Lavis. Sono nato nel 1953 in un maso di nome Tratta, sulla collina sinistra del fiume Adige, dove mio nonno Bepi e lo zio Elio facevano i contadini a mezzadria. La campagna che lavoravano era in piccoli appezzamenti, che a quei tempi mi sembravano distanti tra loro, essendo divisi da vallette, dossi e boschi.
Le campane del paese erano troppo lontane per sentirle, ma una cosa si vedeva da qualunque parte si fosse, la Paganella, la montagna dalla parte opposta della valle.
A metà della grande parete a 1500 metri di quota ci sono alcune grandi nicchie delle dimensioni di alcune decine di metri, chiamate le “Buse de San Giacom”. Nelle vicinanze passa anche il sentiero della “Cordina” frequentato quasi esclusivamente da camosci.
La parete della Paganella di fronte al maso è alta 2000 metri, esposta ad Est, quindi a mezzogiorno locale (a quel tempo non c’era l’ora legale) le “Buse” sono in ombra. A rendere le Buse un orologio solare molto “preciso”, oltre al fatto di trovarsi dentro una parete verticale, contribuisce la presenza di uno sperone di roccia a sud, distante un centinaio di metri, un vero gnomone naturale.
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