Le storie

Padre Luigi Moser, da Palù di Giovo al cuore dell’Africa

Palù di Giovo. Riassumere in alcune righe 50 anni (anche se non continui) di vita missionaria in Congo ed in Ciad, è impossibile. Ecco qualche pennellata per presentare Padre Luigi Moser.

Per 40 anni, dal 1971 al 2011, ha lavorato in Congo (a fine 1971 il Presidente Mobutu l’aveva chiamato Zaire, ma poi era tornato a chiamarsi Congo dal 1997). I primi 3 anni li ha vissuti in una capanna a Dungu (Isiro) tra la popolazione degli Azande, in quell’Africa primitiva e tradizionale che rispondeva pienamente all’immaginario collettivo del continente africano. Era a fianco dei più poveri: con loro, per loro e come loro.

Dopo questa prima esperienza, nel 1974, i suoi superiori l’hanno mandato a Parigi. In terra francese, presso il dipartimento di Etnomusicologia della Sorbona, ha messo a frutto le sue competenze di musicista e suonatore unendole alla sua prima esperienza fatta nel continente africano per scrivere una corposa tesi sulla musica africana e sui messaggi trasmessi col tamburo tra gli Azande dell’Africa Centrale.

Per 7 anni, ha lavorato tra i Mangbetu, la gente con la testa allungata (pratica interdetta verso il 1960).
In seguito è stato mandato a Kinshasa dove per 10 anni è stato parroco di S. Mbaga (uno dei martiri d’Uganda). Questa è una grossa parrocchia di oltre 160.000 abitanti nella periferia della capitale che lui ha suddiviso in quattro parrocchie minori (ora diventate sette). Questa, come dice lui, è stata la sua esperienza missionaria più intensa.

Il missionario dei media


Fra le mille attività è stato anche responsabile degli audiovisivi dei Comboniani, (la FATMO – finestra aperta sul terzo mondo), nell’equipe di Nigrizia a Verona e sempre attivo per l’animazione missionaria attraverso le 256 radio cattoliche italiane e le TV.

Di ritorno in Congo, per 10 anni è stato responsabile e direttore dei media della diocesi di Kinshasa: commissione diocesana dei media, direttore della radio, coordinatore della futura TV, fondatore e direttore della scuola di musica liturgica, e… tanto apostolato.

Nel 2010 una mafia locale, per questione di soldi, gli ha resto la vita impossibile. Per questo nel 2012, dopo un anno di animazione missionaria qui in Trentino, è ripartito, ma questa volta per una nuova avventura missionaria in Ciad, il paese più caldo dell’Africa.

In 50 anni di missione – un’esperienza ricchissima – ha fondato o rinnovato completamente tre radio e una TV. La prima è stata radio Boboto (Pace) a Isiro, proprio lì dov’era stato ucciso dai Simba il 24 novembre del 1964 il comboniano Padre Remo Armani delle Sarche (TN). Dopo è arrivata radio e TV Elikya (Speranza) a Kinshasa. Nel 2012 in Ciad, con il supporto della Provincia di Trento, ha ristrutturato completamente la radio Arc en ciel (Arcobaleno) ed il centro mass media della Diocesi di N’Djamena.

Ora, dopo un anno qui in Italia per la revisione della carrozzeria, come dice lui, rimesso quasi a nuovo è ripartito per una nuova missione. Sarà incaricato pastorale di una grossa fetta della periferia sud di N’Djamena. Fra i suoi compiti ci sarà quello di celebrare la Santa Messa ogni sabato nella prigione della capitale che conta 3.000 detenuti (il 10% di questi sono cattolici), ma produrrà anche dei video pedagogici per i piccoli agricoltori, per la sanità locale e per l’animazione missionaria di quella chiesa.

L’intervista


Prima della partenza Padre Luigi ha voluto rispondere alle tante domande che ha ricevuto in questo anno passato in Italia e che qui proviamo a sintetizzare..

Di tutto quello che hai fatto in cinquant’anni di missione cosa rimane adesso?

TUTTO! E funziona, a modo loro naturalmente. Solo per la scuola di musica a Kinshasa non ho trovato chi mi poteva sostituire, ma gli alunni stessi (un centinaio), nelle loro parrocchie danno la formazione ad altri. Ho sempre cercato di lavorare sui moltiplicatori secondo il motto del Comboni “Salvare l’Africa con l’Africa”, e con la musica, umanamente parlando: miracoli perché i congolesi sono veramente dotat, in Ciad invece è tutta un’altra cosa.
Quanto al lavoro strettamente pastorale, la risposta è sempre stata sublime e molto incoraggiante. Se tornassi in Congo, per quanti si ricordano, sarebbe un’apoteosi

Umanamente parlando, la sua è stata una missione notevole: dalla capanna ai satelliti e le tecnologie moderne. Un cammino agevole?

No, no, tutt’altro. Entusiasmante si, ma le sofferenze e gli imprevisti erano sempre dietro l’angolo. Con il rischio a volte di lasciarci la pelle.

Per esempio?

