LAVIS. Il 19 settembre 1825 nasce, in una anonima casa di Lavis, nella parrocchia di Sant’Udalrico, Giacomo Giovanni Battista Rigotti. Il padre si chiama Giovanni e morirà l’11 novembre 1837 a causa di una dissenteria cronica, come si legge nel registro dei morti della Parrocchia di Lavis. La madre è Catterina Paternoster. È una famiglia come le tante che in quegli anni viveva a Lavis, in una Lavis che iniziava a riprendersi dal tumulto napoleonico e che non era più una borgata di confine fra Tirolo e Principato Vescovile di Trento.
In quel tempo a guidare la comunità di Lavis era il capo comune Giuseppe Giovannini. Il nostro caro Tommaso Bortolotti, l’ideatore e costruttore del Giardino dei Ciucioi, aveva 29 anni. Quella di Giovanni era una famiglia contadina. Lui, Giovanni, era il più giovane di quattro fratelli. La più grande, Teresa, era nata il 31 dicembre 1815. Poi Anna Maria nata il 12 febbraio 1819 e Francesco Giovanni venuto al mondo il 15 gennaio 1823. Il livello d’istruzione della famiglia era sicuramente basso. Il padre era nato nel 1788 e, con tutta probabilità, aveva assistito alle invasioni napoleoniche di fine Settecento e di primo Ottocento.
Giovanni cresce e frequenta, a partire dagli ’30 dell’Ottocento, la scuola elementare obbligatoria. Impara a leggere, a scrivere e a fare di conto. Avrà sicuramente alternato le sue giornate fra le poche ore a scuola e il lavoro nei campi. A scandire i momenti di svago, fra infanzia e adolescenza, per quei tempi, giocavano un ruolo fondamentale le fiere e le festività religiose. In quegli anni, inoltre, erano molte le fiere stagionali a Lavis.
Poi irrompe nella sua quotidianità un fatto che sconvolge l’intero continente. Sono i moti rivoluzionari del 1848-1849. l’Europa è in fiamme. Le principali capitali sono in tumulto con il popolo che inizia a chiedere maggiori diritti per la nascente classe operaia, Carl Marx pubblica, nel febbraio 1848, il Manifesto del partito Comunista. Sul continente si diffondo gli ideali di identità e di appartenenza ad una nazione o ad un popolo. Milano e Venezia (soggette all’Austria) insorgono e in un primo momento scacciano gli austriaci: è la prima guerra d’indipendenza. Con le 5 giornate di Milano del 18-22 marzo 1848 inizia il Risorgimento italiano. In questo contesto la classe dirigente trentina, e nel suo piccolo anche quella lavisana, chiede l’autonomia da Innsbruck. Si ingaggiano battaglie politiche costituzionali a Vienna. Alcuni intellettuali e politici ungheresi sognano la nascita di un proprio stato indipendente da Vienna. Il Lombardo-Veneto si vuole staccare: inizia a prendere forma l’idea di uno stato unitario italiano guidato dai Savoia. A Vienna, nel dicembre del 1848, viene incoronato Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe d’Asburgo (Cecco Beppe). È l’inizio di una nuova era.
Il nostro Giovanni assiste, forse in modo distaccato, a tutto questo fermento. A Lavis si raccolgono le firme per un Trentino autonomo. A capo di tutto questo troviamo il nostro Tommaso Bortolotti. Ad un certo punto il comune di Lavis ha il compito, come raccontano alcuni documenti conservati nell’archivio Storico Comunale (materiale che meriterebbe di essere studiata), di reclutare i volontari di Kaiserjäger, da affiancare all’esercito imperiale nelle battaglie nel lombardo-veneto con i Savoia.
Il nostro Giovanni ha 23 anni. Non è ancora sposato. Ma magari ha una fidanzata o… come si diceva una volta “una simpatia”. Parte con la sua divisa per contribuire ad ingrossare le fila delle truppe imperiali sui campi di battaglia fra il fragore delle artiglierie, gli assalti alla baionetta con pesanti fucili ad avancarica e a mono colpo (la cadenza teoria di tiro era di circa un colpo al minuto). Poi arriva il 23 marzo 1849. Il campo di battaglia è quello di Novara. A guidare l’esercito di Vienna è il generale Josef Radetzky che dispone di 70mila uomini, 5mila cavalli e 141 cannoni. L’esercito del Regno di Sardegna ha 45mila uomini, 2500 cavalli e 109 cannoni.
Fra i 70mila uomini di Radetzky c’è anche il nostro Giovanni. La battaglia è cruenta. Polvere, assalti frontali al corpo a corpo con pugnali o con il calcio del fucile usato come una clava. Il tutto in mezzo al rumore assordante dei cannoni, alla confusione della cavalleria. Sullo sfondo sempre presente i lamenti dei feriti, i cadaveri dei soldati sfiguratati dalle ferite o calpestati dai cavalli. Si combatte a contatto diretto. Si riconosce il nemico perché i due eserciti combattono, come per tutto l’Ottocento, con divise colorate proprio per poter distinguere l’avversario durante gli scontri. A vincere è Radetzky. Sul campo di battaglia Vienna lascia 410 morti, 1850 feriti e 963 fra prigionieri e dispersi. Il Regno di Sardegna conta 578 morti, 1400 feriti e 409 fra prigionieri e dispersi. Molti finiranno di soffrire negli ospedali.
E il nostro Giovanni? L’unica traccia di Giovanni la si trova sfogliando il registro dei morti della parrocchia di Lavis, dove una nota ci dice:
«21 aprile 1849 muore Rigotti Giovanni, fu Giovanni, di Lavis nato il 19 set. 1825 morì nell’ospedale di Pavia in seguito a ferita riportata nella battaglia di Novara del 23 marzo essendo soldato nel Reggimento Cacciatori Tirolesi».
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