Lavis. I numerosi studi oggi disponibili sull’argomento mostrano in tutta evidenza l’importanza del ruolo che rivestirono nella storia economica dell’area trentina fra tardo medioevo e prima età moderna i centri metallurgici insediati in Lavìs e a Pergine.
Ai forni fusori attivi nel Perginese, posti in prossimità del borgo, a Canezza, a Serso e a Viarago, venivano conferiti i minerali di argento e di rame estratti dalle canòpe della zona e quelli provenienti dai giacimenti posti nel settore orientale dell’altopiano del Monte Calisio (Civezzano, Albiano, Fornace): argento e rame furono i prodotti più ricercati nel periodo di massima fioritura dell’attività mineraria locale (XV-XVI secolo), accompagnati più tardi da ferro, ottone e vetriolo.
Gli impianti del Perginese si servivano dell’energia idraulica fornita dal torrente Fersina e dai suoi affluenti Rivo di Val (in destra) e torrente Rigolor (in sinistra) per la movimentazione delle ruote azionanti i frantoi di macinazione e apparati di lavaggio del minerale, e soprattutto i grandi mantici accoppiati ai forni stessi, fondamentali per raggiungere e mantenere le diverse temperature nei diversi procedimenti di fusione e raffinazione.
Vanno inoltre ricordati i cinque edifici di frantoio del minerale attivi nel corso del Cinquecento sul Rivo di Santa Colomba, e i due toponimi “ale Slacche” documentati il primo nel Trecento sotto Nogarè e Seregnano, il secondo nel Cinquecento e ancora attuale sotto Civezzano al piede nord del Monte Celva, testimoni di trascorse attività di fusione. Di questi effimeri apparati ‘industriali’, scomparsi nel corso del tempo sotto l’impeto della Fersina e dei suoi rovinosi affluenti, non è rimasto alcun segno materiale: solo eventuali accurate ricerche archeologiche potranno mettere in luce quelle trascorse presenze.
A Lavìs erano conferiti i minerali di argento e rame estratti dalle canòpe della Clinga tra Lavìs e Pressano, dalle miniere aperte intorno a metà Cinquecento nella zona sopra Meano fra Gardolo di Mezzo e Montevaccino, e in parte quelli provenienti dalle non distanti zone di Giovo e di Faedo.
Sappiamo che nel secondo Quattrocento erano in funzione almeno un frantoio sul Rio Molini in fondo all’omonima valle sotto Verla di Giovo, e alcuni forni fusori sotto il centro abitato di Faedo lungo il Rivo dei Masetti: ma nel corso del tempo – in particolare tra fine Quattrocento e metà Cinquecento – i forni fusori di Lavìs diventarono il polo principale dell’attività metallurgica locale, questo naturalmente dovuto alla presenza del torrente Avisio con la sua grande portata di energia idraulica, dal quale venivano derivati attraverso il borgo i canali delle rogge serventi gli impianti metallurgici, ma non solo.
Albino Casetti ci parla del toponimo “alle Smelze” menzionato nel 1526 (Casetti 1981, p. 23; dal tedesco Schmelze metallo fuso – Schmelzhütte fonderia). Questo dato è l’esatto riscontro toponomastico di quanto ci dice il documento n. 1 dell’Appendice 04 datato al 1491: già in quell’anno erano attivi in Lavìs i forni fusori per il trattamento dei minerali di argento e rame estratti in zona; per la costruzione o la manutenzione di quei forni veniva fornita argilla estratta in una cava aperta nella zona di Meano(1).
Il toponimo “Smelze” fu poi accompagnato da quello dell’immobile, “Casa del colo delli minerali”, il forno fusorio di proprietà di Casa d’Austria / Conti del Tirolo. Questa denominazione era in uso ancora nel corso del Settecento come memoria storica dei dismessi forni fusori posti al piede dei Ciuciòi / Pristol, attivi almeno fino a metà Cinquecento, come mostrano i documenti dell’epoca mostrati nell’Appendice 04: “hütten am Nefes” (gli impianti di Lavìs, anno 1491, “le case da le fusine da Lavis” (anno 1526), “la fosina da Lavisse” (anno 1544).
