Lavis. Il 16 maggio del 1859, dopo nove anni di lavori venne inaugurata la ferrovia che collegava Bolzano a Trento e Verona. Un opera voluta dal governo austriaco che sotto l’Imperatore Francesco Giuseppe aveva pianificato una serie di lavori per ammodernare e rendere più facili i collegamenti nei territori dell’impero.
La ferrovia, che allora era chiamata Südbahn, attraversava anche il territorio di Lavis e qui si resero necessarie alcune opere ingegneristiche per superare alcuni ostacoli: l’attraverso del torrente Avisio e di due rogge.
Per superare il torrente venne progettato il famoso Ponte dei Vodi, meno conosciuti invece furono gli lavori per superare le rogge. L’acqua delle rogge per il paese di Lavis all’epoca era importantissima, era l’unica fonte di energia che faceva da forza motrice ai numerosi opifici che erano stati costruiti lungo le vie del paese (mulini, segherie, fucine ecc.). Dopo aver svolto questo compito l’acqua nelle rogge proseguiva la sua corsa nelle campagne e veniva utilizzata per l’irrigazione, quella superflua poi finiva nel fiume Adige.
La prima roggia incontrata durante i lavori per la ferrovia era a circa un centinaio di metri a sud della stazione del treno di Lavis, detta roggia dell’Ischiel. La sua portata d’acqua normalmente era abbastanza cospicua, in più quando pioveva, l’acqua piovana del paese vi si riversava ingrossandola ulteriormente.
Una semplice tubazione per far passare la roggia sotto la massicciata ferroviaria non sarebbe stato possibile a causa della poca pendenza e del rischio di allagamento nel caso di aumento della portata nei momenti di forti piogge.
L’ingegnere Luigi Negrelli, il principale progettista di tutta la ferrovia, trovò la soluzione.
A monte della ferrovia l’ingegnere fece alzare il livello dell’ultimo tratto della roggia e delle campagne attigue, probabilmente adoperando la terra di risulta del tracciato ferroviario. Lungo tutto il tragitto ferroviario venne infatti prelevata parecchia terra superficiale per poter trovare un terreno solido e consistente dove posizionare la ghiaia della massicciata le traverse e le rotaie del treno. Con questo sistema fu possibile intubare l’acqua, farla passare sotto la massicciata ferroviaria per poi farla salire dall’altra parte per immetterla nel continuo della roggia, praticamente venne fatto un grande sifone.
Al momento della costruzione era prevista solamente una linea ferroviaria, ma il lavoro fu prolungato per una eventuale seconda linea, che effettivamente parecchi anni fu eseguita. Per tutti i lavisani la località dopo questo lavoro prese il nome di Tombon.
Il sistema adottato e lo scorrimento dell’acqua funzionò a meraviglia fino a che la roggia, negli anni ’80 del secolo scorso, venne eliminata.
Veniamo quindi ai metodi utilizzati per attraversare la seconda roggia, quella chiamata degli Ospli o Osperi. In questo caso la soluzione fu più tradizionale e i tecnici fecero ricorso a dei semplici ponti.
Anche l’acqua che scorreva in questa roggia, dopo aver fatto il suo essenziale sevizio di forza motrice e irrigazione dei campi ,si riversava nel fiume Adige. Accanto a questa seconda roggia degli Ospli che si riversava nell’Adige a qualche centinaio di metri a nord del ponte ferroviario dei Vodi, si trovava anche la strada che portava alle campagne.
All’epoca della costruzione della ferrovia i mezzi di locomozione che transitavano in questa strada erano semplici carri trainati da buoi o cavalli e l’altezza massima di tali carri, magari carichi di fieno arrivava a circa 3 metri. Per il passaggio della ferrovia in questo tratto, l’ingegnere Negrelli progettò un ponte atto a scavalcare la strada e la roggia, che rimanevano nel loro stato naturale. Logicamente questo ponte venne progettato tenendo conto dell’altezza dei mezzi che transitavano su quella strada e anche in questo caso venne costruito prevedendo una possibile futura seconda linea.
All’incirca 100 anni dopo, a pochi metri della linea ferroviaria e parallela a questa venne costruita l’autostrada del Brennero e chiaramente la progettazione di questa nuova opera dovette affrontare gli stessi ostacoli incontrati dalla ferrovia. Le rogge non servivano più come forza motrice ma erano comunque utilizzate per l’irrigazione dei campi. La portata d’acqua era minore e i progettisti decisero quindi di restringere quella degli Ospli e di utilizzare un ponte per i’attraversamento.
Il nuovo ponte autostradale venne però costruito con un’altezza ridotta che non permetteva più il passaggio dei mezzi agricoli, magari anche cabinati. Per poter quindi arrivare nel campi posti dall’altra parte dell’autostrada non fu più possibile utilizzare la vecchia strada ma si dovette creare una nuova viabilità parallela all’autostrada.
Trascorsi circa altri 40 anni la Provincia autonoma di Trento progettò e costruì una nuova opera viaria: la variante stradale per la val di Non. Questa nuova strada ad altra percorrenza venne costruita accanto all’Autostrada del Brennero, proprio dove era stata costruita la precedente strada di accesso ai campi, che naturalmente viene assorbita.
Cosi in sostituzione di questa, è stato necessario costruire ancora una nuova strada per raggiungere i campi, mentre per attraversare la roggia e e la vecchia strada furono realizzati due piccoli ponti, troppo bassi e stretti per il passaggio di automezzi ma un’ottima pista ciclabile.
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