TRENTO. Ci sono anche 48 comuni trentini fra quelli scelti a livello nazionale per una grossa indagine statistica ed epidemiologica sul coronavirus, curata da Istat. Fra loro ci sono anche paesi della nostra zona: Lavis, Terre d’Adige, Mezzocorona, Mezzolombardo, San Michele all’Adige, Roveré della Luna, Cembra Lisignago e Fai della Paganella.
In queste realtà saranno fatti dei test sierologici a campione, per il momento solo a una piccola parte dei cittadini, selezionati seguendo criteri statistici (a Lavis saranno 75, a Mezzolombardo 58, per esempio). O almeno questo è intanto il campione di partenza, che potrebbe essere poi allargato ulteriormente. L’indagine a livello nazionale riguarderà in totale 150 mila persone, ed è coperta da uno stanziamento di 4,5 milioni di euro.
Le persone selezionate per sottoporsi al test saranno contattate telefonicamente. Il test è volontario: quindi potranno anche rifiutarsi. Sarà poi la Croce rossa a realizzarli materialmente, in alcuni casi con il sostegno dei medici di base. Stiamo parlando di una cosa molto diversa rispetto al tampone. Quest’ultimo permette di dare una fotografia della presenza del virus al momento, ed è l’unico modo riconosciuto per confermare la diagnosi della malattia.
Il test sierologico ha un compito diverso: riesce a ricostruire una storia delle persone, attraverso l’individuazione dell’eventuale presenza di anticorpi. In altre parole, riesce a individuare anche le persone che hanno contratto il virus in passato, senza saperlo. Tutti quelli che risulteranno positivi saranno comunque sottoposti anche al tampone, per verificare il loro stato attuale.
Lo scopo di questa operazione è di avere un campione statistico significativo, per capire quante persone in Italia sono entrate davvero in contatto con il virus. E in futuro conoscere meglio anche la resistenza degli anticorpi e l’eventuale possibilità di essere immuni alla malattia (e semmai per quanto tempo). Insomma, avere più informazioni su una malattia che fino a qualche mese fa era completamente sconosciuta.
Ma non solo. Istat spiega che «attraverso l’indagine si otterranno informazioni necessarie per stimare le dimensioni e l’estensione dell’infezione nella popolazione e descriverne la frequenza in relazione ad alcuni fattori quali il sesso, l’età, la regione di appartenenza e l’attività economica». Esistono, in altre parole, dei fattori di rischio maggiori? «Le informazioni raccolte saranno essenziali per indirizzare politiche a livello nazionale o regionale e per modulare le misure di contenimento del contagio. I risultati dell’indagine, diffusi in forma anonima e aggregata, potranno essere utilizzati per successivi studi e per l’analisi comparata con altri Paesi europei».
Questi test sono quindi parte di una strategia nazionale, una cosa molto diversa rispetto a quanto fatto nei giorni scorsi in alcuni comuni del Trentino. La Provincia e l’azienda sanitaria hanno fatto, dei test a tappeto su tutta la popolazione di alcuni dei comuni più colpiti: Campitello di Fassa, Canazei, Pieve di Bono-Prezzo, Vermiglio e Borgo Chiese. Anche in questo caso l’adesione era volontaria, ma la percentuale di partecipazione è stata molto alta. Permetterà di fare un’indagine epidemiologica molto precisa, praticamente persona per persona.
Qualcosa di molto simile lo chiederà anche per Lavis il sindaco Andrea Brugnara, come ha spiegato nell’ultimo consiglio comunale: «Insisteremo perché siano fatti tamponi e test a tappeto su tutta la cittadinanza lavisana. Sappiamo che è una prospettiva difficile da attuare, ma ci darebbe più certezze, anche in vista della ripartenza»
AGGIORNAMENTO 15 MAGGIO 15.19: In una prima versione di questo articolo riportavamo che le persone saranno scelte per il test con criteri di casualità. In realtà, un nostro lettore ci ha fatto notare che «il disegno del campione è un processo che tiene conto delle caratteristiche della popolazione per età, professione, zona geografica e altri parametri». E dunque non è totalmente casuale. Abbiamo dunque corretto l’articolo per evitare fraintendimenti.
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