Lavis. Certe volte il caso è talmente capriccioso che un singolo evento è capace di condizionare tutta la vita di un individuo. Succede allora che una persona, di un piccolo paesino del Trentino, si sia trovata in mezzo ai grandi eventi che sconvolsero l’inizio del Novecento e che modificarono l’ordine mondiale.
Parliamo di Vigilio Devigili, classe 1894, primogenito di Emanuele Devigili e di Maria Mottes di Fai. Il feudo della famiglia era composto dai masi Belvedere, Paierla e Toldin più una serie di abitazioni sparse, tutte abitate dai Devigili nelle loro varie parentele. Una famiglia di contadini che con tenacia e duro lavoro nel corso degli anni aveva ricavato campi e vigneti dai boschi e dal rosso terreno argilloso.
La tranquillità della vita contadina, scandita dai ritmi delle stagioni, venne sconvolta dallo scoppio della prima guerra mondiale. Vigilio, come migliaia di altri trentini, fu arruolato nell’esercito dell’imperatore Francesco Giuseppe e nel 1915 partì per il fronte russo. A differenza di moltissimi altri soldati, le steppe della Russia non gli furono fatali; venne però fatto prigioniero e fu costretto a lavorare per i russi. Questo gli permise di imparare la lingua degli zar, oltre al tedesco e all’italiano che già conosceva, e di farsi nuove amicizie.
Ma quelli non erano anni tranquilli e in Russia stava per scoppiare un altro conflitto interno che avrebbe cambiato gli equilibri del mondo. Nel 1917 la rivoluzione russa mise fine all’impero degli zar e portò alla nascita della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa prima e all’Unione Sovietica poi. Era il tentativo di mettere in pratica le teorie sociali ed economiche di Karl Marx e Friedrich Engels, in contrapposizione al mondo occidentale in cui dominava il capitalismo.
Vigilio Devigili abbracciò subito i nuovi ideali rivoluzionari e, insieme ad altri trentini, si arruolò nelle file dei bolscevichi. Durante questa sua esperienza ebbe anche l’occasione di assistere ad alcuni comizi di Lenin.
Tornato a casa nel 1919, trovò un Trentino che era diventato italiano e, fiducioso in un possibile cambiamento sociale, cominciò a raccontare ai suoi fratelli e agli amici la sua esperienza e quello che aveva conosciuto del socialismo. Parlò della rivoluzione, delle terre date ai contadini e delle fabbriche agli operai, del nuovo modello politico ed economico e di una rivoluzione che Vigilio vedeva possibile anche in Italia. Nel 1921 aderì subito al nuovo Partito Comunista d’Italia, nato dalla frattura del PSI dopo il Congresso di Livorno.
Ma l’ombra del fascismo stava cominciando ad allungarsi su tutta L’Italia. Nelle elezioni del 1924, che segnarono il trionfo di Mussolini, a Lavis dalle urne uscirono 7 voti per i comunisti: erano i sei fratelli Devigili e un loro amico. La cosa divenne subito di dominio pubblico e la famiglia Devigili diventò subito un’osservata speciale.
Le cronache del tempo ci riferiscono che altri in zona cominciavano a osteggiare il fascismo e a guardare con favore alle idee comuniste. Tale Guido Bettini di Nave San Felice, ad esempio, ebbe tre anni di confino per aver cantato in pubblico “bandiera rossa“. In generale però l’ostilità dei trentini verso il nuovo regime, anziché con l’uso inutile della violenza, si concretizzò con un atteggiamento freddo e di indifferenza che per i gerarchi locali rappresentava un affronto e una fonte di disorientamento.
Anche Vigilio Devigili capì la pericolosità e l’inutilità di una opposizione evidente e si ritirò nelle sue vigne, concentrandosi sul lavoro e sulla sua famiglia. Anche lo scoppio della seconda guerra mondiale lo vide critico ma impotente.
