Nato a Borgo Valsugana nel 1848, affrontò le grandi epidemie e la prima guerra mondiale. Morì il 18 gennaio 1918
LAVIS. Il 18 gennaio 1918, 102 anni fa, moriva il medico condotto Carlo Sette. Nato a Borgo Valsugana l’8 settembre del 1848, da Luigi e Marianna Sartori, e battezzato con il nome Carlo Antonio Maria, Carlo Sette è forse uno dei personaggi più illustri della Lavis fra Otto e Novecento. Interessante fu la sua intensa attività politica nel movimento liberale e autonomista a cavallo fra i due secoli. Partecipò, infatti, in modo attivo e convinto alle lotte per l’autonomia del Trentino dal Tirolo tedesco. Nel 1901 fu fra gli organizzatori e relatori di un dibattito, che ebbe luogo in Piazza Loreto, proprio sull’importanza dell’autonomia regionale come mezzo per il progresso del Trentino.
Era sposato con Maria Cristellotti che morì nel 1912. Da lei ebbe un figlio: l’avvocato Luigi Sette nato il 15 luglio 1881.
Villaci per l’autonomia
Carlo Sette ottenne la condotta medica il 19 aprile 1877. Si formò presso il ginnasio-liceo di Rovereto e frequentò le università di medicina di Innsbruck, Vienna e Graz. Si laureò nel 1875. Arrivato a Lavis non si risparmiò per lavorare al servizio della comunità, mettendo a disposizione della collettività professionalità, competenza e passione. Fu presidente dell’asilo infantile (dell’attuale via Clementi), di cui era stato fra i fondatori e sostenitori. Collaborò, inoltre, con l’amministrazione comunale per la costruzione, nel 1914, dell’ospedale ricovero che fu ultimato, però, solo nel primo dopo guerra. Fra i vari incarichi al servizio della comunità, Carlo Sette si trovò a ricoprire la carica di presidente della Latteria sociale, della Delegazione del Consorzio avisiano, della Croce Rossa, della Banda Sociale, delegato della Società degli Alpinisti trentini e vicepresidente della Camera medica.
Per quanto riguarda la sua attività politica, i suoi sentimenti filo-italiani lo portarono ad essere fra i primi fondatori del Gruppo Pro Patria e poi della Lega Nazionale: associazioni che avevano il compito di tutelare l’italianità del Trentino. Fu fra gli organizzatori del convengo pro-autonomia del 21 luglio 1901 in Piazza Loreto. L’ Alto Adige e il Popolo seguirono con attenzione ogni singolo comizio riportando sulle loro testate i discorsi pronunciati e gli ordini del giorno votati all’unanimità. I due giornali riportarono la cronaca del comizio di Lavis al quale parteciparono, stando a quanto scritto dall’Alto Adige e dal Popolo, più di 400 persone «per la massima parte villici» anche perché nello stesso giorno, come riporta l’Alto Adige, vi era una sagra paesana.
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Discorsi densi di idee
Il giornale di Cesare Battisti scrisse che al comizio erano rappresentanti, in egual misura, liberali e socialisti. Anche il parroco, Simone Riz da Campitello di Fassa, aveva aderito, ma non intervenne perché verso mezzo giorno dovette partire alla volta di Cavalese. Il comizio fu aperto dal Podestà di Lavis Arturo de Schüldhaus e presieduto dal Giovanni Battista Azzolini, presidente del gruppo Nazionale per l’autonomia del Trentino. Nell’articolo pubblicato dall’Alto Adige si legge:
«Esso (riferito all‘Azzolini) tenne un discorso d‘apertura straordinariamente veemente e vibrato. Fu applaudito a più riprese e fragorosamente alla fine».
Successivamente presero la parola il dott. Adolfo Bertolini e il dott. Severino Colmano. Il dott. Bertolini, a nome del partito nazionale, tenne un «forbito discorso denso di idee, di dati di fatto e di argomenti calzanti».
Dopo di lui prese la parola, a nome dei socialisti, il dott. Colmano, il quale parlò in modo aulico ma con una sintassi ricca di esempi per poter essere compreso anche dalla «gente meno studiata».
L’ordine del giorno
Terminati i loro discorsi, il dott. Carlo Sette propose il seguente ordine del giorno:
La guerra
Da medico seppe affrontare con fermezza e devozioni le epidemie di tifo e di vaiolo nero del 1888 e del 1893. Pensionato nel 1912 dovette riprendere l’incarico di medico con lo scoppio della Grande Guerra, prendendo il posto dei suoi colleghi, Annibale Ruatti e Lodovico de Schüldhaus, perché chiamati alle armi. Negli anni della guerra, vedovo e solo con il figlio in Boemia, rimase vicino alle famiglie distrutte dal dolore, dalla fame e dalle malattie. Morì il 18 gennaio 1918.
L’Amministrazione comunale, il 17 gennaio 1932, nel pieno dell’era fascista ne commemorò l’operato e la figura con la lapide, dell’artista Stefano Zuech, sulla facciata del palazzo della famiglia Sette:
«Carlo Sette da Borgo Valsugana, per anni 41 medico in Lavis, esempio di carità, di religione di patriottismo, zelante d’ogni pubblico bene, mancò ai vivi il 18 gennaio 1918. I cittadini ne ricordano ai posteri la cara memoria. 1932».
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