Una lettera del 2001 scritta dal Campo Base Plaza de Mulas in Aconcagua è dedicata interamente a questo magnifico animale alpinista, anzi andinista
Lavis. A distanza di anni ho ritrovato una lettera che avevo scritto nel 2001 dal Campo Base Plaza de Mulas in Aconcagua. È dedicata al mulo, l’insostituibile compagno delle spedizioni di montagna e l’animale che ha dato ispirazione e nome anche a questo giornale.
La preparazione
1.La mano di Lorenzo sale con tenera energia lungo la gamba del Mulo, parte dalla sottile caviglia, seguendo tendini e muscoli, vedendo anche quello che i suoi occhi non possono vedere. Riprende il movimento dal basso spostandosi verso destra, stirando con il pollice la pelle tesa.
Lorenzo, prima in ginocchio dietro al Mulo si rialza, una energica dolce pacca sulla shiena dell’animale, un cenno ad Almara il compagno gaucho che incomincia a caricare i nostri sacconi pieni dell’inutile sul basto.
Un altro Mulo lo aspetta nel “Travai“. Lorenzo prende il palo da terra e lo incastra tra il piccolo recinto e il culo del Mulo. Con una corda a mo di taia blocca con un barcaiolo lo zoccolo sul palo pronto per essere ferrato.
Con un ginocchio nella polvere appogiando la mano aperta sotto l’unghia del Mulo chiede: “cinque“. Raccoglie il ferro cinque dalla polvere, lanciato dalla piccola fucina dal suo giovane fratello, dove da diritto e piatto è diventato tondo coi buchi. Avvicina il ferro allo zoccolo poi lo appoggia di taglio al palo del travai. Un colpo e ferro e zoccolo combaciano. Quattro colpi di martello e il chiodo che prima stava tra le sue labbra esce di lato dall’unghia del Mulo. Ancora due colpi per piegarlo e chiuderlo sotto.
Libera lo zoccolo dalla corda, slega il muso dal travai bianco di calce e sfila il traverso dietro. Il Mulo rincula e esce mestamente dalla gabbia. Una mano scorre sulla criniera passando sopra una macchia rosa a forma di uovo, con la forbice nell’altra mano tosa la criniera lasciandone una piccola cresta alta quattro dita.
Bueno.
In marcia
2.Una fila di dodici Muli partiti da Puente dell’Inca (2600 metri sulla catena andina al confine tra Cile e Argentina) sale lungo i 40 chilometri della valle de los Horcones. I 60 chili di sacconi colorati sono un tutt’uno con il piccolo basto di legno. Passano liberi vicino alla tenda del guardaparco che ci controlla i permessi comperati nell’ufficio di Mendoza due giorni prima.
Il Mulo traccia nella valle un sentiero che è il risultato perfetto di un’ insieme di tante variabili che nessun umano sa risolvere. Diverso per chi sale e per chi scende, più o meno ripido se di terra o di ghiaia, se bagnato o secco. Noi lo seguiamo con fiducia e basta.
Costeggiando il rio Horcones e attraversando dove l’acqua rossa si distende rilassata nella valle, tra i massi in bilico su piramidi di terra che ricordano quelle di Segonzano, i colori caldi delle montagne che costeggiano la valle ci accompagnano nella salita.
Tra i penitentes di ghiaccio incrocio una fila di Muli che, arrivati al Campo Base un giorno prima di noi e dopo un giorno di sosta sotto la neve, sono già sulla via del ritorno. Sulla schiena un alpinista stanco si tiene al basto, lo riconosco dalla macchia rosa a forma di uovo.
Grazie Mulo.
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