Burgos (Spagna). Recentemente il Gruppo Speleologico di Lavis è salito agli onori della cronaca non tanto per la scoperta di qualche nuova grotta o per un’esplorazione avventurosa. No, questa volta a far parlare di questo dinamico gruppo di Lavis, e addirittura in terra spagnola, è stato un originale scatto fotografico realizzato qualche anno fa. Si tratta de “l’ultima cena” una fotografia che riproduce perfettamente il capolavoro di Leonardo Da Vinci realizzata in una grotta che si trova nei pressi di Lavarone.
Lo scatto è stato premiato con il secondo posto al concorso internazionale di fotografia indetto dal GRUPO ESPELEOLÓGICO RIBEREÑO.
“Erano ormai più di due anni che avevo in mente questo scatto, il problema principale era trovare tredici persone che avessero voglia di passare una giornate a provare lo scatto” – ci racconta Daniele Sighel -“Secondo problema, il luogo, una grotta adatta e comoda per poter portare tutto il necessario per lo scatto, tavoli, panche, piatti tovaglie e tutto quello che serviva per cercare di riprodurre il più fedelmente possibile il famosissimo dipinto di Leonardo da Vinci”.
Dopo aver scartato alcune ipotesi il fotografo e gli amici speleo trovarono il posto ideale: il Covelo di Rio Malo, una cavità carsica sita vicino a Carbonare di Folgaria. Una domenica mattina i tredici erano all’imboccatura della grotta con tutto pronto: tavola, panche, tovaglia, l’attrezzatura da speleologi e una stampa dell’opera originale per riprodurre le posizioni corrette.
“Quante prove abbiamo fatto? Non tante in realtà, siamo stati proprio bravi” – ci confessa Daniele – ” e dopo la foto abbiamo anche avuto il tempo per mangiare e bere tutti assieme”.
Ma chi sono i protagonisti dello scatto premiato? Ecco i loro nomi: Daniele, Cecilia, Paolo, Andrea, Enzo, Irene, Giovanni, Mascia, Maria, Dorilena, Giorgia, Borislav e Alessio, dietro le quinte Samuele. A voi adesso l’arduo compito di riconoscere chi stanno interpretando.
Poco prima della frazioni Piccoli, a Lavarone, c’è una grotta di origine carsica che era abitata fin da epoche remote, antecedenti il periodo romano. Molto probabilmente questo anfratto era sfruttato come fortezza in quanto dominava la via di transito sottostante, l’antica strada dell’Ancino. Non è da escludere anche che servisse per il pagamento del dazio per chi transitava su questa importante via di comunicazione. Questa ipotesi sarebbe anche confermata da un toponimo del luogo, infatti li vicino esiste la frazione che ancora oggi si chiama Dazio.
L’entrata della grotta è in alto ed è raggiungibile solo con una scala. In passato questo consentiva una difesa più agevole e la scala poteva essere recuperata in caso di attacco. La grotta è piuttosto grande: lunga 30 metri, larga 6 e alta 10.
Nella grotta, che è stata utilizzata fino al sedicesimo secolo, sono stati trovati frammenti di ceramica, vetri, giavellotti e resti di travature del pavimento.
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