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Da una giacca militare ritrovata in una soffitta di Lavis alla storia del suo proprietario (parte seconda)

Lavis. Nella prima parte del racconto di Frenck abbiamo visto come lui e i suoi amici siano riusciti a scappare dal treno che li stava portando in Germania proprio nei pressi di Lavis. Quì, aiutati da alcuni contadini, hanno intrapreso un viaggio in cerca della salvezza.

Torniamo alle pagine del diario.


Leggi anche – Da una giacca militare ritrovata in una soffitta di Lavis alla storia del suo proprietario (parte prima)


L’abitato di Lavis


1.I nostri amici lavisani non avevano portato cibo e allora abbiamo bevuto una delle bottiglie di vino e siamo partiti per attraversare Lavis. Erano le ore 15.30. Abbiamo dovuto passare per il paese perché non c’erano altre strade per raggiungere il ponte sul fiume Adige che dovevamo attraversare. I contadini rimasero nel campo di grano.

Io ero in testa con la bottiglia di vino nella mia mano destra. Appena raggiunto il villaggio, camminando in fila indiana, abbiamo svoltato in un viottolo stretto sul lato destro della strada.  Davanti a una fila di piccole case abbiamo incontrato una pattuglia di truppe tedesche, le temute SS, che camminavano verso di noi. Pensai che forse erano alla ricerca dei prigionieri fuggiti. Ho tenuto il fiato sospeso. Abbiamo accelerato il passo cercando di apparire normali contadini e i tedeschi ci hanno lasciato passare. Il dubbio che ci avessero riconosciuti mi è venuto vedendo alcune ragazze sorridenti sull’altro lato della strada, forse sapevano che eravamo i prigionieri fuggiti e hanno avuto pietà di noi.

Soldati tedeschi di stanza a Lavis-foto di Mario Folgheraiter

Il passaggio sul fiume Adige


2.Arrivati nelle vicinanze del ponte sul fiume una donna in nero si avvicinò a me e mi disse in italiano: “Tu sei inglese non è vero?”. Ho risposto di sì e lei ha continuato: “C’è una guardia tedesca su quel ponte prendi la mia mano e lui penserà che sei mio figlio”. L’ho presa per mano, pensando che non avevo mai assistito ad un atto così coraggioso. Indubbiamente a quella donna avrebbero sparato se la nostra identità fosse stata scoperta. Io non osavo guardare indietro, ma ho saputo più tardi che Sandy e Bob avevano attraversato il ponte tenendo le mani ai due figli della signora. Quella donna coraggiosa avrebbe potuto andarsene, invece ha scelto di aiutarci, anche a rischio della sua vita e di quella dei suoi figli!

Così siamo riusciti ad attraversare il fiume senza essere fermati. Un centinaio di metri più avanti abbiamo lasciato la donna coraggiosa ed i suoi figli e ci siamo diretti  verso il pendio della montagna ripida al margine occidentale della valle.

La salita della Val Manara


3.In poco tempo arrivammo al paese di Zambana ai piedi della montagna. Improvvisamente abbiamo visto un soldato tedesco vestito in nero con calzoni da cavallo. Era in piedi nel mezzo del nostro percorso con le mani sui fianchi e ci fissava mentre ci avvicinavamo. Non c’era niente che potessimo fare se non continuare sulla nostra strada. Ci fissò e seguì con lo sguardo. Si voltò quando passammo ma non ci fermò.

Era parte di un altro miracolo!

Abbiamo raggiunto i cespugli alla base della montagna in pochi istanti e subito abbiamo cominciato la salita. Ho guardato indietro per vedere il soldato che continua a guardare verso di noi. Non appena fummo fuori dalla vista, abbiamo cominciato a correre cercando di mettere una grande distanza tra noi e quella valle.