Gli stessi documenti mettono in luce alcuni elementi di particolare interesse materiale. Oltre a quello già segnalato dell’argilla proveniente dalla zona di Meano e destinata agli apparati dei forni fusori, vi è quello riguardante la fornitura di minerale, legna e carbone, con i nominativi dei carrettieri che effettuavano il servizio di trasporto. Un altro dato riguarda lo scambio di minerale e dei sotto-prodotti di prima fusione fra le zone metallurgiche di Pergine e di Lavìs: in particolare l’ultimo (scheda n. 7, anno 1544) ci parla del trasporto da Lavìs a Pergine di minerale arricchito di piombo e di ossido di piombo utilizzati nei ripetuti procedimenti di raffinazione dell’argento.
(1) L’argilla refrattaria veniva e viene tuttora principalmente usata per il rivestimento interno di forni e di altri ambienti ad alte temperature, come erano i forni impiegati nella fusione del minerale e nei successivi procedimenti di raffinazione dei metalli, argento e rame.
Ausserer 1995
Carl Ausserer, Castello e giurisdizione di Pergine: i signori, i capitani, gli amministratori e i signori pignoratizi, con un appendice sulle miniere, traduzione di Giulia Mastrelli Anzilotti dell’edizione originale Wien, 1915/1916, introduzione di Maria Garbari, Pergine Valsugana (TN), Associazione “Amici della Storia”, 1995.
Casagrande 2013
Lara Casagrande, Paesaggi minerari del Trentino, in APSAT 2. Paesaggi d’altura del Trentino. Evoluzione naturale e aspetti culturali, a cura di Diego E. Angelucci [et al.], Mantova, SAP Società archeologica, 2013, pp. 177-308.
Casetti 1981
Albino Casetti, Storia di Lavìs giurisdizione di Königsberg-Montereale, Trento, TEMI, 1981 (Collana di monografie edita dalla Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, 35).
Casetti 1986
Albino Casetti, Storia documentata di Albiano centro della zona del porfido, Cassa Rurale di Albiano (TN), Trento, Publilux, 1986.
Kellenbenz 1990
Hermann Kellenbenz, Le miniere di Primiero e le relazioni dei Fugger con Venezia nel Quattrocento, in Atti del Convegno “Il Trentino in età veneziana: Rovereto, 18-20 maggio 1989”, N. monografico di “Atti dellaAccademia roveretana degli Agiati”, Contributi della classe di scienze umane, di lettere ed arti, S. 6, vol. 28, Rovereto (TN), 1990, pp. [365]-385.
Paesaggi minerari 2020
I paesaggi minerari del Trentino. Storia e trasformazioni, a cura di Alessandro de Bertolini, Emanuela Schir, Trento, Fondazione Museo Storico del Trentino, 2020.
“Verleich buoch” 1959
Das “Verleich buoch auf paw zu Trient”, hrsg. von Karl Schadelbauer, in Hans Hochenegg, Georg Mutschlechner, Karl Schadelbauer, Das Verleihbuch des Bergrichters von Trient (1489-1507), Innsbruck, Universitätsverlag Wagner, 1959 (Schlern-Schriften, 194), pp. 33-68.
Si presentano alcuni documenti per gran parte inediti a integrazione di quanto esposto in Casetti 1981, pp. 21-24, sulla storia delle miniere d’argento aperte nelle zone di Lavìs, Pressano e Faedo nel tardo Quattrocento e delle relative attività metallurgiche. I dati riguardano anche e in particolare gli imprenditori Giovanni Battista a Prato, suo cognato Tommaso Cazuffi di Trento, e Sigmund Hol di Bolzano, associati nella “Compagnia delle minere” di Lavìs.
1. Argilla per i forni fusori di Lavìs
1491 maggio 30 – 1491 giugno 4, [Trento]
Urban Kastner, giudice minerario di Trento, rilascia ad Hans Hochenegg una concessione per l’apertura di una cava di argilla (“ain laimgruben”) nella zona sotto Santa Maria di Meano, presso un castagno sopra la via che porta al Montevaccino; l’argilla estratta sarà destinata al funzionamento dei forni fusori di Lavìs (“zu furdrung der hütten am Nefes”).
