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Carri e maschere: quando a Lavis si folleggiava con il Carnevale

LAVIS. Nel corso della sua lunga storia la borgata lavisana è sempre stata coinvolta al punto giusto anche per quanto riguardava le manifestazioni del Carnevale che, specie negli anni 20/30 del primo dopoguerra e poi dal 50/60 del secondo dopoguerra, non passavano sicuramente inosservate come succede purtroppo ancora ai giorni nostri.

Tutto il periodo del Carnevale era veramente atteso sin dai tempi dei famosi “anni ruggenti” e questa stagionale pausa diversiva di allegria quasi… peccaminosa, serviva allora per stemperare gli animi, uscire dalla solita routine casereccio-contadina, permettendo a tutti di folleggiare secondo naturalmente le proprie passioni e possibilità.

Un paese sotto sopra


1.Essendo anche un periodo di riposo della campagna quello da gennaio alla fine di febbraio – l’economia locale era allora in prevalenza agricola – si può proprio dire che quasi tutta la borgata era messa sotto sopra dalle iniziative e festività carnevalesche di allora.

In modo particolare l’ultima settimana, contadini compresi, si abbandonavano i tradizionali lavori di campi e casa e ci si divertiva “follemente e alla buona” fino all’ultimo martedì grasso e quindi fino alla vigilia delle Ceneri e l’inizio storico della Quaresima.

Tutto questo malgrado i sermoni e i richiami dei vari parroci, che dal pulpito redarguivano anche aspramente e con toni da tragedia, sia le famiglie che le varie organizzazioni, non solo quelle cattoliche. Nel mirino c’erano sempre e comunque i balli e la promiscuità dilagante, il coinvolgimento non solo degli adulti ma anche di giovani e ragazze d’ambo i sessi, scatenati nelle serate musical-clandestine, tenute in occasioni di dopo cena carnevaleschi, non solo in famiglia ma inserite in un vasto giro esistente in borgata…

I balli in maschera


2.Non mancavano comunque in quelli anni gloriosi, i grandi veglioni ufficializzati e organizzati da associazioni di beneficenza e comunque coinvolte nel volontariato locale, tutti con l’immancabile ballo in maschera nei costumi più disparati e anche più o meno storici.

I nostri vecchi ci hanno ricordato ancora le folleggianti serate che venivano organizzate allora presso il Cinema-Teatro “Ideal” di via Roma, oggi casa dei Troier. Poi ancora presso l’Albergo Mosaner e poi Nicolodi di piazza del Tram, altre serate anche presso la Casa Comunale (Casa del Fascio) di piazza Loreto poi divenuta Panificio Comunale.

Infine, dopo la chiusura del Cinema Italia e del Dopolavoro all’Albergo Corona, sia nella sala superiore sia in quella del piano terra, andavano per la maggiore le serate ballabili stagionali per tutti ma anche per le diverse associazioni. Non dimenticando poi la balera familiare del Bruno Marconi, chiamata con l’esotico nome avventuroso-storico della “Giamaica” in piazza Loreto a fianco dell’omonimo bar e il gioco delle bocce tutto di famiglia.

Tutte le associazioni coinvolte


3.Chi non poteva entrare nelle varie feste da ballo, si accontentava, restando sulla strada, di ammirare almeno chi entrava ed usciva dalla festa, indovinando magari la persona che era celata sotto la maschera e anche quello era un divertimento.

Intenso poi anche l’apparato logistico esterno che aveva visto susseguirsi, dai primissimi anni ’50 in poi, le grandi sfilate carnevalesche con gruppi e carri a non finire, molti dei quali partecipavano regolarmente anche al Gran Carnevale di Arco ottenendo, tra l’altro, anche dei lusinghieri successi e dei piazzamenti alti in classifica.

A Lavis poi, la sola realizzazione dei carri – se ne erano visti addirittura una quindicina in talune edizioni del Carnevale lavisano e quasi tutti locali – coinvolgeva e impegnava per oltre due mesi di lavoro serale e notturno, tutti i gruppi e le associazioni del volontariato locale.

I carri satirici


4.Memorabili restano ancora in qualche foto ingiallita dal tempo, le realizzazioni curate dall’Unione Sportiva lavisana, dai giovani del Ricreatorio-Oratorio insieme ai cappellani, dalla Filodrammatica “La Vetta”, dalla Società di Abbellimento (prima di diventare Pro Loco), dal Cral, dalle Acli, dalla Banda Sociale, ecc.

