La Carta di Regola rappresenta lo strumento giuridico con cui le comunità trentine si sono autogestite per secoli, dal Medioevo al Settecento
Lavis. Questo articolo fa parte del progetto “Le vie dell’acqua e dell’uomo: società ed economia fra passato e presente” promosso da Ecomuseo Argentario, con il contributo della Fondazione Caritro. Partner del progetto: Associazione Culturale Lavisana; Comune di Lavis, Comune di Civezzano, Rete delle Riserve Val di Cembra-Avisio e APPA. L’approfondimento di oggi sarà sulle antiche Carte di Regola.
La Carta di Regola
La Carta di Regola fu lo strumento giuridico attraverso il quale le comunità trentine si amministrarono dal Medioevo fino alla fine del Settecento: sono una sorta di statuti comunali. In questi documenti si trovavano le norme che tutti i membri della comunità dovevano rispettare. A vigilare erano i “funzionari” della comunità eletti dalla stessa: Regolani, Sindaci, Saltari erano, per citarne alcuni, gli “amministratori” del bene comune fino alla nascita dei moderni statuti comunali. Le carte di regola, in sostanza, erano strumenti normativi attraverso i quali le comunità trentine regolavano da sé lo sfruttamento delle risorse naturali e organizzavano la vita civile.
Questi documenti, che potevano variare notevolmente tra loro, contenevano obblighi, divieti e prescrizioni riguardanti cariche comunitarie e competenze. A guidare le comunità era il Regolano, eletto dai Vicini (i residenti con diritto di voto). Il Regolano rimaneva in carica un solo anno, poi i vicini, a rotazione, eleggevano il successore. Al fianco del Regolano, nel caso di Lavis, vi erano tre Sindaci (uno per ogni colomello: Lavis, Pressano e Masi), e altre figure con il compito di vigilare sulle campagne, gli animali e le acque (es i Saltari).
La carta di regola e la risorsa acqua
Importanti sono i punti legati ai corsi d’acqua: Avisio e Adige. Nella carta di Regola di Lavis del 1526 vi si trova citata una figura particolare, il Paumaister o, per usare la definizione per esteso, il Soprintendente alla Fabbrica o alla costruzione e manutenzione degli argini. La Carta prevedeva nel caso di Lavis che fossero due: uno per l’Avisio e l’altro per l’Adige.
Il capitolo settimo della Regola comunale è dedicato alle norme da rispettare nell’Avisio e nella gestione delle rogge.
I. Ordiniamo per mantenimento delle ripe del fiume Adige alcuno ardisca per dette rippe cavare sabbione sotto pena di libre cinque
II. Statuiamo, che alcuno non ardisca, ne possa condure sabione fuori del distretto di questa comunità, il medemo s’intende delle pietre ed altro, che sii comune senza licenza della comunità, sotto pena de libre cinque
III. Item ordiniamo, che verso il Lavis sino alle Smelze sopra il ponte alcuno non ardisca, ne possa fare legne, overo fasine di sorte alcuna, sotto la pena del libre cinque, essendo tali legne riscervate per bisogno d’adoprarle per le Fabbriche
IV. Parimente ordiniamo non ardischi ne debbi levare legne di qual si volgia sorte, che si trovano a difesa, e riparo delle Fabbriche della acque, e massime del fiume Lavis, ed Adige sotto pena di libre cinque per ogni volta sarà contrafato, e di reffare le Fabbriche a tutto il loro danno, e spese.
V. Di più ordiniamo che alcuno non ardisca levare pietre di qualonque sorte dalle Fabbriche, che sono a difesa de fiumi.
VI. Item ordiniamo, quando le acque de fiume Lavis se ingrossano, e conducano legni, che non siino di mercanzia, alcuno non ardisca levarli; quali legne doveranno essere adunate insieme, e poi dividerle per comune, o vero venderle, ed applicar il prezzo di quelle alla Comunità.
