Fai della Paganella. Ci siamo imbattuti nel nome di Emilio Strafelini per caso, quando abbiamo scoperto che in Paganella esiste un anfratto chiamato “il Covelo dello Strafelini”. Sono bastate poche indagini per far emergere subito dettagli particolari che ci hanno portato a conoscere questo singolare personaggio, che ebbe una vita decisamente avventurosa.
Emilio Strafelini nacque a Rovereto il 3 febbraio del 1897. Il padre era un facoltoso possidente e la madre, Rosina Genoveffa Perli, era originaria di Zambana. Già giovanissimo entrò in contatto con alcune persone di spicco dell’irredentismo roveretano e prima dello scoppio della Grande Guerra fuggì in Italia (allora il Trentino faceva ancora parte dell’impero austro-ungarico).
Di questo suo primo esilio sappiamo poco. Probabilmente si stabilì a Roma e lì si iscrisse al Partito Socialista Italiano.
Tornato a Rovereto dopo la guerra, si schierò in prima linea a fianco degli operai nelle agitazioni organizzate per rivendicare gli aumenti salariali e la riduzione delle ore nella giornata lavorativa. Si trattava di un movimento che investì tutta Europa e che passò sotto il nome di “Biennio Rosso”. Come delegato del PSI di Rovereto partecipò anche al movimentato congresso di Livorno, dove si schierò contro le posizioni dei comunisti.
Il Trentino era stato ufficialmente annesso al Regno d’Italia il 10 ottobre del 1920 e l’anno dopo questo argomento era ancora sensibile tra la popolazione. Il 1921 era anche il sesto centenario della morte del Sommo Poeta, divenuto suo malgrado simbolo dell’unità politica Italiana. Strafelini decise quindi di organizzare per il giorno 20 settembre (altra data simbolo che ricordava la breccia di Porta Pia) un’azione spettacolare: sorvolare la città di Rovereto lasciando cadere volantini che celebrassero l’unità d’Italia.
Ecco come andò a finire secondo quanto riportato dal quotidiano Il nuovo Trentino diretto da Alcide De Gasperi:
Lo sfortunato episodio divenne però una fortuna per il Museo Storico della Guerra di Rovereto. Strafelini decise infatti di regalare l’aereo danneggiato al museo. Quello di Rovereto è uno dei due esemplari di Nieuport 10 tuttora esistenti al mondo e l’unico ad avere ancora la sua livrea mimetica originale.
Strafelini portò le sue lotte sindacali anche in giro per l’Europa. In Francia fu al fianco dei minatori e dei lavoratori del vetro. Nel 1925, in Francia, sottoscrisse il manifesto contro il fascismo dei sindacati all’estero. Rientrato in Italia nel 1927 venne subito arrestato e mandato al confino in quanto sospettato di aver complottato per un attentato a Mussolini. La questura di Roma lo definì “di carattere leggero passionale ed alquanto squilibrato”.
Nel 1933 valicò clandestinamente il Brennero e girò gran parte d’Europa. In quell’anno lo troviamo a Parigi come rappresentante della Lega Italiana per i Diritti dell’Uomo. Poi si trasferì a Bordeaux e infine a Marsiglia. Nel 1936 fu tra i primi italiani che giunsero a Barcellona per partecipare alla guerra civile spagnola.
La sua indole però anche in questo caso fece emergere alcuni dissidi con i suoi superiori e dopo l’eroica presa di Teruel abbandonò la Spagna e fece ritorno in Francia.
Nel 1940 venne arruolato, contro la sua volontà, per lavorare alle difese militari contro i tedeschi. A Dunkerque la sua compagnia finì sotto il fuoco dei tedeschi e nella confusione riuscì a fuggire, prima a Bruxelles e poi in Italia.
Appena rientrato in Italia venne arrestato, processato e condannato a cinque anni di confino da scontare sull’isola di Ventotene per le sue posizioni anarchiche e antifasciste.
Dopo la caduta di Mussolini, il 25 luglio del 1943, non venne rilasciato, bensì, in quanto anarchico, trasferito in un campo di concentramento in Toscana. Da lì non fu difficile per lui fuggire nuovamente e si unì subito alla resistenza armata dei partigiani livornesi.
Non riuscendo a stare lontano dalle zone più calde tornò in Trentino, nel paese natale di sua madre, dove fondò il CLN di Zambana. Essendo rischioso stare in paese, Strafelini decise di rifugiarsi nel boschi della Paganella. Qui visse per un periodo in una grotta, che poi prese il suo nome, con la sola compagnia di un fucile, una pistola e una radiotrasmittente. Dall’alto aveva una visione su tutta la valle dell’Adige e attraverso la radio poteva comunicare agli alleati la disposizione delle forze tedesche nella piana. Aveva anche un codice per comunicare agli alleati quando dovevano tornare a bombardare il pont dei Vodi dopo che la linea ferroviaria era stata riparata dai tedeschi:
Nella sua missione lo Strafelini però non era da solo. Gli abitanti di Fai e di Zambana erano soliti aiutarlo lasciando nei pressi della grotta i rifornimenti di cibo e altri generi di prima necessità.
Nel dopoguerra lo troviamo sempre attivo politicamente. Alle elezioni del 1948 si candidò al Senato nelle liste del Fronte Democratico Popolare (lista che comprendeva sia il Partito Comunista sia quello Socialista). Nel collegio di Rovereto raccolse più di 10.000 voti ma questo non bastò per essere eletto, in quanto la Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi raccolse oltre il 48% dei consensi e conquistò la maggioranza assoluta dei seggi.
Si stabilì quindi a Milano dove lavorò come segretario provinciale della CGIL dei chimici e amministratore della locale federazione socialista. Nel 1958 tornò in Trentino e per un paio d’anni lavorò come custode al mausoleo di Cesare Battisti sul Dos Trento. Infine nel 1959 si stabilì definitivamente a Fai della Paganella lasciando in eredità ai giovani del posto i racconti della sua vita avventurosa. Morì il 4 dicembre del 1964.
Un ringraziamento particolare a Paolo Cova e Enzo Marcon per le molte informazioni e le fotografie.
Per approfondimenti:
Giorgio Betti, Paolo Cova, Il Covelo dello Strafelini, in Atti del XV Convegno Regionale di speleologia del Trentino-Alto Adige, 2012, Società degli Alpinisti Tridentini
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