Inverno del 1944: don Alfonso era un cappellano alla sua prima esperienza in parrocchia. In canonica, oltre all’arciprete, c’era un secondo cappellano in servizio, poi c’era il catechista. Era un monsignore di Rovereto in pensione e un grande amico dell’arciprete. Tutti i sabati e le vigilie delle feste più importanti veniva anche il padre francescano a dare manforte nel lavoro pastorale, aiutando in particolare nelle confessioni dei fedeli.
Ma il nostro cappellano non curava solamente le anime, i ragazzi dell’Oratorio e i cantori del Coro Parrocchiale: curava anche una grande passione personale, che era quella della radio. Fin da giovane aveva fatto l’apprendistato su una rudimentale radio a cristallo di galena che si era autocostruito con i vari pezzi trovati qua e là da amici e conoscenti. Questa radio se l’era portata anche in Seminario, naturalmente con il regolare permesso dei superiori e anche del suo padre spirituale.
Don Alfonso si portò in canonica anche tutto il suo armamento radiofonico, racchiuso in una grande e capace valigia. Il problema si presentò sin da subito: dove si poteva ascoltare tranquillamente e indisturbati anche la famosa “Radio Londra”? Non certo in canonica – pensò subito don Alfonso – anche perché la casa parrocchiale era sorvegliata, insieme allo stesso arciprete, sia dai fascisti locali sia dai tedeschi occupanti.
E dove, allora, se non in chiesa, nel silenzio di un confessionale, nascosta agli occhi indiscreti dei curiosi e dei fedeli? Infatti, ce n’erano parecchi di confessionali all’interno dell’arcipretale, ben sei, dislocati lungo le pareti laterali e negli angoli più discreti; altri due si trovavano anche in sacrestia, venivano utilizzati però solamente nelle festività di Pasqua e di Natale quando c’era la ressa dei fedeli…
Il confessionale di don Alfonso era quello vicino all’altare di San Francesco, sul lato sinistro verso le rocce del Pristòl. La radio era nascosta sotto il sedile del confessore, infagottata in alcune coperte.
Insomma don Alfonso era impegnatissimo e svolgeva tutto quanto con passione e impegno. In qualche momento della giornata riprendeva però anche la sua grande passione per la radio e quindi si recava nelle ore più impensate in chiesa, oltre che per pregare, anche per visitare l’interno del suo confessionale e accendere la sua radio.
Per alimentare poi la radio don Alfonso si era dotato di una batteria proveniente da una motocicletta che aveva recuperato da un suo amico meccanico, sistemava i contatti e i vari collegamenti, accendeva, alzava il volume in cuffia e dava tempo alle valvole di riscaldarsi a dovere. I primi fruscii, le scariche sulla linea, le interferenze delle altre stazioni fasciste lasciavano poi libera la sintonia e si incominciava a percepire il segnale.
Le trasmissioni in italiano di Radio Londra venivano sempre aperte con la sigla musicale storica che era la Quinta Sinfonia di Beethoven, iniziavano poi le voci dei commentatori, le prime notizie dai fronti nazionali, su quello italiano, le indiscrezioni sulla guerra in corso. Ad affascinare don Alfonso erano soprattutto i messaggi speciali in codice, quelle comunicazioni enigmatiche e misteriosamente camuffate che venivano lette dal famoso colonnello Harold Stevens, la voce italiana di Radio Londra.
Comunque tutti erano sempre pronti a chiedere notizie di prima mano, le vere notizie, i veri ragionamenti politici, le cronache della guerra e dei bombardamenti in giro per l’Italia e i riflessi anche mondiali.
Arrivati a dicembre, nonostante la guerra e il rifugio frequentatissimo in cima al Pristòl, anche gli impegni aumentavano sia per la vita parrocchiale sia per quella comunitaria, coinvolgendo tutto il clero locale e naturalmente anche il nostro don Alfonso. Limitati perciò anche gli impegni “radiofonici”, anche lui era coinvolto a pieno titolo nelle imminenti celebrazioni, il catechismo sia in chiesa sia al rifugio, la preparazione insomma di tutto quanto occorreva per la più bella festa dell’anno, inserita purtroppo nel turbinìo della guerra e dei bombardamenti sempre più intensi contro il ponte dei Vodi ai piedi della Paganella.
Poi tutti a casa scambiandosi gli auguri, di quello che doveva essere l’ultimo Natale di quella maledetta guerra. Intanto don Alfonso, insieme al sacrestano e agli altri sacerdoti e ai chierichetti, aiutò nel sistemare l’altare e a portare in sacrestia paramenti e attrezzature utilizzate. Faceva freddo, la serata era calma e tranquilla, in canonica la nipote dell’arciprete preparò per tutti il caffè caldo e anche il vin brulè per riscaldarsi a dovere.
Don Alfonso si avvolse nel suo grande mantellone nero, intorno al collo una spessa sciarpa di lana, in tasca la chiave e una torcia elettrica portatile, e si avviò pian pianino verso la chiesa. Superò la pasticceria del Carlo che era già chiusa, si avviò verso l’ingresso dell’orto. Ad un tratto un rumore di una moto che veniva dalla vicina stazione del tram.
Don Alfonso si nascose dietro la colonna del portale e attese. Era una motocarrozzetta con due soldati tedeschi a bordo, sembravano allegri, cantavano qualcosa di incomprensibile e guardavano la strada illuminata solamente dal faro del loro sidecar, per poi allontanarsi verso palazzo Monfort/Melchiori, dove c’era il loro quartier generale.
Il cappellano entrò furtivamente in chiesa e chiuse la porta a chiave, si diresse verso il confessionale, accese la radio e attese. Nella cuffia sentì subito il gracchiare inconfondibile della trasmissione, girò la sintonia e trovò la stazione quasi subito: era il radiomessaggio natalizio di Pio XII, che era già iniziato da qualche minuto e rivolto alla popolazione dell’Italia in mezzo alla tragedia della guerra.
Dopo il messaggio, il Santo Padre impartì la sua benedizione all’Italia e al mondo, salutando le famiglie, quelli che erano prigionieri di guerra e quelli che soffrivano per la perdita dei loro cari. Dopo il Papa, don Alfonso pensò bene di sentire anche qualche altra notizia d’attualità, si sintonizzò su Radio Londra e dopo pochi secondi sentì in cuffia la famosa frase: «parla Radio Londra, trasmettiamo alcuni messaggi speciali per questo Natale 1944 …».
Senti solo poche parole, poi la stanchezza e il sonno ebbero il sopravvento sul giovane prete che si addormentò all’interno del suo confessionale, fino a quando non venne svegliato da qualcuno che bussava sul legno delle finestrelle.
Al sacrestano che lo guardava con fare sorpreso, don Alfonso disse così: «Mi ero preparato in tempo per celebrare la prima Messa, dato che l’arciprete vuole confessare gli ultimi ritardatari». Uscì dalla sacrestia e si avviò all’altare ancora mezzo addormentato, seguito dai due chierichetti, mentre il Coro Parrocchiale intonava a tutto fiato “Adeste Fideles”.
Il Natale era arrivato puntualmente anche in quell’inverno del 1944, supportato dalle notizie “fresche” di Radio Londra… dal confessionale!!!
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