Lavis. Era appena finita la prima guerra mondiale e già in Trentino si sentiva forte l’esigenza di ricordare quell’immane conflitto, in cui avevano perso la vita a 10 milioni di uomini. Questa commemorazione fu un fenomeno culturale che esaltò i vincitori e lasciò invece i vinti nel dimenticatoio. In Trentino fu una “monumentalizzazione” della Grande Guerra attraverso l’intitolazione di vie e piazze agli “eroi” che erano morti fra le fila del Regio Esercito. A dominare quindi erano Cesare Battisti, Fabio Filzi e Damiano Chiesa.
La memoria della guerra è una memoria differenziata e conflittuale che “esalta” e “ricorda” i trentini (circa 700 volontari) che hanno combattuto con divisa italiana. È una memoria che premia i vincitori e oscura i vinti. Il ricordo dei soldati caduti con divisa austroungarica, circa dodicimila, fu confinato all’interno delle mura domestiche e dei cimiteri.
In questo contesto storico si inserisce la posa della lapide in memoria di Barbara Rossi, che è possibile trovare su una casa all’incrocio delle vie Damiano Chiesa e Fabio Filzi a Lavis.
Nel comune di Lavis non esistevano infatti lapidi in onore dei volontari irredenti nell’esercito italiano della guerra 1914-1918, come invece accadeva nella città di Trento e soprattutto in quella di Rovereto.
Per la “Legione Trentina”, però, si doveva trovare assolutamente un modo per poter immortalare l’irredentismo trentino anche nel comune lavisano. E il roveretano Metello Azzolini, che era farmacista a Lavis, lo trovò. Si trattava di un’avola di Damiano Chiesa, una certa signora Barbara Chiesa nata Rossi.
Così tra Lavis e Rovereto nacque un comitato per onorare tale signora, composto dallo stesso Azzolini, da un certo Ceola, un Zilio, un Meneghetti e don Rossaro, tutti di Rovereto. La formazione di questo comitato viene confermata anche da una cartolina postale inviata da Metello Azzolini a Ciro Marchi di Lavis. In questo documento l’Azzolini dice che aveva chiesto al Sindaco di Lavis se poteva porre sulla casa Concin una lapide in ricordo.
Stando alle sue ricerche, in quella casa era nata l’avola di Damiano Chiesa. E proprio l’anno in corso, il 1923, sarebbe stato il centesimo anno della nascita. Le spese del lavoro sarebbero state a carico dello stesso comitato.
Carissimo Ciro.
Ho ricevuto risposta dall’Egregio Signor Sindaco di porre l’epigrafe in Casa Concin (Via Damiano Chiesa) essendo il centenario della nascita dell’avola di D. Chiesa, nata Rossi 1823, 3 dicembre.
Il marmo lo porteremo noi.
Io verrò senza fallo a Lavis assieme all’amico cav. Don. Rossaro – Ceola – Zilio – Meneghetti…
…Porterò pure anche le cartoline – Chiesa e Filzi colle firme dei genitori.
…riferisce pure se le sorelle non hanno nulla in contrario, che assieme a don Rossaro verrebbe anche l’intimo – e unico amico Alberto Farinati…
Aff. Metello
Fra i componenti del comitato per la lapide di Lavis, come abbiamo visto, c’era anche don Antonio Rossaro, irredentista, nota figura del panorama culturale roveretano e promotore della realizzazione della Campana dei Caduti di Rovereto. Questi però il venerdì 22 giugno, cioè due giorni prima dell’inaugurazione, diede forfait e con una cartolina comunicò la sua mancata partecipazione all’evento di posa della targa.
Nonostante l’assenza di don Rossaro, la macchina organizzativa era già avviata. Con la risposta positiva dal Sindaco di Lavis il comitato roveretano aveva deciso e avviato il lavoro di posa della lapide. La cerimonia si tenne domenica 24 giugno 1923.
Ma questo probabilmente non era abbastanza e nonostante la rivisitazione della toponomastica di alcune vie della borgata, l’Opera Nazionale Dopolavoro Fascista di Lavis, venutasi a formare in seguito negli anni Trenta, decise di intitolare anche la sezione Filodrammatica locale a Damiano Chiesa.
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