Lavis. Siamo in piena Belle Époque e anche a Lavis, piccolo paese ai margini del grande impero di Francesco Giuseppe, arriva il vento di ottimismo partito dalla Francia. È un periodo di relativa tranquillità dopo i trambusti di fine Ottocento e la tecnologia progredisce rapidamente. L’utilizzo dell’energia elettrica si diffonde, ci sono nuove scoperte mediche, si diffonde la radio e compaiono anche le prime automobili. I teatri tornano a essere affollati e nascono le prime sale cinematografiche. C’è un miglioramento generale delle condizioni di vita e si diffonde un senso di ottimismo.
L’illusione verrà spazzata via pochi anni dopo quando tutta Europa finirà nel baratro della prima guerra mondiale, ma intanto quegli anni sono vissuti con spensieratezza. Sia l’amministrazione pubblica sia gli imprenditori privati cavalcano questi sentimenti e la borgata di Lavis viene profondamente rinnovata.
In questo clima Teodoro Nicolodi, approfittando della costruzione della nuova ferrovia elettrica Trento-Malè (a questo link potete trovare qualche informazione in merito), nel 1909 chiese al Comune il permesso di costruire, vicino alla stazione di Lavis, un moderno albergo.
Ecco cosa riportava il giornale Vita Trentina nella sua uscita di dicembre 1909:
Come naturale conseguenza si doveva avere un aumento di alberghi. E all’uopo ci pensarono i due bravi e intraprendenti fratelli signori Nicolodi che inaugurarono da poco un elegante albergo in tutta vicinanza alla stazione
Il nuovo albergo sembrava veramente uscito uscito da una cartolina di Parigi di inizio secolo. Un’elegante facciata e una grande sala al piano rialzato. Al primo e al secondo piano c’erano invece le stanze per gli ospiti, definite nell’articolo come “elegantemente ammobigliate”. Sul lato dell’albergo verso la stazione c’era anche un piccolo giardino che “in primavera ed in estate sarà la delizia del pubblico”.
Con l’arrivo della guerra il clima cambiò completamente e tornarono ad acutizzarsi gli antichi contrasti che erano rimasti sopiti per qualche anno. Al centro di questi intrighi si trovarono l’albergo e i suoi proprietari.
I fratelli Nicolodi erano fedeli all’imperatore e ferventi austriacanti. Il 20 gennaio del 1916 i gendarmi di stanza a Lavis arrestarono l’impiegato comunale, Giuseppe Cobelli, con l’accusa d’irredentismo. Tra gli accusatori c’era anche Luigi Nicolodi, che contribuì con la sua deposizione a mandare il povero impiegato in carcere a Salisburgo.
Qualche anno dopo le parti si invertirono. Nel 1918 la guerra era appena finita e l’impero dissolto. Questa volta fu Luigi Nicolodi ad essere accusato dagli ufficiali del Regio esercito italiano di austriacantismo e dopo le testimonianze dei suoi detrattori venne deportato in un campo in Calabria dove rimase per qualche mese.
Nel 1920 l’albergo passò di mano e venne acquistato dalla famiglia Mosaner. I nuovi proprietari chiesero il permesso di costruire, dove prima c’era una terrazza, una nuova parte di edificio. La nuova porzione di edificio venne realizzata con modalità completamente diverse, in stile liberty, con decorazioni floreali e linee più sinuose. Mascheroni grotteschi vennero posti a decorazione della facciata del primo piano mentre sotto il grande cornicione vennero posti gli scudi con il monogramma dei fratelli Mosaner.
L’albergo continuò a lavorare per più di un decennio. Il grande salone del primo piano del nuovo edificio ospitava i concerti del famoso coro Orfeo di Lavis. Ma nuove nubi stavano per addensarsi sopra l’albergo e un nuovo episodio pose fine a questa gloriosa attività.
Stiamo parlando del caso dell’avvelenamento di don Giovanni, il braccio destro di don Celestino Brigà. Di questo episodio, che di fatto decretò la fine dell’Albergo alla Tramvia, vi abbiamo già parlato in un precedente articolo che vi invitiamo a leggere.
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