Le dodici Bocce d’oro e il sacrificio della vergine di Fierozzo

In Valle dei Mocheni, terra di minatori, si racconta che la ricchezza e il benessere se non vengono gestiti correttamente portano solo sventura e miseria

Fierozzo. Le leggende e le storie della tradizione popolare, seppur fantasiose, hanno sempre un fondamento storico o un evento particolare realmente accaduto. Nel caso delle dodici bocce d’oro la storia trae origine dall’antica attività mineraria particolarmente fiorente anche in alcune zone del Trentino. Un’attività che attirò molte maestranze anche dall’estro, che portò ricchezza e che condizionò anche il paesaggio e lo sviluppo di molti paesi.

In Valle dei Mocheni, molti secoli fa, esisteva, nei pressi di Fierozzo, una bella città fondata da minatori che si erano arricchiti grazie all’oro e all’argento che si trovavano nel cuore della montagna. Per ringraziare Dio di tale ricchezza, costruirono una chiesetta dedicata a San Lorenzo, con un altare dedicato alla loro santa patrona: Santa Barbara.

Nel corso delle generazioni, però, a causa delle ingenti ricchezze accumulate, gli abitanti di questa città persero la fede in Dio, dimenticandosi, di conseguenza, degli insegnamenti di Gesù sull’aiutare i più poveri. Erano talmente ricchi da giocare la domenica con dodici bocce d’oro. Un giorno, nella piazza, arrivò una povera donna con suo figlio malato e denutrito. Quando ella chiese un tozzo di pane, fu subito scacciata in malo modo.

La maledizione e il sacrificio della vergine


Come spesso accade nelle leggende della tradizione popolare questo gesto sconsiderato attirò sul paese e sui suoi abitanti la malasorte. Da quel giorno infatti l’argento e l’oro iniziarono a diminuire. La miniera non rendeva più come un tempo e la popolazione, preoccupata, cercò in tutti i modi di trovare una soluzione. Alla fine l’avidità degli abitanti li spinse a un gesto estremo e questi decisero di sacrificare una giovane vergine, che fu gettata nel pozzo più profondo dell’Aobis.

Gli spiriti della montagna non accettarono quel sacrificio umano e l’argento continuò a diminuire fino a quando le volte della miniera crollarono. Quando i minatori superstiti abbandonarono definitivamente la valle, la chiesa di San Lorenzo andò in rovina.

La ricchezza e il benessere di un tempo erano spariti e non si sa nemmeno che fine abbiano fatto le dodici bocce d’oro. Nessuno ha mai voluto mettersi alla ricerca di quel prezioso tesoro, perché è troppa la paura di cedere nuovamente alle tentazioni e alle lusinghe della ricchezza.


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Andrea Casna, iscritto all'Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige, albo pubblicisti, è laureato in storia e collabora con l'Associazione Forte Colle delle Benne. È stato vicepresidente dell'Associazione Culturale Lavisana e collabora come operatore didattico con il Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto.