nel 2003. Quello antico era un tabernacolo non molto appariscente eretto al margine della via Trento in un campo a sud del paese, da un certo Nicolò Bert che nella ruvida lapide in pietra calcarea locale a ricordo dell’erezione fece incidere:

“NICCOLO’/BERT FECCE/FARE PER/DIVVOZIONE 1823”.

Su questo Nicolò la tradizione di paese ha tramandato una storia di profonda religiosità e devozione al santo di cui portava il nome, e in mancanza di famiglia, di allegra disposizione verso i ragazzi del paese ai quali nel pomeriggio del giorno di san Nicola dispensava della frutta, dopo averli chiamati a raccolta con il suono di un campanello.

Tradizioni diverse

Il tempo corre e le tradizioni si perdono o cambiano; oggi la sfilata non è più una spontanea festa di ragazzi ma una manifestazione – meritoriamente – organizzata dal Comune con la regia della Pro Loco e degli Alpini, che distribuiscono pubblicamente a tutti, adulti e bambini, doni, cibo e bevande, e mettono in campo concretamente San Nicolò con asino e slitta, lasciando poco alla immaginazione che nel passato cullava i sogni e l’immaginario dei nostri nonni e genitori.

Ma tant’è. Restare attaccati alle vecchie usanze costa fatica e coerenza. Ed è più comodo importare e copiare che frequentare consuetudini ritenute obsolete. (b.k.)

Associazione Castelli del Trentino

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