Circa a metà strada fui sopraffatto da una terribile debolezza creata dallo squilibrio di zucchero nel sangue a seguito del vino dei contadini che avevo bevuto nel campo di grano. Ho svuotato la bottiglia che stavo portando per essere sicuro di non cadere in questa trappola di nuovo. Ero così debole che ho dovuto sedermi e mangiare tutta la mia razione di cioccolato di emergenza prima di ritornare in forma per andare avanti.

Sullo sfondo la Val Manara e il Gruppo del Brenta innevato

In Paganella


4.Dopo una salita di circa 800 metri abbiamo raggiunto il villaggio di Fai della Paganella (1000 metri sl.m.) alle ore 18.30. Lì abbiamo incontrato un giovane caporale italiano che ci disse che era di servizio sulla strada per Mezzolombardo, dove sarebbe rimasto fino alla fine della guerra. Ci ha chiesto se andavamo con lui. Ci abbiamo pensato per qualche istante fino a quando ci siamo resi conto che era troppo rischioso. Ci siamo lasciati e siamo andati nella direzione scelta in precedenza, verso Molveno.

La sera abbiamo raggiunto Andalo (1050m), erano le ore 20.00. Era buio pesto e abbiamo deciso di cercare un riparo per la notte. Avevamo percorso circa quindici chilometri da Lavis.
Ad Andalo, nel buio, stavamo discutendo su cosa fare quando una voce ci ha chiamato in italiano attraverso il buio offrendoci riparo in una stalla per la notte. Il proprietario della voce ci disse che alcuni dei nostri compagni avevano già attraversato il paese e erano sulle montagne.

Non ci volle molto a stabilirci nel fienile accogliente dove abbiamo dormito profondamente fino all’alba. Quella mattina, mercoledì 15, il nostro ospitante ci diede la colazione e ci indicò la via attraverso un sentiero di montagna che, ci assicurò, era il modo migliore per arrivare in Svizzera.

L’attraversata del Brenta


5.Alle ore 09.00 abbiamo iniziato a camminare e ci siamo arrampicati senza sosta per raggiungere un luogo chiamato “Malga Spora” (1315m) dove siamo arrivati alle ore 11.45. Abbiamo riposato e fatto il bagno per poi continuare, attraversando il Passo del Brenta (2731m) alle ore 14.30.

Abbiamo incontrato altri nostri compagni in un luogo chiamato “Tucket” (2656m) alle 15.30. Questi erano Don, Bob, Gordon, Pop e suo figlio Keith. Il nostro ospitante della serata precedente era stato lo stesso uomo che aveva mostrato loro il percorso il giorno prima. Siamo saliti lentamente, fino a raggiungere uno chalet, nei boschi sopra San Antonio.

Le splendide montagne che abbiamo attraversato sono il Gruppo di Brenta, una parte delle Dolomiti, con enormi monoliti torreggianti fino a 3150 metri sul livello del mare.

Il felice epilogo


6.Il diario continua e finisce con l’arrivo, fra mille peripezie, il 20 settembre in Svizzera di tutti i fuggitivi.

Nel 1956 Frenck tornò a visitare i luoghi dove era passato, ecco cosa scrisse:

A Lavis, ho trovato il posto dove ero saltato dal treno e il nascondiglio nelle vigna, ma sarebbe stato inutile cercare di trovare i contadini che avevano trovato Bob, Sandy e me nel campo di grano e portato a noi vino e vestiti. Non potremmo mai sperare di trovare quella donna coraggiosa e i suoi figli, che ci hanno accompagnato attraverso il ponte sul fiume Adige a rischio della loro vita. I nostri aiutanti rimarranno sconosciuti. Loro sono stati davvero grandi.

Chissà se ora dopo quasi 80 anni e leggendo questo articolo qualcuno forse non riesca a ricordare queste persone.

Carlo Refatti

Collezionista e appassionato di storia locale, è stato decorato con la croce nera del Tirolo È autore di alcuni libri sulle vicende belliche della prima guerra mondiale.

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