Dal cassetto dei ricordi di papà Richeto un racconto finora sconosciuto

Gli anni difficili che precedettero la seconda guerra mondiale e la tragedia di una scomparsa nel racconto intimo che una padre ha deciso di lasciare alla sua famiglia. Un tassello importante nella costruzione del mosaico del nostro passato

Pressano. Papà Richeto non ha mai raccontato con piacere certi periodi della sua vita. Solo nel momento in cui le forze vennero meno e con esse anche il tempo per stare con noi, qualcosa cambiò e cominciò a raccontarci episodi finora tenuti sempre dento di sé.

Questo è uno dei suoi racconti più tristi dove ricorda i momenti difficili della sua infanzia, i sacrifici fatti da tutta la famiglia e la drammatica scomparsa di suo fratello.

Il nonno Giuseppe Sala


Eravamo alla fine degli anni ‘30. Mio nonno Giuseppe Sala, di famiglia artigiana friulana (tessuti di canapa), viveva a Pressano con la seconda moglie Angelica Calovi e i figli Mario Giuseppe, Pierina e mio papà Richeto. In Italia era pieno fascismo e si respiravano, come in tutta Europa, i venti di guerra. Nonno era un bravo falegname intagliatore. Tante camere a Pressano erano state prodotte dalla sua sapiente arte, così come lo specchio sopra il cassettone e le cornici con le foto degli avi che abbiamo in casa, tutte finemente intagliate da lui. Purtroppo, gli anni trascorsi in guerra (la prima), la morte della prima moglie con i figli maschi per colpa della prima epidemia di spagnola e l’età non più giovanile avevano cominciato a segnarlo. Non ultimo problema… molti ordinavano i suoi mobili, il nonno acquistava il legname, lavorava, ma i soldi faticano ad arrivare: un piccolo anticipo, qualche prodotto della campagna, una promessa…

In quegli anni per mantenere la famiglia aveva dovuto anche chiedere un prestito ad alcuni paesani, che considerava persone comprensive della situazione. Essi lo avevano concesso però con in pegno suoi arnesi. Questo fatto, se non fosse riuscito a saldare in tempo, lo avrebbe messo sul lastrico. E anche questo contribuiva ad aumentare le sue preoccupazioni.

Attrezzi di nonno Giuseppe

La famiglia Sala


Anche nonna Angelica cercava si dare una mano e, oltre alle sue mansioni da casalinga, si dava da fare a lavorare nelle case pressanotte. C’è ancora chi la ricorda salire dalla fontana ‘de sot’ (di fronte alla casa della SAT) con la ‘mastela’ di smalto o stagno piena di indumenti dei ricchi signori risciacquati, in bilico sulla testa, con una mano alla maniglia della stessa e una al fianco.

Zia Pierina partì a 15 anni per andare a servizio a Milano dai nonni della ballerina/coreografa Fausta Mazzucchelli, che diventerà famosa negli anni ‘60 nei programmi televisivi di domenica pomeriggio con Fracchia, Cocchi e Renato e Lola Falana. Non tornava a casa spesso perchè preferiva risparmiare per confezionarsi il corredo nuziale con delle stoffe acquistate a Milano (di un certo pregio ma economiche) e mandare qualche soldo a casa.

Papà Richeto, ancora bambino, si sentiva fortunato perché dopo la scuola e le attività ginniche fasciste, poteva aiutare in campagna dai signori Fanti. Questi erano grandi proprietari e lavoro ce n’era tanto. Anche se il compenso non era eccessivo, latte, verdure per la famiglia e un buon pasto non mancavano mai. Oltre a questo riusciva pure a lavorare, qualche volta, come garzone di bottega da un panettiere, in occasione di matrimoni o feste particolari. Egli riceveva, oltre al piccolo compenso, anche dei pezzi di pane venuto male.

Nei suoi racconti ci disse che avrebbe dovuto recarsi in due masi di Pressano dove si festeggiavano i matrimoni dei figli maggiori. La gerla era pronta e un sacco di canapa (opera ancora del bisnonno Sala) divideva il pane in due parti, una per ogni matrimonio. Il profumo era inebriante e per lui che aveva la fame come compagna la tentazione era fortissima. Partì e cominciò la salita verso Pressano. Arrivato al capitello di Sant’Antonio, ora scomparso, non ce la fece più, chiese perdono al santo e dalla gerla prese due pani, uno per matrimonio, che subito divorò. Nessuno se ne accorse, perché era domenica e tutta la gente era in chiesa alla Santa Messa dei due matrimoni.

Anche lo zio Mario, il più vecchio dei tre, si dava molto da fare con tanti piccoli lavori. Questi però non gli prospettavano nulla per il futuro. Nonno, nel frattempo, faticava sempre più a produrre mobili di pregio perché le gambe faticavano a sostenerlo. Si dedicava piuttosto a costruire conigliere, panche, bare, scale per campagna, manici di attrezzi, sgabelli da stalla e soprattutto a piccole riparazioni.