VII. Ordiniamo, che ogni volta sarà necessario inviare acque nelle rogie grandi, che tutti i molini, ed edifici, che sono sopra le dette rogie siino obligati per le due parti delle spese concorrere, ed andarvi personalmente, e l’altra terza parte sii obligata la Comunità.
Il divieto di lavare le trippe e altre particolarità
Nella carta di regola vi si trovano anche norme particolari come i divieti di gettare spazzatura o di lavare trippe nelle rogge perché «dovendosi di dette acque servirsene per bisogno delle Famiglie». Altre norme obbligano la comunità ad avere cura delle strade, dei ponti e delle rogge.
Il capitolo 5° della carta di regola è riservato ai Casalini e ai Camerlenghi. I Camerlenghi erano i forestieri non possessori, privi di beni immobili, di condizione sociale inferiore, costretti a lavorare presso altre persone, e soggetti alla tassazione in ragione della loro condizione di non residente. I Casalini erano i forestieri residente che possedeva la casa d’abitazione. Casalini e Camerlenghi erano assoggettati in misura maggiore alle contribuzioni, agli affitti e alle più gravose prestazioni lavorative richieste dalla regola.
Il punto settimo del capitolo 5° recita:
Altri punti della carta di regola raccontano l’interesse della comunità nei confronti della risorsa acqua. Esisteva il divieto di esportare sassi dal torrente. Era vietato asportare le travi in legno che fungevano da argini. Un punto della carta di regola vietava la raccolta e la vendita dei legnami portati dalla corrente in quanto questi legnami erano destinati ai membri della comunità. Ai proprietari dei mulini gravava l’obbligo di partecipare, con il comune, alla manutenzione delle rogge.
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Divieto di lavare le trippe ???
Esiste però anche l’ordinanza comunale del primi del 900 che ordinava ai macellai che usufruivano del Macello Comunale ( ora Biblioteca e Auditorium ) , di lavare le trippe del macello nella roggia esterna, quella che praticamente fiancheggiava lo stabile e che proseguiva poi verso le campagne di via Garibaldi, la Nazionale e la Cantina Sociale. Due giorni alla settimana , il lunedì e il giovedì, l’acqua della roggia era rossa per quasi tutta la giornata, erano i due giorni di macellazione e nei quali si lavavano anche le trippe prima di portarle in negozio, altro che proibizioni, il macello era Comunale e quindi …
“Ordiniamo Che alcuna persona non ardisca gitare immondicie di sorte alcuna, ne meno lavare trippe nelle roggie”
Carta di regola di Lavis, 1526, capitolo ottavo, paragrafo V, conservata presso l’archivio della biblioteca civica di Rovereto, oppure Casetti Storia di Lavis p. 51.
Qui Giovanni si parla del 1526 e non dei primi anni del Novecento.
questo lo sapevo … quella Carta di Regola la possiedo anch’io , quello che non comprendo è che dal 1526 siano cambiate le regole per le trippe lavate nella roggia, anche perché il macello era comunale e quindi lo stesso comune doveva rispettarle e farle rispettare sempre, si vede che sono cambiati proprio i tempi oppure le trippe , Ciao
Ok. Ora mi è chiara la domanda. Forse perché, credo, ma bisognerebbe indagare, per l’acqua potabile iniziano ad usare la sorgente delle Fontanelle? Che dici Giovanni potrebbe essere?
Ciao: Dagli anni 20 e fino ai 50, la fontana tra il Palazzo Bortolotti e casa Varner Aronne (oggi Emporio Lona), aveva ben due spine erogatrici. A scuola ci avevano detto e poi anche da una ricerca storica di Aurelio Rasini, che erano due gli acquedotti collegati. Uno dalle Sette Fontane / Fontanelle (busi Canopi ora via Bresadola) e l’altra dall’Avisio della diga del Zambel . Sotto l’ultima guerra però era sempre stato attivo l’acquedotto delle Fontanelle … e quindi funzionavano sempre le tre fontane sul Pristòl !