LAVIS. Oggi non ci si accorge neanche della sua esistenza, ma la Festa dell’Europa è uno dei quattro simboli in cui si riconosce l’Unione Europea. Gli altri sono l’inno, la bandiera e il motto. Vediamoli nel dettaglio.
L’inno dell’Unione è la Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven sul testo di Friedrich Schiller “Ode an die Freunde”, in italiano “Inno alla gioia”. Inizialmente adottato dal Consiglio d’Europa, è diventato nel 1985 inno ufficiale dell’Unione Europea.
La bandiera è il simbolo più noto, con il suo sfondo blu illuminato da dodici stelle dorate che si abbracciano in cerchio, come se fossero i Paesi membri, o i cittadini europei stessi. Anch’essa fu adottata per prima dal Consiglio d’Europa per diventare poi, nel 1985, il simbolo della pace e comunione di intenti che lega l’UE. Il motto dell’Unione è, dall’anno 2000, “Unità nella diversità”. Ma ora torniamo alla Festa dell’Europa e lo facciamo a piccoli passi.
Dopo i dolori della seconda guerra mondiale, che aveva impegnato soprattutto l’Europa occidentale, si dovette affrontare una gravosa ricostruzione. Fame, povertà e lutti accomunavano i Paesi che avevano preso parte al conflitto e se non si leggevano sui volti, sollevati dal ritorno alla pace, li si riscontravano nelle città e nelle campagne, devastate dai bombardamenti e crivellate di proiettili. Già, perché una volta finita la guerra non basta prendere un foglio bianco: bisogna impugnare la gomma e cancellare ogni singolo errore.
Chissà che non abbia pensato proprio questo il Ministro degli esteri francese Robert Schuman prima che iniziassero a venirgli idee geniali. Molto pragmaticamente si disse: «per fare la guerra servono due materie prime: il carbone e l’acciaio. Se queste fossero patrimonio comune nessun Paese potrebbe armarsi senza motivo, quindi perché non unirsi tra Europei? Sarebbe l’occasione per porre fine ai conflitti nel continente!». A partire da lì per Schuman fu un tour de force personale e istituzionale, in cui scegliere bene i suoi collaboratori che lo aiutassero a portare in auge la sua proposta. I tempi erano maturi, ma la proposta troppo rivoluzionaria perché passasse inosservata a immancabili detrattori. Il ministro però era convinto e grazie all’aiuto di procedette alla stesura del testo che diverrà celeberrimo. Monnet si occupò anche di intrattenere una trattativa segreta con il Cancelliere tedesco Adenauer, essenziale per stipulare l’accordo.
Così si arrivò al 9 maggio dell’anno 1950, con un testo rivoluzionario in tasca e un’intesa segreta con quello che in Francia, fino a cinque anni prima, si era chiamato “nemico”: la Germania. La convocazione fu fatta presso il Quai d’Orsay, sede del Ministero degli esteri francese. Lì Robert Schuman entrò nella storia, con una dichiarazione potente, rivoluzionaria, pregna del suo tempo.
Veniamo ora alla dichiarazione stessa.
Già dalla prima frase Schuman travolge i lettori con una parola chiave che caratterizza gli intenti dell’odierna Unione Europea: pace. Questo il primo dei valori che la nascente Europa si prefigge di assicurare e promuovere; quale migliore idea alla fine del più grande conflitto mondiale? Gli altri due valori in primo piano sono la solidarietà e l’unità, parole finallora inconsuete in quello che è effettivamente un trattato internazionale. La storia però ha dato ragione a questa visione.
La dichiarazione non si limita, tuttavia, a decantare i valori europei, bensì si spinge oltre, delineando azioni concrete e immediate ed ampliando la proposta agli altri Paesi del continente.
Nasce la CECA: Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. Questo strumento è in grado di impedire future guerre tra Francia e Germania, dando luogo piuttosto ad un duraturo periodo di pace e sviluppo. Il virgolettato di seguito offre un esempio della dichiarazione, sia nel suo risvolto valoriale, sia in quello concreto: «Contrariamente ad un cartello internazionale, che tende alla ripartizione e allo sfruttamento dei mercati nazionali mediante pratiche restrittive e il mantenimento di profitti elevati, l’organizzazione progettata assicurerà la fusione dei mercati e l’espansione della produzione».
Con queste parole Schuman sembra quasi vedere il futuro. In altri passaggi profila l’allargamento dell’UE, l’unione doganale, la politica comune al di là di carbone e acciaio e la legislazione europea.
Oggi ci si potrebbe chiedere che senso abbia festeggiare una ricorrenza simile. Provo a dare qualche motivo. Forse è il caso di ringraziare quel Ministro che nel dopoguerra ebbe il coraggio di urlare nelle più alte sedi il bisogno di unità, per un’Europa dei valori. Forse ci si dimentica o non ci si accorge di quanto l’UE sia un’opportunità per tutti. Forse perché l’Europa non è un ente estraneo, affamato di sovranità, quanto invece un agevolatore costruito dalle sue stesse parti.
Certo non funziona tutto alla perfezione, alle volte sembra che invece di catalizzare i processi li complichi inutilmente con non necessaria burocrazia. Può dar fastidio che nascendo come unione economica sia proprio in quel campo che fatichi sovente. Ma questo non giustifica frettolose corse a slogan facili volti a eliminarla, altrimenti dovremmo chiudere tutto, dalle scuole agli ospedali, dai tribunali alle carceri perché lì pure qualcosa non va.
L’invito allora è a non buttare il forno, solo perché una volta si è bruciata la pizza. Perché accusare il forno significa prendersi in giro da soli. Così per l’Europa: accusarla è accusare sé stessi perché è formata da tutti i suoi cittadini.
Non mi credete? Vi ha intrigato la figura di Schuman? Volete sapere come l’UE festeggia il nove maggio? Siete curiosi di sapere come si dice il motto in svedese? Allora non perdete tempo e rivolgetevi ai siti dell’Unione, dove troverete materiale per soddisfare le vostre curiosità!
Ma voi quanto ne sapete dell’Unione europea? Mettetevi alla prova con il quiz qui sotto. Aguzzando la vista potete trovare le risposte nell’articolo qui sopra o nei siti istituzionali.
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