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L’albero in piazza Manci e le cartoline: com’era diverso il Natale negli anni Cinquanta a Lavis

LAVIS. Riaffiorano tra i ricordi di Natale anche le poesie recitate, rigorosamente in dialetto, dai nostri nonni. Quelli in pianura ma anche dalla nonna rimasta sola sul Pristòl. Le varie cantilene si imparavano pian piano a memoria e facevano pressapoco così:

«Nadal de sti ani, presepi de carta
piatei con le nosele, carobole, fighi.
En par de calzoti de lana desfadi
laoradi de not con le man de na mama…».

Nadal de sti ani

Dal 1950 ad oggi, ne sono passati di anni. Ma è evidente la differenza abissale tra il Natale di allora e quello di oggi! Il tempo che è passato, così in fretta, non ha sicuramente migliorato il Natale. Lo ha reso semplicemente una festa «nazionalpopolare», come direbbe qualche conduttore televisivo di prim’ordine. E spesso lo ha reso alla stregua di un grandissimo supermercato o ipermercato stagionale.

Ci sono tante ombre oggi sul Natale: tutte a causa del commercio. E sono poche le luci gioiose e poetiche di un tempo. Di quel passato che ormai è finito nel dimenticatoio della vita.

Costruire il presepe

I ragazzi degli anni Cinquanta ricordano sicuramente ancora le giornate coinvolgenti della Vigilia. Ora invece, anche in tempi di crisi, il Natale è comunque coinvolto, suo malgrado, in un programma organizzato e prefissato anche dai mass media, oltre che dai circuiti commerciali di turno e su larga scala.

Allora, iniziate le vacanze natalizie, si pensava subito alla realizzazione del presepe casalingo. Si iniziava con la ricerca del “pez” (abete rosso): se ne occupava il babbo, come sempre. Noi invece, insieme agli amici di scuola, avevamo il compito di reperire il muschio, altro prezioso e immancabile elemento del presepe. Lo si trovava sempre lungo le pendici del Paion, o nei boschi delle Fontanelle nelle vicinanze dei “Busi Canopi” e della casa dei Zancanella.

La sera poi, quando papà rientrava dal lavoro, si iniziava con il cantiere dei lavori preliminari. Serviva una tavola robusta, il vaso di terracotta per l’albero, il sottofondo del muschio sulla spianata e tutto il resto, statuine e capanna comprese. Sull’albero poi, oltre alla punta colorata che faceva bella mostra quasi sfiorando il soffitto, c’erano le altre bocce e boccette varie e multicolori. Poi le candeline di cera con le pinzette e solo nella capanna c’era una lucetta elettrica che alimentava la lanterna sopra la mangiatoia.

La sera della Vigilia

Tutti questi preparativi, oltre ad elettrizzare noi bambini, coinvolgevano anche l’intera famiglia. Tutti avevano un incarico ben preciso e un lavoro a seconda delle capacità e della passione. Arrivati poi alla sera della Vigilia di Natale, si andava tutti insieme alla messa di mezzanotte. La chiesa era stipata in ogni ordine di posti. In cantoria c’era il Coro Parrocchiale (tutto naturalmente in versione maschile): nel momento culminate intonava “l’Adeste Fideles” tra la commozione di tutti i presenti.

Noi chierichetti però non vedevamo l’ora che la lunga celebrazione si concludesse. Il nostro pensiero era rivolto ai doni che ci aspettavano a casa sotto l’albero. Usciti dalla chiesa, l’unica tappa era in piazza Manci. Lì era stato installato, verso il palazzo Sardagna (allora dei Bortolotti), il grandioso albero pieno di luci, lustrini, stelle filanti e bengala di ogni grandezza e colore.

Mangiare cavi elettrici

Ai piedi dell’albero, c’era la grande capanna con i personaggi viventi. Il bambinello – non proprio appena nato ma di qualche mese di età – era guardato timidamente a vista dai due genitori preoccupati. Attorno alla scena c’erano tutti gli animali.