Le cose cambiarono nel 1943. Il 25 luglio con l’arresto di Mussolini cadde il fascismo e l’8 settembre, con la firma dell’armistizio, l’Italia precipitò nel caos e si trovò di fatto divisa in due e occupata. Anche in Trentino regnava la confusione più totale. I masi Paierla e Toldin dei fratelli Vigilio e Albino Devigili, vicini a Trento ma allo stesso tempo defilati, erano il luogo perfetto per dare rifugio a prigionieri in fuga, soldati dell’aviazione americana i cui aerei erano stati abbattuti e quanti cercavano la salvezza verso la Svizzera o il ritorno nei paesi di origine.
Presso i fratelli Devigili trovarono rifugio anche i numerosi partigiani che avevano cominciato a organizzare la resistenza in Trentino. Fra questi si può citare Manlio Silvestri, studente universitario veneto che aveva combattuto in Spagna e che su incarico di Mario Pasi stava organizzando in Trentino le prime formazioni partigiane.
Con l’aiuto dei fratelli e di alcuni amici, Vigilio si rese protagonista anche di alcuni rocamboleschi salvataggi a favore di deportati italiani che erano prigionieri sui convogli in viaggio verso la Germania. Per queste persone il viaggio era una condanna a morte e i tentativi di liberazione anche. Sapendo del transito di questi convogli e incuranti del pericolo, Vigilio e i suoi fratelli, nelle notti senza luna, riuscirono a fermare alcuni treni manomettendo i binari e a far fuggire decine di prigionieri.
Le attività antifasciste dei fratelli Devigili non si limitarono a questo. Per un certo periodo, grazie a una macchina da scrivere recuperata a Trento dalla moglie di Albino Devigili e a un rudimentale ciclostile , venne stampato un giornale di propaganda: Il Proletario. La stampa avveniva nella soffitta di maso Paierla o all’occorrenza, e con enormi difficoltà, nelle campagne del maso.
“Stampavamo spesso di notte. Il ciclostile funzionava bene quando era posto in soffitta a Maso Paierla, ma quando fu necessario, per ragioni di sicurezza, spostarlo all’aperto o in altri luoghi più freddi, constatammo dal vivo quanto il freddo fosse nemico della stampa”, ricorda Ferdinando Tonon, un amico e collaboratore di Vigilio Devigili.
“Il Proletario” era un giornale clandestino, fondato da Mario Pasi, che fu stampato a Lavis in diversi numeri e che attraverso i contatti della resistenza si diffuse non solo in Trentino ma anche nelle vicine provincie di Belluno, Treviso e Vicenza. Uno dei principali autori fu proprio Manlio Silvestri, soprannominato Monteforte.
Il ciclostile rimase operativo presso il maso di Viglio Devigili fino a quando Monteforte venne catturato dai tedeschi a Borgo Valsugnana e impiccato il 29 luglio del 1944.
Terminata la guerra l’impegno politico di Vigilio non si esaurì. Lo troviamo infatti fra gli assessori della prima consiliatura della Lavis liberata. Il Comitato di Liberazione Nazionale aveva nominato come sindaco il maestro Pio Tamanini (che restò in carica dal 19 maggio 1945 al 23 febbraio del 1946). Possiamo supporre che Viglio Devigili assunse anche il ruolo di vicesindaco, in quanto in un documento ufficiale del 22 dicembre del ’45, l’avviso di deposito della lista elettorale, troviamo la sua firma come Sindaco di Lavis, evidentemente in sostituzione di Pio Tamanini.
Vigilio Devigili morì all’età di 74 anni, il 25 luglio del 1968.
Fonti e materiale fotografico
A cura di Audenzio Tiengo, Echi di Resistenza in Val di Cembra e Rotaliana, Edizioni Nova Tipografia, 2005;
Renzo Francescotti, Il Mestiere dei Padri – 30 storie di famiglie Trentino col mestiere nel sangue, Edizioni E.C.T. Trento, 1983;
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