Già nei primi mesi mi son trovato a quattrocchi con un grosso cobra naja sul tetto della mia capanna. Era un fulmine: me lo son visto a 10 cm dal naso, m’ha fissato con gli occhi sbarrati (ed io ancor di più) e la lingua scodinzolante biforcuta, Ma non ha avuto il tempo né di sputare, né di mordermi perché sono stato più veloce io.
Ancora peggio poteva andare a fine settembre del 1992 a Kinshasa, dopo il grande saccheggio della città. A notte fonda due persone,  vestite da militari, sono venuti con il kalashnikov per rubarmi la macchina, una piccola Suzuki. Per quindici minuti uno mi ha tenuto la canna del fucile sul ventre, mentre il mio confratello voleva addirittura aggredirlo dal di dietro: una pazzia.
Per fortuna, posso ancora raccontare tutto questo. E quante ne avrei da aggiungere… ma la missione ha sempre vinto.

Da dove le viene tutta questa forza e questa gioia di ripartire?

Dalla missione. Ho dato tanto, ma ho anche ricevuto moltissimo. La missione africana m’ha aiutato ad essere sempre più me stesso. In pericolare, mi ha liberato da tre forme di schiavitù.
La prima è l’idea falsa di Dio che abbiamo in testa. Un Dio dell’Antico Testamento, l’Onnipotente da pregare, supplicare, intercedere. Un Dio che purtroppo è il nostro idolo da realizzare ma che ha ben poco a che vedere con il Padre di Gesù, un Dio tutto e solo amore, che ci prega e ci supplica, che muore in croce per noi.
La seconda è la schiavitù del sesso e della carnalità che non permette di amare in libertà senza lasciarsi travolgere né dall’uno, né dall’altra.
La terza schiavitù sono i soldi e il potere, Usarli si, ma solo per il bene altrui. Infatti, più ne do e più ne ricevo. La mamma mi ripeteva: non preoccuparti Luigi, di soldi ne faranno anche dopo di noi.
Anche per questo, la camicia comboniana o vaticana mi andava sempre stretta…
E questa libertà spesso è stata sorgente di gelosie e anche di grossi problemi… ma la missione ha sempre vinto.

Il Ciad è il paese più caldo dell’Africa, ma il clima politico e sociale com’è?

C’è molta violenza ed i ciadiani sono dei guerrieri. Siamo anche circondati da paesi quasi sempre in guerra: sopra la Libia, a destra il Sudan del Sud, ai pedi il Centrafrica e a sinistra il Nord Nigeria.
In aprile il nostro presidente Idriss Deby è stato ucciso da una colonna di rivoltosi che scendevano dalla Libia per prendere il potere. Lui però aveva già previsto, come successore, uno dei suoi tanti figli. Quelli del Sud hanno protestato, reclamando le elezioni, ma col grilletto: 15 morti,e s’è risolto il problema. Non se ne parla più,

Ma, dopo 50 anni, perché non si ferma qui da noi?

No. “Voi avete la legge ed i profeti”, direbbe Gesù.
Certo che qui si vive 10 volte meglio. Ma, mi sento ancora utile, molto più laggiù che qui. Loro vogliono crescere in tutti i sensi ed hanno diritto anche loro di partecipare a tutta la nostra ricchezza spirituale e materiale.

E in Congo non è più andato?

No. Adesso poi con il covid le cose sono più complicate, però sono sempre in contatto, e molti amici qui mi permettono di aiutare parecchie decine di bambini ad andare a scuola laggiù. Qualche goccia va anche a molte famiglie numerose, meritevoli e bisognose che conosco personalmente. La situazione a Kinshasa è miserevole, nonostante il sottosuolo del Congo sia ricchissimo. La città è un mostro di 18 milioni di abitanti (più di quelli di tutto il Ciad) che non produce nulla, solo fame, mentre i grandi politici vivono da nababbi.

E a noi cosa dice?

Ripeto sempre che noi qui viviamo in un paradiso terrestre; una realtà meravigliosa, anche se certe cose potrebbero andare meglio.
La nostra qui è una società godereccia, che si autodistrugge: le cifre, i dati, le problematiche… lo fanno capire chiaramente. Forse sen masa tesi.
Tuttavia dobbiamo credere che questo è il nostro kairos (tempo opportuno).
Spazio quindi, sia nella società come nella Chiesa, alla creatività protagonista, e… chi vivrà, vedrà.

Ultimamente Padre Luigi ha prodotto dei video molto interessanti disponibili su Youtube.

l’Africa giovane, vicina e ricca, 60’ – informazioni sull’Africa e la sua cultura tradizionale

l’Evangelizzazione dell’Africa, specialmente dal Concilio Vaticano II

Incontro via Zoom del 17 settembre 2021

Padre Luigi Moser

Nato nel 1942 a Palù di Giovo, ma di casa anche a Lavis. Missionario comboniano ha seguito la sua vocazione che lo ha portato a vivere gran parte sua vita in terre lontane. E’ stato missionario secondo lo stile del Comboni “Salvare l’Africa con l’Africa” per 40 anni in Congo. Ora da 9 anni è in Ciad

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