È ricordato ancora anche l’inconveniente tecnico accaduto per colpa del bue e della mucca che avevano azzannato alcuni cavi elettrici disposti per terra e che alimentavano le numerose lampadine. Era saltata quindi l’elettricità, proprio quando stava iniziando ad uscire la gente dalla chiesa. Gli organizzatori e i realizzatori dell’albero (allora era l’Unione Sportiva con il suo presidentissimo e regista Mario Lona), intervennero prontamente. Tutto venne sistemato e riacceso alla perfezione, nessuno si era praticamente accorto di quello che era accaduto. Forse solo il bue e la mucca!

Regali, zelten e slittini

Tutti a casa quindi, per ammirare e scoprire i regali disposti in bella mostra sotto l’albero. C’era praticamente di tutto. Il grande piattone comunitario era pieno di frutta di ogni genere: comprese le “carobole” (carrube), con le “persècche” (fette di mela essicate), caramelle, cioccolatini e anche le famose topolino (caramelle) di allora.

Non mancavano i giocattoli per tutti, destinati sia ai maschi sia alle femmine. C’era tanto materiale scolastico: quaderni e colori vari sia a matita sia ad acquerello. In quelle giornate di festa si gustava anche il tradizionale “zelten” casereccio, fatto dalla nonna o dalla mamma esclusivamente nel forno del focolare a legna in cucina. L’unico diversivo, ma solo se c’era la neve, era quello di uscire in campagna. Sulle “cavezare“, tra le “pergole”, tutti si slittavano. E si giocava al tiro con le palle di neve e al bersaglio con i pupazzi costruiti nel piazzale.

Luci a led e cartoline sbiadite

Insomma, quanto sono diverse le feste natalizie di allora e quelle di oggigiorno. Qualcosa non quadra più. Anche perché non c’è più il Natale con la bella neve bianca e ovattata di una volta. Manca il profumo del vischio che si esponeva ai lati del presepio. Non c’è più la Messa di mezzanotte, a mezzanotte: viene anticipata di un’ora, chissà perché…

Non c’è più, da anni ormai, il grande abete natalizio della Sportiva in piazza Manci. Ce ne sono altri, d’accordo, e in altre piazze. Ma espongono solo una passerella di luci più o meno grosse e moderne a furia di led. A casa ora gli alberi sono di plastica, per comodità e per non sporcare per terra… Poi sono scomparse quasi del tutto le belle e variopinte cartoline. Una volta si usavano per scambiarsi gli auguri: se ne faceva anche la raccolta in casa, passate tutte le varie festività. Oggi gli auguri sono più freddi, fatti con il computer, attraverso internet e tutte le altre diavolerie al seguito e nei vari siti.

Nei giocattoli, l’elettronica ha soppiantato drasticamente tutti i vecchi metodi di gioco. È quasi finita l’epoca delle belle bambole, dei trenini di legno massiccio e colorato, compresa la vecchia e cara “Tombola” com’era una volta. Anche il nomignolo de “el Bambinel“ è stato ormai sostituito nel cuore di tutti, dal moderno, barbuto e pacioccone Babbo Natale. Con lo sponsor dalla Coca Cola americana.

Sti ani

Ma noi, noi non dimentichiamoci di quei bei tempi. Torniamo a leggere una poesia “de stì ani” che diceva proprio così:

«I nosi vecioti i se ricorda ancora quei tempi
na grant nostalgia ensema a ‘n destrani de paze.

Canzon de Nadal, campane a distesa
per quel Bambinel che tuti i aspetava…».

Natale con i tuoi, quindi, l’importante è che sia sempre Natale per tutti… e per tutti i giorni.

Buon Natale allora a tutti i lettori de ilMulo.

“Bon Nadal” anca da mi…

Giovanni Rossi

Giornalista, scrive per "Vita Trentina". Per decenni è stato il corrispondente da Lavis per "L'Adige". Memoria storica e appassionato di cinema, ha lavorato come tuttofare per il Comune di Lavis fino alla pensione. Scrive per "Il Mulo" dopo essere stato una delle colonne del giornale digitale "La Rotaliana".

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