Lavis. La memoria mi porta indietro di qualche anno, quando ero un giovane ragazzo che con gli amici frequentava l’oratorio di Lavis. Il gruppo giovani di catechesi di cui facevo parte tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta era molto numeroso. Se ben ricordo comprendeva i nati dal 1958 fino al 1964/1965. Eravamo guidati dal parroco don Olivo Rocchetti e dal superiore dei Canossiani Padre Elia. La nostra catechesi era improntata sul fare: ad esempio, quando i contadini potavano le vigne chiedevamo gentilmente di poter raccogliere qualche “sarmentel” che poi legavamo in piccole fascine che portavamo a chi ne aveva bisogno.
Da una idea mia e di Mariano Tomasi il nostro oratorio è stato il primo ad aprire le sale gioco alla sera. Quando abbiamo fatto la proposta ai Canossiani è stata subito ben accetta, con la condizione che il tutto venisse gestito da noi. A dire il vero i primi tempi sono stati abbastanza deludenti, ma spronati da Padre Elia siamo andati avanti e abbiamo avuto le nostre soddisfazioni.
Come gruppo abbiamo fatto alcuni pellegrinaggi alla Comparsa di Pinè. Si partiva alle 4 di mattina: ci si trovava davanti al panificio Dal Prà, che allora era all’angolo di via Zanella. Con il pane ancora caldo si partiva gambe in spalla: prima tappa lago di Santa Colomba, seconda tappa la cooperativa di Fornace e poi su fino alla Comparsa. Si arrivava dopo circa sei ore, in tempo per la messa celebrata da Padre Elia che aveva camminato con noi. Poi si pranzava e nel primo pomeriggio si partiva per il rientro, altre sei ore. Si arrivava a Lavis stanchi ma felicissimi.
Altri bei ricordi sono legati ai campeggi. Bisognava allestire tutto il campo, preparare i basamenti per le tende e poi montarle, preparare il buco che serviva da gabinetto e tutto l’occorrente per lavare i piatti e per la cucina. Alla fine il tutto andava smontato. Era un grosso lavoro, fatto però in grande allegria.
Il campeggio si svolgeva in val S. Valentino, una piccola laterale della val Rendena. Sicuramente chi è passato per quei campeggi difficilmente li ha dimenticati. Senza elettricità e senza acqua corrente, quella che c’era era freddissima perché veniva presa dal torrente, il mitico “Bedu” che scorreva lì vicino. Ricordo ancora che una volta Madre Elda cercando di lavare un pentolone venne quasi portata via dalla corrente impetuosa del Bedu. Non so come riuscì a fermarsi mentre il pentolone veniva portato via. Campeggi impensabili ora ma che erano la norma in quegli anni.
L’attività di catechesi aveva anche i suoi momenti di svago con le varie gite. Una molto attesa era quella invernale all’Alpe di Siusi, ma anche sui passi dolomitici. Poi arrivava il carnevale con i carri e le mascherine, vari tornei e tanto altro. Come gruppo abbiamo anche avuto i nostri confronti e le nostre divergenze, che però venivano subito appianate per far posto, come dicevo prima, al “fare“: e quindi, sempre in sintonia con i Canossiani e con Don Olivo, si procedeva alla nuova iniziativa.
Ho conosciuto la Mariuccia verso la fine degli anni Settanta, quando con il gruppo giovani della catechesi andavamo ad aiutare gli anziani e gli ammalati: portavamo loro la legna per l’inverno, qualche volta tinteggiavamo una cucina o più semplicemente facevamo loro un po’ di compagnia.
La casa di Mariuccia per noi era sempre aperta. Il soprannome di Parisola le era stato dato per via della sua esile corporatura, dovuta anche alla malattia che l’aveva colpita. Colpita solo nel fisico perché, per quanto riguarda il morale, io in quindici anni non mi ricordo di averla mai vista abbattuta. Era sempre allegra e canterina. Mitici erano i suoi toast, quando nel periodo natalizio eravamo impegnati nel grande presepio in chiesa: lei arrivava con la sua carrozzina e aiutata dalla Loretta ci portava anche quaranta toast!
Mariuccia è stata anche la prima, penso, ad avere la messa in diretta a casa, perché con un lavoro di squadra abbiamo tirato un filo con tutto il necessario per ascoltarla. La Parisola abitava in piazza Cesare Battisti e con la sua allegria coinvolgeva tutto il vicinato e si faceva voler bene. Per me conoscerla è stata una esperienza molto positiva, che mi ha dato tanto e fatto crescere. Ancora adesso il suo ricordo e la sua allegria fanno parte delle mie giornate.
Più avanti come qualsiasi gruppo ci siamo un poco sfaldati: chi militare, chi a studiare, chi ha trovato la morosa o il moroso, chi per lavoro. Non avevamo più tempo e la vita ci ha messo davanti nuovi impegni. In poche parole siamo diventati grandi e abbiamo fatto posto ad altri.
Quello vissuto in quegli anni è stato un periodo molto ricco per tutti noi. Le esperienze vissute ci hanno aiutato a crescere e ci hanno formato come uomini e come donne. Vedo ancora con piacere che molti di noi hanno mantenuto questa passione di dedicarsi agli altri e sono ancora impegnati in molti ambiti.
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