LAVIS. «La pittura ti allontana da tutti i malesseri». Così ha sentenziato l’altra sera al telegiornale un artista di Roma ai tempi del Coronavirus, così vale anche per la lettura e la musica. E tanti altri aspetti culturali che aiutano l’essere umano a sopravvivere e rafforzarsi di fronte agli eventi imprevedibili che sconvolgono questa umanità.
Ce lo insegna un corso tenuto dall’appassionata e competente Katia Fortarel, che si è svolto nei primi mesi del 2020 presso l’Università della terza età e del tempo disponibile a Lavis; quattro lezioni intense e affascinanti centrate sull’arte al femminile, un mondo poco studiato e valorizzato anche in epoca attuale. Tanto che è difficile trovare in biblioteca un compendio che le riassuma.
Facciamo dunque un viaggio attraverso la storia dell’arte contemporanea dalla seconda parte dell’800 fino ai giorni nostri, seguendo in ordine cronologico i vari movimenti artistici, con un focus sulle donne che si sono dedicate alla pittura e scultura. Spesso erano all’ombra dei loro compagni, ma erano anche fortemente geniali e talentuose.
Ci sono due episodi che hanno lasciato il segno. Il dipinto dell’abile artista Diego de Velasquez “Venere e Cupido” del 1648, conservato a Londra nella National Gallery. Questa, che è una definizione della bellezza del corpo femminile, è stata oggetto di sfregio da parte di Mary Richards, un atto estremo delle suffragette per scuotere le coscienze.
Altro episodio del 1989 è rappresentato dal gruppo di protesta delle guerrilla girls, attraverso “La grande odalisca” di Ingres col volto di gorilla, denunciando l’invisibilità delle artiste nel mondo dell’arte e la strumentalizzazione del corpo femminile perché oggetto e non soggetto. La scritta che appare sul loro manifesto recita: “Le donne devono essere nude per entrare al museo?”.
Nel 1977 la critica d’arte Linda Nochlin scrive un interessante saggio che risponde alla domanda provocatoria:
“Perché non ci sono state grandi artiste? L’arte, sia per quanto riguarda l’evoluzione dell’artista sia per la natura e la qualità dell’opera in sé, è l’esito di una situazione sociale, della cui struttura è elemento integrante, mediata e determinata da specifiche e ben definite istituzioni”.
Effettivamente esistevano condizioni sfavorevoli per cui le donne non potevano studiare all’Accademia delle Belle Arti come gli uomini. Questa situazione è andata a mutare solo nel tempo: nel 1860 alla Royal Academy di Londra, nel 1897 all’Ecole des Beaux Arts. In Italia, invece, nell’Ottocento le donne non erano viste come rivali e potevano accedere a tutti i corsi, tranne disegno di nudo dal vero.
Nel periodo della modernità c’è da chiedersi dunque quali condizioni culturali, materiali, sociali, economiche hanno fatto di una donna un’artista e cosa invece lo ha impedito. Un punto di svolta è rappresentato, nel 1863, dal dipinto “La colazione sull’erba” di Edouard Manet: un’opera sconvolgente per l’epoca, dal punto di vista stalistico.
Finalmente nel 1873 nasce la Società anonima coop. di artisti, pittori, scultori, incisori. Fra i firmatari del gruppo di Impressionisti c’è anche una donna: Berthe Morisot, l’unica a partecipare.
Ecco quindi una rassegna delle principali pittrici, un link approfondisce la loro biografia. Sono storie appassionate dove le qualità artistiche emergono grazie a condizioni favorevoli e alla caparbietà delle protagoniste. A proposito, consigliamo un bel libro: “La donna in nero” della storica dell’arte Brunella Schisa.
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