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Passeggiando sulle colline avisiane: Maso Clinga

Lavis. Quella dei masi è una delle forme di colonizzazione e di gestione del nostro territorio più antiche e diffuse. Il primo documento che attesta la presenza di masi sulle colline avisiane risale al 1235. Già nel Medioevo quindi tutta la zona era colonizzata a maso e questo non solo su incentivazione dei monasteri ecclesiastici della zona, che ne erano proprietari o avevano forti interessi economici nella loro gestione, ma anche per interesse dei capitani di Königsberg e di molti nobili che avevano interessi feudali in zona.

In un documento del 1328 possiamo trovare per le prima volta un elenco dei masi esistenti sulle colline di Lavis. Sono quattro: mansus, dominae Bonae, mansus dominae Montanarae, mansus quondam Jacobi de Dosso e mansus quondam Conzii de S. Petro. A questi primi masi se ne aggiunsero altri con la “germanizzazione” della zona, cioè con la concessione di locazioni a coloni di lingua tedesca. Furono questi coloni (i roncadori) che disboscarono e resero coltivabili ampie porzioni di terreno strappandole ai boschi del Monte dell’Adige.

Il maso


Il maso è quindi una tipica forma di ordinamento aziendale a cui corrispondono specifiche caratteristiche sia architettoniche sia di gestione.

Solitamente i masi si caratterizzano per la presenza di più edifici. Accanto alla struttura abitativa, più o meno prestigiosa, ci sono altre costruzioni adibite a stalla e fienile. Questo nucleo abitativo è il centro organizzativo del territorio circostante, che viene gestito in modo da garantire l’autosufficienza al maso e ai suoi abitanti. Troviamo quindi una ripartizione dei possedimenti del maso coltivati a orto (nelle vicinanze delle abitazioni), prato, frutteto, vigna e bosco. Chiaramente sono sempre presenti anche gli animali, in particolare bovini, suini e animalo da cortile.

Con l’evoluzione dei centri abitati vicini e l’implementazione dei trasporti e del commercio questa caratteristica dell’autosufficienza scompare o è comunque fortemente limitata e quasi tutto lo spazio è lasciato a poche colture, in prevalenza la vite.

Altra caratteristica comune a molti masi è la presenza di una chiesetta o di un capitello, segno del collegamento con qualche ordine religioso.

Chiesetta di Maso San Valentino

Maso Clinga


I primi documenti che citano Maso Clinga risalgono al 1383. Si tratta quindi di un toponimo molto antico che sembra avere un’origine curiosa. Il termine Clinga potrebbe infatti derivare dal tedesco “klingen=tintinnare, suonare” in riferimento al rumore che facevano con il martello i minatori delle vicine miniere di galena argentifera, i “busi canopi”. Questa zona viene citata in molte investiture minerarie del XV secolo come “in der Klingen am Nefas” ossia “alla Clinga di Lavis”.


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Il maso era sorto sicuramente in una posizione strategica in quanto si trovava anche nelle immediate vicinanze della “strade delle careghe”, l’antica via che collegava la Valle di Cembra con la Valle dell’Adige in direzione nord.

Da un punto di vista architettonico Maso Clinga ha sicuramente una derivazione nobiliare. Il maso era infatti composto da due corpi abitativi: la casa nobile e quella rurale.

Il palazzo si presenta con un’ampia facciata simmetrica.  Le finestre del primo e secondo piano sono decorate con cornici a bugnato e quelle nella parte centrale diventano bifore. Di particolare pregio è anche il portale archivoltato del XVII secolo che nella chiave di volta ha lo stemma nobiliare degli antichi proprietari del maso, i conti Eccli. Anche all’interno sono presenti alcuni elementi signorili come la scala in marmo bianco e il soffitto a cassettoni.

La casa rurale era invece molto più modesta. Il piano terra era adibito a stalla mentre al primo piano alloggiavano i mezzadri. Il secondo piano era invece il fienile del maso.

Oltre alla classica funzione agricola, Maso Clinga per un breve periodo ospitò anche la scuola di Pressano. Durante la seconda guerra mondiale infatti il comando militare tedesco occupò la scuola in paese e quindi scolari e maestri si trasferirono “alla Clinga”. Fra il resto la posizione del maso garantiva anche una protezione maggiore dai bombardamenti dell’aviazione angloamericana.

Le attività di Maso Clinga


Come abbiamo visto, in passato i masi erano autosufficienti o quasi. Oltre alla coltivazione dell’uva, che occupava la maggior parte dei possedimenti, a Maso Clinga si coltivavano frumento, segale e granoturco. Una parte dei terreni erano lasciati a prato e una parte era coltivata a orto. Inoltre erano presenti numerosi animali da fattoria, in modo particolare le galline, che producevano le uova vendute sui mercati locali.

Nel corso dell’Ottocento in Trentino era molto diffusa la bachicoltura: anche a maso Clinga venivano coltivati gelsi e in alcuni locali ben areati venivano allevati i bachi da seta che rifornivano di bozzoli le numerose filande del paese di Lavis.

Oggi la produzione agricola del maso è concentrata quasi esclusivamente sulla viticoltura: negli splendidi vigneti che si affacciano sulla Valle dell’Adige vengono prodotte uve di Chardonnay, Traminer e Nosiola.

La cronologia dei proprietari di Maso Clinga


Da alcuni documenti è stato possibile individuare alcuni dei proprietari che hanno abitato il maso. Nel 1420 vi abitava un certo Michele fu Enrico di Appiano. Nel 1460 risulta proprietario un certo Nicolò Olans e nel 1466 Pietro fu Udalrico Dorner da Breunen in Baviera. Nel 1466 il proprietario è Leonardo Clinger, nel 1568 Adolfo Bortolotti di Vigo Meano e nel 1589 Cristoforo Longo.

Nell’elenco dei fuochi dei Masi della Comunità del 1626, il maso risulta diviso e proprietà del nobile Pancrazio Campo e di Salvador Luchin. Nel 1640 la proprietà risulta della famiglia Foppul. Nel 1641 risulta di proprietà di Matteo Tamè e nel 1778 di Giuseppe Pilati.

Nel catasto del 1810 è proprietà di Giovanni Gualberti. La proprietà passa poi al conte Ludovico Eccli, che risulta essere proprietario nel 1855, poi a Giacomo Felice Bortolotti, ad Antonio Angelini e infine, nel 1921, il maso viene venduto a Luigi Pilati fu Sebastiano. Ancora oggi i suoi eredi sono i proprietari e abitano il maso.

Daniele Donati

Nato a Trento nel 1972, laureato in Economia Politica all'Università degli studi di Trento. Impiegato commerciale è appassionato di economia e di storia. Attualmente è vicepresidente dell'Associazione Culturale Lavisana.

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