Caldonazzo. Il Trentino è una terra ricca di storie e tradizioni popolari che in modo più o meno fantasioso hanno raccontato fatti che si sono svolti nella notte dei tempi. Con questa nuova rubrica “Leggende e misteri del Trentino” abbiamo cercato di raccogliere alcune di queste storie. Partiamo oggi dalla Valsugana.
Un tempo lontano, nella parte della Valsugana oggi bagnata dalle acque del lago di Caldonazzo, si trovava una bella e verde vallata con due ricche città: Susa e Caldón.
Gli abitanti di Susa e Caldón erano ricchi. Tutti vivevano in belle a grandi case di pietra e marmo. I più ricchi in sontuosi palazzi. La gente passava gran parte del tempo a crogiolarsi nell’ozio a bere vino e mangiare del buon cibo.
Gli abitanti erano famosi per essere avidi e per nulla caritatevoli. Persino i sacerdoti erano avidi e guai al poveraccio che avesse solo pensato di bussare alla porta della sacrestia per chiedere cibo.
Susa era protetta da alte e possenti mura merlate. Gli abitanti non volevano, infatti, vedere circolare per le vie e nelle piazze poveri e vagabondi. Ai quattro ingressi guardie armate presidiavano giorno e notte il perimetro affinché nessun mendicante potesse entrare.
Un giorno si avvicinò, ad uno degli ingressi, un povero mendicante in cerca di un tetto e di una minestra calda, ma due guardie armate lo fermarono bruscamente facendolo cadere a terra. «Vattene vecchio -urlò uno di loro- qui non c’è posto per te». «Tornada dove sei venuto -disse l’altro- e non farti più vedere». «Ma io -disse il povero mendicante in ginocchio- cerco solo un tetto sopra la testa per la notte e una zuppa calda». «Ti abbiamo detto che qui non ti vogliamo. Prova ad andare a Caldón…forse lì saranno più misericordiosi di noi».
Il vecchio si alzò quindi in piedi e si diresse, a malincuore, verso la vicina città di Caldón. A differenza di Susa, Caldón non era protetta da mura e quindi poté arrivare fino alla piazza della chiesa. Lì chiese ad una giovane donna un tozzo di pane ma fu subito fermato da due guardie armate: «vattene poveraccio -dissero in coro di due gendarmi. Qui non sei il benvenuto».
A quel punto, triste affamato e infreddolito, il povero mendicante si diresse verso la Marzola. Appena imboccata l’antica strada, che oggi conduce al passo, notò una piccola e umile casetta appena fuori dal bosco. Era in pietra e in legno, con annessa una piccola stalla con pollaio. E poco distante un orticello. Dal camino fuoriusciva un esile fumo.
Il nostro povero mendicante tentò la sorte. Giunto sull’uscio bussò alla porta. Ad aprire fu una donna. «Buongiorno -disse la donna con voce gentile. Avete bisogno?». «Sì – disse il mendicante. È tutto il giorno che cerco un piatto caldo e un luogo dove passare la notte. Sono stato cacciato da Susa e Caldón». «Mi spiace -disse la donna. Non dovrebbe essere stato facile per voi, signore, affrontare gli abitanti di Susa e Caldón. Su venite dentro. Non ho moto da offrire. Sono vedova e vivo con i miei piccoli figli. Ma in qualche modo facciamo». I quattro divisero una tazza di latte caldo, un paio di uova e un tozzo di pane.
Giunta l’ora di andare a dormire, la donna accompagnò il mendicate alla stalla: «vi posso mettere qui per la notte perché in casa non ho posto». «Vi ringrazio per l’ospitalità -disse il mendicante. Siete una persona buona. Questa notte succederà qualcosa spaventoso. Qualunque cosa accada, però, non aprite per nessun motivo la finestra».
Arrivò la mezzanotte e il cielo diventò nero. Un forte vento invase la valle e un forte temporale iniziò ad abbattersi su Susa e Caldón. I fiumi in piena travolsero le mura, le case e le chiese delle due città. La vedova e i figli rimasero in casa con le finestre ben chiuse. Al mattino un grande lago copriva l’intera vallata. Gli abitanti di Susa e Caldón furono spazzati via per la loro avarizia. Quel lago prese il nome di Caldonazzo.
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