Lavis. C’era un tempo nel quale il paese di Lavis era un piccolo agglomerato di case addossate al Dos Paion mentre più fiorenti o strategicamente più importanti erano gli altri abitati che adesso formano il Comune di Lavis. Pressano era un ricco villaggio sorto lungo le vie di passaggio che facevano transitare i viandanti sulle colline, lontani dagli ambienti paludosi e malsani del fondovalle (da qui probabilmente l’antico nome della borgata, Persanum). Ma anche l’attuale Nave San Felice, ora sacrificata tra la collina, la statale del Brennero, la ferrovia e il fiume in Adige, in passato ha rivestito un ruolo strategico talmente importante che l’aveva resa terra contesa da principi, re e vescovi.
Le origini di Nave San Felice risalgono quantomeno al periodo retico, lo testimoniano alcuni ritrovamenti fatti nei pressi dell’abitato. Al periodo romano appartengono invece i resti di alcune opere murarie. Questa struttura, delle dimensioni di 7×7 metri, con uno spessore di 70 cm, era coperta da tegole in cotto sulle quali era impressa la scritta Auresis: il marchio di una fornace della vicina Ora che era sicuramente attiva in età imperiale.
Questa era un torre di vedetta che doveva controllare e proteggere l’attraversamento dell’Adige. In questa zona infatti era possibile guadare il fiume grazie alla presenza di un traghetto. Si trattava di un sistema di barche trainate da una corda munita di carrucola scorrevole lungo una fune fissa che attraversava il fiume e che era ancorata sulle due rive a delle robuste colonne. Da questo snodo transitava una delle più importanti vie di comunicazione del passato, la Via Claudia Augusta.
Questa importante arteria da Pressano scendeva fino all’Adige e in prossimità del guado si biforcava. Un ramo proseguiva verso nord mentre l’altro, utilizzando il traghetto che univa Nave San Felice e Nave San Rocco, consentiva il transito verso Mezzocorona e le valli di Non e di Sole.
Nel piccolo parco presente nell’abitato è ancora visibile un vecchio cippo in pietra bianca. Questo in origine era collocato proprio nei pressi del traghetto e indicava la via per le valli Annone e Sole.
L’importanza strategica di questo territorio e del traghetto la possiamo comprendere anche dalla disputa dei territori di Curtes Navium e Sagum (le due Nave e Giovo) del 888 d.C. tra Berengario, Duca del Friuli e aspirante re d’Italia e Arnolfo, re di Germania.
Entrambi avevano interesse a controllare le zone più strategiche dell’attuale Trentino e per non ricorrere alle maniere forti decisero di accordarsi. La Marca trentina restò nel regno d’Italia, quindi sotto il controllo di Berengario, ma con l’esclusione delle Curtes Navium e Sagum che il re germanico volle tenere per se. Forse è proprio da questo fatto che nacque il toponimo Kõnigsberg (monte del re) per indicare il territorio che re Arnofo decise di tenere sotto il suo controllo.
Successivamente, per differenziare i due porti si adottarono i nomi di Navem Ramberti per Nave San Felice e Navem de Ouca, Navem de Odolrico o Navem de Salcedo per indicare Nave San Rocco.
Il più antico documento dove si fa riferimento all’abitato di Nave utilizza proprio il toponimo Nave di Ramberto. Si tratta di un documento del 1185 dove il vescovo di Trento, Alberto di Campo, dava in investitura un feudo ai conti Odolrico e Arnoldo di Appiano. Nel documento si legge:
Quindi il riferimento non è tanto al feudo dato ai nobili quanto al luogo dove questo documento è stato sottoscritto. In quell’epoca era consuetudine incontrarsi e redigere documenti nei pressi di punti strategici dove il signore poteva fermarsi accompagnato da tutta la cancelleria e dove erano presenti edifici in grado di accogliere il sovrano e i suoi funzionari.
In alcuni documenti Nave San Felice viene chiamata anche con il toponimo Scheffbrugk che riprende il termine tedesco Schiffbruck, cioè traghetto.
Con l’istituzione del Principato Vescovile di Trento il controllo del traghetto passò in un primo momento sotto il dominio del vescovo ma poi, nel 1294, con Mainardo entrò a far parte del territorio della Contea del Tirolo.