I vari temi-soggetti spaziavano poi su tutti gli argomenti d’attualità più o meno recenti, immancabili le fiabe, le canzoni del Festival di Sanremo e naturalmente la satira locale, sia quella sull’amministrazione comunale che sulle varie opere e promesse elettorali ormai in cantiere da… anni!

Si ricordano ancora i grandi temi spaziosi con il doppio carro dei vagoni della Trento Malé (la familiare Vacca Nonesa di allora), poi del “Circo equestre lavisano”, di “Biancaneve e i sette nanetti”, della gondola veneziana di “Marietta monta en gondola”, poi ancora di “Lascia o raddoppia” con tutti i personaggi della televisione di allora agli esordi.

La grande sfilata


5.Questa parata di carri allegorici, era annualmente affiancata e integrata dalla sfilata delle mascherine, sia singole che a gruppi più o meno numerosi e impegnati.

Il tutto partiva sempre dalla piazza Loreto vicino al ponte sull’Avisio, in testa gli organizzatori con il popolare Fortunato-Nato Zeni e tutto il suo staff, subito dopo i personaggi singoli che facevano effetto e richiamo sul pubblico. C’era Romolo Toller nelle vesti di un capo tribù dell’Africa tutto colorito di nero da capo a piedi, sul petto una grossa sveglia sostenuta da una catena che aveva intorno al collo, nel muoversi accennava anche passi di musica al ritmo del celebre “Arriva el negro Zumbon“…

Si percorreva in lungo e in largo tutto il paese per poi concludere, sfilata e presentazione, con un gran finale
coinvolgente di simpatica allegria e divertimento alla Casa di Riposo di via Orti, occupando anche l’intera via chiusa al traffico, comprese le roste dell’Avisio sopra l’allora Campo Sportivo.

Con la banda sociale


6.Inutile aggiungere che onnipresente ad ogni Carnevale lavisano era anche la Banda Sociale che nel corso di tutti questi anni, diretta dai vari maestri che si sono susseguiti in organico, aveva sempre cercato di dare il meglio del suo ricco repertorio, sia allegro che nazional-popolare.

La sera poi del martedì grasso ultimo di Carnevale, la tradizione voleva l’intera Banda Sociale ospite nei locali della Trattoria Vittoria di piazza Grazioli (quella della Serafina e poi del Bruno Patton), per la
cena col “tortel” oggi chiamato più nobilmente “smacafam”, il tutto naturalmente accompagnato dal buon vinello locale di allora…

Gli anni sono poi passati velocemente ma anche la voglia di fare “come stì ani” era gradatamente scemata in tutto il panorama lavisano delle associazioni, forse perchè nessun appassionato aveva più preso in mano le redini e la regia completa dell’allora “Carnevale lavisano”.

Il Carnevale di una volta


7.Ci aveva poi pensato l’Oratorio dopo gli anni ’60, dal 1970 era arrivata la “zobia grassa” in piazza Grazioli e successivamente anche il Carnevale Riciclone in piazza Garibaldi e così fino ai nostri giorni.

Sono scomparsi, purtroppo, i grandi fasti del Carnevale e dei balli del dopoguerra, non c’è più il Carnevale semplice, spontaneo e genuino come una volta, sono scomparsi inesorabilmente i grandi personaggi-attori che popolavano le divertenti serate carnevalesche del tempo passato.

Forse, questo anche perché nei “lavisani” d’oggigiorno è cambiato anche il modo di divertirsi tutti insieme in compagnia, non pensano più al Carnevale, forse pensano di più alla… Quaresima che arriva inesorabile, cancellando tutto quanto sa di spensieratezza e allegria! Negli eterni nostalgici rimangono però i bei ricordi, dei carnevali passati insieme alla gioventù e di quando il Carnevale era proprio il vero Carnevale, quello della vita… che proseguiva allegramente!

Giovanni Rossi

Giornalista, scrive per "Vita Trentina". Per decenni è stato il corrispondente da Lavis per "L'Adige". Memoria storica e appassionato di cinema, ha lavorato come tuttofare per il Comune di Lavis fino alla pensione. Scrive per "Il Mulo" dopo essere stato una delle colonne del giornale digitale "La Rotaliana".

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