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Quando c’era l’autarchia e a Lavis si raccoglievano le ortiche per confezionare i tessuti per i soldati

Lavis. Gli anni difficili della prima guerra mondiale ci venivano raccontati puntualmente e in ogni occasione da nostro nonno Ferdinando (Nando per gli amici). Uno dei suoi racconti riguardava l’estate del 1918 quando anche a Lavis si raccoglievano le ortiche (ortighe). La motivazione è che, stando anche agli storici documenti dell’epoca, queste “forniscono un ottimo supplemento per il cotone che ora ci manca”.

Le ortiche, un surrogato del cotone


1.Era risaputo che da quattro chilogrammi di gambi sani ed essiccati di ortica, si ottenevano le fibre necessarie per approntare una camicia per i soldati. Quindi in quei giorni d’estate – come ci raccontava il nonno – era iniziata la raccolta vera e propria delle ortiche. Un modo come un altro per racimolare qualche soldo in più per poter tirare avanti con tutta la famiglia. Dato però che le forze maschili erano tutte “occupate” per la guerra in corso, il compito della raccolta spettava quindi tutto alle donne e ai bambini di casa. La raccolta delle ortiche era della massima importanza visto anche lo straordinario bisogno di biancheria per i combattenti.

Nel 1917 ne fa testo addirittura una circolare del Capitanato Distrettuale che richiamava tutti i preposti Comunali e i Podestà ad “eccitare” (invitare e coinvolgere seriamente) con un analogo avviso locale l’intera popolazione perché raccolga diligentemente le ortiche, tutte le ortiche, che si trovano sul territorio.


Leggi anche – Vivere nelle retrovie: la Grande guerra a Lavis


Una raccolta programmata


2.Era stato redatto anche un apposito programma dettagliato per la raccolta. Questa doveva iniziare alla metà di luglio per poi concludersi verso e non oltre la fine di ottobre. Si dovevano raccogliere diligentemente tutte le foglie intere e ben fatte, i gambi slanciati e perfetti, nonché tutte le sementi disponibili. Con le foglie, i contadini lavisani, ricavavano un ottimo foraggio per il bestiame della stalla. I gambi delle ortiche invece fornivano la stoppa necessaria a realizzare il filo per i futuri tessuti d’ortica. Infine con le sementi si incrementava sempre di più l’intera coltivazione pro futuro delle ortiche stesse. Quindi bisognava prestare massima attenzione ai passeri soprattutto e agli altri uccelli in generale, che si cibavano prontamente e impunemente delle sementi delle ortiche lasciate sul terreno.

Un’attività scolastica


3.Sempre dai ricordi del nonno Nando abbiamo anche scoperto che nell’operazione di raccolta e relativa protezione delle sementi, in quell’epoca vennero coinvolte direttamente, in modo drastico e persuasivo, le varie dirigenze scolastiche, sia nel capoluogo ma anche dell’intera Regione.

Queste, vista l’importanza fondamentale di questa operazione, dovevano spiegare ed illustrare con ogni modalità a tutti gli scolari, il vero scopo e il giusto modo di procedere nell’intera raccolta. Dovevano anche favorirla e sostenerla pubblicamente all’interno di tutti i plessi scolastici, coinvolgendo direttamente ed espressamente tutte le scolaresche attive di quelli anni.

Le quotazioni


4.In quanto poi ai vari prezzi pagati ai raccoglitori delle ortiche, c’era veramente di che sbizzarrirsi nel favoleggiare e fantasticare sui “lucrosi” guadagni di ogni famiglia impegnata. Un esempio corrente era quello sulla base dei 100 chilogrammi di gambi di ortica, tutti in ordine e di ottima fattura e salute, regolarmente legati in fascine trasportabili ed essiccati al punto giusto: questi venivano pagati ben 35 (trentacinque) corone. Anche per 100 chilogrammi di foglie perfette, anch’esse essiccate e regolarmente imballate alla perfezione, si ricevevano sempre 35 (trentacinque) corone. Ben più alto era sicuramente il compenso destinato alle sementi di ortica raccolte, naturalmente tutte sane e in buono stato: un quintale di queste ultime venivano pagate la bellezza di 100 (cento) corone.

La logistica


5.Il cosiddetto centro di raccolta, chiamato allora “ammasso “ era dislocato nel piazzaletto interno del Municipio di Lavis (entrando praticamente dal portone dopo la chiesetta comunale dedicata a S.Giovanni Nepomuceno e il palazzo confinante dei Romani – ora Casa Zadra).

Il lavoro della raccolta delle ortiche in paese non mancava di certo, dato che le “preziose” e ricercate piante si potevano trovare nei luoghi più disparati e caratteristici di Lavis. I luoghi sempre più battuti e frequentati dai ricercatori d’ogni età erano naturalmente in primis quelli nelle campagne, specialmente vicino ai letamai, i famosi “muci dela grassa” che troneggiavano allora in ogni dove, poi lungo le rogge ed i ruscelli e sopattutto lungo gli argini dell’Avisio e giù fino al ponte dei Vodi e l’Adige. Anche in questo caso era sempre il solito e amico torrente di casa che aiutava la popolazione. Oltre alla pesca delle varie qualità di pesci che si trovavano, dava anche la possibilità della raccolta delle ortiche, abbondanti lungo i suoi argini e le sue sponde.

Tutte le ortiche raccolte presso il Municipio venivano sempre e tempestivamente prelevate direttamente dal più vicino comando militare di zona che era in quel di Trento. Si provvedeva al trasporto – ci ricordava sempre il nostro nonno – con gli appositi carri con le “bene” e i “teloni mimetizzati”. Intanto i responsabili del comando pagavano prontamente tutta la merce, seduta stante, con “precisione, prontezza e tempestività mai vista negli enti pubblici di allora …” .

Le camicie di ortica


6.Bei ricordi quindi, con le camicie che venivano realizzate allora per i militari in servizio, ma non solo per quelli. Qualche capo finiva anche nell’armadio di qualche solito “raccomandato”. C’era qualcuno che diceva, nel corso dei “filò” di casa, allora in voga nelle serate invernali nel caldo delle stalle, che chi di solito ostentava eleganza alla moda con le nuove camicie indossate, sovente si grattasse per la “spizza” (prurito) che aveva dappertutto…Era perché indossava arbitrariamente una camicia cosiddetta “militare” fatta con le ortiche della zona. Qualcuno poi, con le rime poetiche sempre in bocca, si precipitava a recitare seguito dal coro dei presenti:
te grati e te farai sempre fadiga, se te gai la camisa de ortiga!

Giovanni Rossi

Giornalista, scrive per "Vita Trentina". Per decenni è stato il corrispondente da Lavis per "L'Adige". Memoria storica e appassionato di cinema, ha lavorato come tuttofare per il Comune di Lavis fino alla pensione. Scrive per "Il Mulo" dopo essere stato una delle colonne del giornale digitale "La Rotaliana".

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