LAVIS. Quest’anno ricorrono i cinquant’anni di vita della biblioteca comunale. Nel corso della sua storia, una tappa importante inizia il 12 ottobre 1992, quando la sua sede si sposta nell’edificio comunale di via Filzi. Lì il Comune aveva creato una struttura polifunzionale che comprendeva anche l’Auditorium e il suo ricco polo culturale che le gravita intorno.
1.Ma dietro a quell’edificio c’è tanta storia e naturalmente tantissimi ricordi che, a tutt’oggi, non sono ancora sopiti. Infatti, l’intera costruzione risale esattamente ai primissimi anni del 1700. Ma di quell’edificio si parlava già in un’antichissima mappa lavisana, che si trova in Municipio ed è datata 1600. Allora l’edificio era di piccole dimensioni ed era ai suoi albori.
Nella mappa, che rileva un’enorme estensione di campagna tutto intorno, viene evidenziato benissimo il posto con i primordi di quella costruzione. L’edificio era menzionato chiaramente con la scritta “casotto per gli attrezzi di campagna”. Sorgeva solitario in mezzo a tutta la plaga agricola, coltivata a campi e a viti con le pergole. Appartenevano ai nobili dell’attiguo palazzo dei “Casata-Monfort”. Quell’edificio, dopo essere stato casa Acli della parrocchia, è diventato di proprietà degli eredi Simoni.
2.Per tutti i nostalgici e gli appassionati di storia locale, la costruzione e realizzazione del macello comunale si perde ormai nel ricordo dei tempi. Storicamente però la prima attività si svolgeva nella zona adiacente a via Zanella, praticamente al piano terra delle case Vindimian, Tiefenthaler e Iori. Ovvero negli edifici di fronte all’attuale casa e bar Acli e fino alla casa Brugnara.
L’intera contrada era infatti chiamata allora proprio “via del Macello” e andava anche a congiungersi interamente all’attuale via Fabio Filzi. Il Comune entrò in possesso della nuova sede del macello solo intorno al 1900. Molte testimonianze storiche oggi le troviamo nella “Storia di Lavis” di Albino Casetti. Ma le abbiamo ricavate anche dagli storici libri comunali. Lì dove ci sono le informazioni sugli appalti stagionali dedicati alla famosa “beccaria” troviamo anche un’infinità di notizie proprio sul macello comunale.
3.L’aggiudicatario della macellazione era quasi sempre un macellaio locale di provata serietà, dedizione e passione per il lavoro. Oltre alla gestione annuale completa dell’intero macello con tutta l’organizzazione interna, doveva provvedere anche alla vendita delle carni al minuto, in un locale attiguo allo stesso stabile e anche nell’eventuale bottega tradizionale di famiglia.
Una postilla della relativa delibera di appalto all’aggiudicatore recava però l’avvertenza che dovevano essere rispettate le «esigenze della povera gente, delle famiglie bisognose e delle persone sole e malnutrite».
4.Al posto degli odierni “saldi di stagione”, allora era in voga al Macello Comunale la vendita settimanale della “Carne di bassa macellazione”. Se ne occupava sempre il macellaio al quale era stato assegnato l’appalto della “beccaria”.
Era carne a buon prezzo, buonissima e sana, assicuravano tutti quanti compreso il veterinario di turno. Non apparteneva però a bestie di razza e di alto… rango. Comunque andava sempre a ruba tra le famiglie numerose ed era buonissima specialmente per fare il brodo di casa.
5.Dopo la prima guerra mondiale, il fabbricato era ancora fiorente di attività. I nostri nonni e bisnonni ci hanno ricordato che ospitava anche un’osteria, al secondo piano, praticamente quello subito sopra l’attuale portone d’ingresso. C’era un rinomato servizio di trattoria per tutti i paesani ma anche per gli ospiti che venivano per affari a Lavis.
In quei tempi la gestione di tutto quanto era in mano a Sebastiano Troier. Sopra l’ingresso del grande portone è ricordata ancora la gigantesca insegna con la scritta a caratteri cubitali: “Trattoria e Vendita Carne – al Macello – di Sebastiano Troier”.
6.Nei piazzali circostanti poi, oltre a un orto per la raccolta di verdure e patate per la stessa Trattoria, c’erano anche alcuni giochi delle bocce e a fianco dello stesso macello (verso casa Varner ora emporio Lona). C’era una grande stalla dove tutti i macellai e commercianti locali custodivano il loro bestiame appena acquistato alle fiere o dai contadini locali.