Nonni Angelica Calovi e Giuseppe Sala

La decisione dello zio Mario


Zio Mario capì che era ora di cambiare e di prendere una decisione, altrimenti la situazione non sarebbe continuata per molto. La radio, che a Pressano c’era solo nella casa del parroco e di poche altre famiglie, trasmetteva spesso la chiamata alle armi per partecipare come volontari alla guerra in Etiopia. Anche sui pochi giornali che circolavano in paese questo appello era frequente.

Zio Mario era un avventuroso e i suoi sogni volavano lontano. Non aveva mai visto il mare e lo immaginava solo grazie ai racconti di chi andava in colonia. Non ci pensò per tanto tempo e si informò per andare in marina. Ne discusse anche in famiglia pur sapendo che questa notizia inaspettata avrebbe angosciato tutti.

I nonni ascoltarono, meditarono ma non fecero trasparire l’intensa preoccupazione che avevano nel cuore. Il nonno era malato e non c’erano i soldi per curarlo, papà era ancora un ragazzino e Pierina era lontana. Il nonno sapeva di essere sul viale del tramonto. Nonna aveva avuto due fratelli combattenti nella prima guerra e conosceva bene il dramma della famiglia che li sa lontani. Il consulto però fu breve e la famiglia accettò la proposta di zio Mario. Pensarci troppo sarebbe stato inutile.

Zio Mario

La marina


Nonna piangeva di notte, pregava mentre lavorava e ogni momento libero andava in chiesa con le amiche. Zio nella bottega del nonno lavorava anche la notte per racimolare i soldi del viaggio in treno fino a Genova e in nave fino a La Maddalena. Lì avrebbe imparato tutto ciò che gli sarebbe servito per diventare marinaio, anche se, senza un titolo di studio, non avrebbe raggiunto alte cariche.

Scriveva a casa notizie rassicuranti, mandava pure qualche introito tolto alla sua, seppur magra, paga. I nonni vivevano di nostalgia. Era il 1939, l’Italia non era ancora in guerra come invece lo erano altre nazioni. Zio scrisse che il momento di cominciare a fare il marinaio sulla nave era arrivato. La sua nave si chiamava “Generale Gian Antonio Chinotto”. Aveva salpato i mari da cacciatorpediniere a torpediniere. Aveva attrezzature specifiche per riconoscere le mine sui fondali, ma anche per posizionare a sua volta quelle anti-sommergibile. Cominciata la guerra venne impiegata in missioni di scorta a convogli sulle rotte per la Libia.

Zio Mario sulla nave

Il silenzio


Il 28 marzo 1941 la nave salpò da La Maddalena per un’altra missione.
La famiglia, per strani e mai sicuri motivi, aveva il presentimento che fosse diretta a Capo Matapan, in Grecia. Lì in effetti, quello stesso giorno, si svolse una disastrosa battaglia ripresa anche in un film. Tutto questo la famiglia, in apprensione per la sorte dello zio, lo seppe dalla radio del parroco. Questa la sola informazione ricevuta mentre dalla zio nessuna altra lettera.

Passò il tempo. Il nonno morì e solo nel 1946, il postino portò alla famiglia una busta con all’interno la dichiarazione di “disperso” dello zio nel Mar Mediterraneo e la croce al merito di guerra. Nient’altro.
Questo rese sì la famiglia orgogliosa per il riconoscimento del sacrificio dello zio per la Patria, ma interruppe anche le, seppur minime, speranze di un ritorno di Mario. Tutti restammo con la convinzione che lo zio fosse morto in Grecia.

Il Ministero della Marina nel 1962 mandò la comunicazione che in comune a Lavis era depositato l’atto di morte. Nessuno ricorda però come mai non si andò a ritirarlo. Vennero anche posizionate delle lapidi in chiesa a Pressano a ricordo dei caduti e tra questi anche lo zio.

L’affondamento della nave e la morte dello zio


Nel 2015 confidai a papà Richeto che sarei andata in Sardegna in ferie. Lui mi chiese di andare anche a La Maddalena per cercare la caserma dove lo zio imparò il mestiere di marinaio. Non riuscii per motivi di tempo ad arrivarci, ma questo accese dentro di me la curiosità per scoprire qualcosa di più su questo mio zio e una volta tornata a casa cominciai a fare qualche ricerca.

In rete cercai qualche informazione sulla caserma e sulla nave e con mia grande sorpresa trovai una spiegazione minuziosa fatta da un appassionato sommozzatore. Le mie ricerche mi portarono a scoprire che la nave era affondata il 28 marzo 1941, ma non in Grecia come tutti pensavamo. La nave venne colpita a Capogallo, nelle acque di Palermo. Molti marinai erano sopravvissuti all’affondamento ma purtroppo non lo zio.

A questo punto spinta dalla curiosità mi decisi anche ad andare in municipio a Lavis per visionare, dopo oltre 50 anni i documenti sulla morte dello zio. Con la scarna documentazione che mi diede papà e la comunicazione arrivata da Ministero della Marina mi presentai allo sportello del comune e grazie alla pazienza e gentilezza dell’impiegato finalmente la nostra famiglia entrò in possesso del verbale di scomparizione e il certificato di morte dello zio Mario.

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