«Il fiume di Lavis, di la da Trento cinque miglia, divide l’Italia d’Alemagna, secondo dicono quelli del paese» (Macchiavelli)
Lavis. Il Trentino si sviluppa come naturale via di comunicazione e di collegamento fra il mondo tedesco e quello italiano. È a partire dal medioevo – in modo particolare con l’affermarsi del Sacro Romano Impero della Nazione Germanica di Ottone I di Sassonia – che il tratto compreso fra le Alpi (prima il Passo del Resia e poi quello del Brennero) e Borghetto inizia ad assumere una certa importanza strategica. Diplomatici, intellettuali, imperatori, ecclesiastici e mercanti fanno dell’asta dell’Adige la principale via di transito. Il passo del Resia, infatti, costituisce per secoli la via percorsa dai re di Germania per ricevere a Roma, dal Santo Padre, l’investitura a Sacro Romano Imperatore. Fondamentale è quindi il controllo da parte dell’autorità germanica sulla regione dell’Adige. Controllo che si concretizza con il diploma di Corrado II il Salico, dell’anno 1027, con il quale l’imperatore conferisce al vescovo di Trento Udalrico II il controllo sulle contee di Trento, Bolzano e Venosta.
A partire quindi dal medioevo il territorio Trentino e Tirolese trova un posto nello scenario europeo proprio come principale via di comunicazione. Aspetto questo che si accentua nel corso del Settecento con gli scambi fra i domini degli Asburgo e l’Italia. Trento, Rovereto, Bolzano, Brunico, Bressanone e San Candido, (i principali centri della “via d’Italia”) erano anche snodi importanti per le vie di comunicazioni secondarie che collegavano le vallate delle regione con la principale arteria stradale.
Limiti fisici
In molte cronache di viaggio emerge un dato costante: la difficoltà di movimento, montagne anguste e clima non favorevole pure in estate.
La conformazione geologica di un territorio sempre soggetto a slavine e frane mette i viandanti in situazioni di non facile condizione. A dimostrazione di questo sono le cronache redatte dai viaggiatori in transito. Marco Bellabarba e Serena Luzzi, nel volume terzo della collana Il territorio trentino nella storia europea, L’età moderna, (edizioni FBK, Fondazione Bruno Kessler), riportano la testimonianza di un viaggiatore polacco:
Limiti mentali
Non ci sono soltanto difficoltà oggettive e concrete. A rendere difficile il mettersi in movimento ci sono anche limiti e difficoltà mentali. L’immaginario alpino, ricordano sempre Bellabarba e Luzzi, è «fatto di spiriti maligni, draghi, animali mostruosi e anime di peccatori che si crede abbiano scelto di vivere in quei luoghi abbandonati dagli uomini». L’uomo moderno, infatti, è superstizioso. Crede nel demonio, nelle streghe, nei licantropi e nei vampiri. Per tutto il Settecento, e per buona parte dell’Ottocento, le strade dell’Europa orientale, (o della parte orientale dell’Impero degli Asburgo) sono battute, infatti, da specialisti nella lotta contro i vampiri. Atteggiamenti e credenze che mettono l’imperatrice Maria Teresa d’Austria nella condizione di promulgare un editto contro il vampirismo: questo dopo aver affidato al medico di corte, Gerard Van Swieten (1700-1772), il compito di studiare e raccogliere testimonianze, fra il 1718 e il 1732, sull’esistenza o meno dei non morti.
I viaggiatori dell’Età Moderna: testimonianze
Anno 1608; relazione dell’ambasciatore Zustignan Zori:
Fra le cronache di viaggio forse più interessanti troviamo quella di Montesquieu. Il viaggio in Italia di uno dei padri fondatori dell’Illuminismo, si svolge fra il 1728 e il 1729. Qui alcuni estratti:
Bibliografia
Pietro Cafaro, Trasporti e vie di comunicazione, Storia del Trentino, Volume V, L’età contemporanea, 1803-1918,
Edoardo Benvenuti , Nella regione dell’Alto Adige – viaggiatori e studiosi, Archivio per l’Alto Adige, 1908,
Montesquieu, viaggio in Italia, Laterza, 1995,
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molto interessante!!!