Dal 1926 poi e fino ai primi anni ’90 era stato ospitato, sia al piano terra e anche in due locali del primo piano, il magazzino dei Vigili del Fuoco volontari e le loro attrezzature di allora.
7.Alla “Trattoria al Macello” tutto funzionava a gonfie vele e con la piena soddisfazione di tutti quanti: avventori, visitatori e clienti che arrivavano perlopiù da fuori paese. Lo si notava specialmente nei giorni di fiera mensile stagionale ma anche in quelle saltuarie che si svolgevano settimanalmente, inverno compreso.
Non mancavano le feste varie poi, insieme alle diverse ricorrenze patronali e non, durante le quali bisognava letteralmente fare la fila per potere gustare ed assaggiare tutti i prodotti tipici che uscivano dalla rinomata cucina dei Troier. I nonni ricordavano oltre ai celebri “brusti” (i sanguinacci), le specialità delle “trippe” in brodo e alla parmigiana (al sugo), lo “sguazzet” con le frattaglie miste, poi anche il “tonco de pontesel”, la famosa “testina “ in insalata, insieme al tradizionale “lesso & bollito” con le verdure di stagione.
8.Per gli appassionati non mancavano poi nemmeno gli insaccati. Salami e lucaniche erano appesi in bella mostra sul soffitto del locale, oltre che in mostra anche a “stagionare” e a invecchiare. Insomma, era una vera e propria filiera che andava direttamente dal produttore (nel macello sottostante) al distributore-gestore della Trattoria sovrastante.
Ai tempi non c’era certo il problema della “mucca pazza”. Normalmente e abitudinariamente, dopo la lavorazione delle bestie al macello, le “trippe” venivano lavate e rilavate nella roggia che passava all’esterno del macello. Senza nessun problema, né logistico, né tanto meno igienico. A tale scopo, sul metodo di lavaggio delle trippe esisteva una ben precisa ordinanza del Municipio di allora. Indicava modi e doveri agli addetti del settore, ai loro aiutanti e anche ai garzoni di bottega.
9.Nella Trattoria dei Troier c’era veramente la comodità e anche la convenienza, si diceva allora. Tutti apprezzavano il prodotto fresco e genuino, altro che al chilometro zero come si dice oggi. Era un vero antesignano degli odierni agritur, compreso il vino delle campagne circostanti.
Dai ragazzini di allora è ricordato il grosso “slitton” comunale. Era una grossa e mastodontica slitta in legno e ferro che veniva trainata dai cavalli o dai buoi. Durante l’anno era parcheggiata in un angolo della piazza vicino ai pompieri. Serviva, come unica attrezzatura disponibile, per la pulizia invernale della neve dalle strade di Lavis e dintorni.
Negli anni del boom lavisano, Sebastiano Troier è ricordato anche per avere acquistato – nel 1910 – il vecchio Teatro Comunale (già chiesetta dei Battuti e Disciplinati) di via Sant’Udalrico, divenuta poi via Roma con l’avvento del Fascio.
Il Troier adattò e ristrutturò ulteriormente il teatro che andò avanti ancora anche come cinema “Ideal” sotto la sua gestione e proprietà. Un locale di lusso che allora era chiamato il cine-teatro “dei siori”. Era il locale della gente lavisana più in vista e magari con il sangue blu… dei nobili di spicco. Al suo posto è poi nata la premiata macelleria dei Troier “carne fina” che va avanti anche oggi in mano ai nipoti e a tutti i discendenti della premiata dinastia.
10.Tornando al macello comunale, per un ventennio e fino ai primissimi anni Ottanta, il secondo piano era occupato dalla prima centralina telefonica dell’allora “Telve”, la compagnia che gestiva tutti i telefoni fissi della plaga lavisana. La trattoria si era dunque trasformata in una centrale telefonica.
Al suo fianco, nella campagna-parcheggio, è poi sorto il tanto atteso Auditorium Comunale. Un sogno nato precipitosamente, con i lavori che però sono andati avanti per ben due amministrazioni comunali. Ma questa è un’altra, interessante storia, sulla quale ritorneremo certamente… più documentati che mai!
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