I conti del Titolo diedero l’investitura e il diritto di riscuotere il pedaggio a famiglie nobili locali. Tra queste spiccano i conti Spaur, dinastia di Mezzolombardo, Fai, Zambana e Sporminore. Questa nobile famiglia ebbe il controllo del guado da metà del 14° secolo fino al 1810, anno in cui il traghetto della Nave venne incamerato tra i beni gestiti direttamente dal governo austriaco.
Nonostante la presenza del pedaggio, la Comunità di Lavis, Pressano e Consorti godeva di un particolare privilegio: la franchigia di passo e ripasso del guado della Nave. Questo diritto però era subordinato all’obbligo di fare la manutenzione dell’argine dell’Adige sul lato di Pressano. Il toponimo Nave San Felice deriverebbe proprio da questo fatto essendo San Felice il patrono di Pressano.
Come sempre accade negli snodi strategici delle vie di comunicazione, anche nel caso della Nave si sviluppò un fiorente villaggio grazie ai servizi legati al traghetto: osterie, locande, magazzini, e uffici pubblici. A nave San Felice era presente anche un servizio di rinforzo cavalli (propelli) per consentire ai trasporti pesanti di superare la ripida salita per Pressano.
Con lo sviluppo di nuove vie di comunicazione lo snodo della Nave divenne nel corso dei secoli successivi sempre meno strategico e quindi venne ridimensionato anche l’abitato e la sua importanza all’interno della Comunità di Lavis, Pressano e Consorti. Nel 1893 il servizio di traghetto venne sostituito da un più pratico ponte, prima in legno e poi nel 1934 in cemento armato.
Se il declino economico del traghetto fu un fenomeno lento e progressivo, un duro colpo all’abitato di Nave San Felice si ebbe nel 1943. Durante il secondo conflitto mondiale i pesanti bombardamenti dell’aviazione alleata distrussero quasi completamente il paese.
Tra gli edifici storici rasi al suolo il più importante era sicuramente l’antica Osteria della Nave con la sua cappella che era stata gestita per secoli dai Tenaglia de Greifenber, una nobile famiglia stabilitasi proprio a Nave San Felice. Questo edificio, oltre che che per l’attività svolta, è stato importante anche come luogo di incontri. Qui si riuniva il Colonnello dei Consorti e qui si svolse anche il processo del 1643 che dovette chiarire la violenta disputata tra i mezzadri di Nave San Rocco e Mezzolombardo per la gestione dei pascoli.
Tra gli antichi edifici che riuscirono in parte a scampare ai bombardamenti c’è Casa Bessol. Questo è un grande edificio che ha mantenuto gran parte delle murature originarie e dove ancora oggi è possibile ammirare un bellissimo erker interamente affrescato. Sulle pareti sono raffigurati due angeli mentre portano un quadro della Madonna con bambino, mentre sotto ci sono San Giovanni Evangelista (con penna e Vangelo) e San Domenico di Guzman (con la stella sopra il capo).
Si sono salvate dai bombardamenti anche le Case Tenaia. Si tratta degli edifici situati subito prima della salita di Pressano. Anche queste sono case molto antiche in quanto in origine erano le stalle dei propelli, cioè dei cavalli che erano utilizzati come rinforzi per permettere ai carri pieni di merci di effettuare la ripida salita verso Pressano. Il nome di queste case deriverebbe proprio dalla famiglia Tenaglia che gestiva anche questo servizio.
Il trascorrere degli anni e gli eventi umani hanno quasi completamente cancellato la storia e l’importanza di questi luoghi. I fasti di un tempo sono andati distrutti o si sono dovuti adattare alla modernità lasciando una traccia di se solo negli antichi documenti e in qualche fotografia che fortunatamente è giunta fino a noi.
Andrea Brugnara, Chiara Moser, i luoghi dell’arte e della storia nel Comune di Lavis vol 2, Comune di Lavis, 2008
Walter Nicoletti, Enzo Marcon, Andrea Brugnara, Colline Avisiane, Comune di Lavis, 2000
Aurelio Rasini, Annali Lavisani, Associazione Culturale Lavisana, 1999
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