Il giudice minerario procede alla misurazione del campo di cava su un terreno privato appartenente ad Anthoni Marco dal Montevaccino, e rilascia la concessione a queste condizioni: Hans Hochenegg pagherà ad Anthoni un affitto annuo di una lira di Verona per l’apertura e sfruttamento della cava; se però Anthoni chiedesse che la cava venga spostata su altro sito, comunale o privato che sia, lo potrà fare però indicando ad Hans il sito altyernativo; in tal caso Hans dovrà lasciare la cava che aveva aperto sul terreno di Anthoni spostandola dove gli è stato indicato, ferme restando le condizioni di affitto nel caso di trattasse ancora di terreno privato.
Fonte: Das “Verleich buoch” 1959, p. 35.
2. Gli immobili delle fucine di Lavìs
1526 gennaio 10
Giovanni Battista a Prato affitta per 9 anni a “Biasio nones carador et abitador a Lavis” gl immobili denominati “le case da le fusine da Lavis” con un canone di 20 lire all’anno da pagare alla scadenza di San Michele (29 settembre); il conduttore Biagio potrà “conprar dele schandole per coprir lo dito logo”, e la spesa da lui sostenuta gli sarà computata in acconto dell’affitto dovuto.
Fonte: APTn, archivio Famiglia baroni a Prato di Segonzano, n. 1100, c. 156r.
3. Minerale e legna per i forni fusori di Lavìs
1542 febbraio 24 – 1542 maggio 18
Giovanni Battista a Prato registra un rendiconto del suo dare/avere con la “Compagnia delle minere” attiva in Lavìs sul periodo sopra indicato:
– ha un credito per 12 lire date “a trei caradori da Lavìs” per la condotta di minerale d’argento (“vena”) da Pergine ai forni fusori di Lavìs (24 febbraio);
– ha un credito identico di 12 lire per “vena” condotta da Pergine a Lavìs (18 marzo), e un altro “per spedire ala fosina” minerale da fondere (25 marzo);
– “Martino e Pero Cigainer de Lavìs compagni caradori che conducono la vena et legna” ricevono 16 staia di segala per conto a Prato da “Villi fattor a Sancto Michel ( 2 aprile) e 10 lire per altra analoga prestazione (stessa data);
– “Nicolò Walschbewer de Lavìs per sue mercede de haver condutta vena alla fosina et legna” riceve 22 lire (2 aprile).
Fonte: APTn, archivio Famiglia baroni a Prato di Segonzano, n. 1108, cc. 31r, 39r, 41r, 43r; altere voci di spesa (“per lo spender per la fosina” sono annotate dal 15 aprile al 18 maggio 1542, cc. 44v, 47r, 52v, 55r, 57r dello stesso registro.
4. Carbone per i forni fusori di Lavìs
1543 ottobre 4
Giovanni Battista a Prato ordina di dare “a uno chenopo o sia carrador, il qual conduseva legna alla carbonara dela fosina dal’argento de Laviss”, due braccia di velluto e 9 grossi in denaro.
Fonte: APTn, archivio Famiglia baroni a Prato di Segonzano, n. 1112, c. 40r.
5. Attività dei forni fusori di Lavìs
1544 febbraio 20
“Messer Hosbaldo Savoier” abitante a Pressano, riceve da Giovanni Battista a Prato 227 lire e 8 carantani a saldo di un prestito di 200 ragnesi fatto dal primo al secondo al tempo in cui quest’ultimo “lavorava a fare colare su la fossina da Lavisse”.
Fonte: APTn, archivio Famiglia baroni a Prato di Segonzano, n. 1110, c. 110r.
6. Creta e legna per i forni fusori di Lavìs
1544 marzo 14
Gerolamo “afictalino” che sta “in la fosina” a Lavìs, è creditore verso Giovanni Battista a Prato di 10 lire “per creda et legna menada alla fosina” di Lavìs.
Fonte: APTn, archivio Famiglia baroni a Prato di Segonzano, n. 1110, c. 119r.
7. Minerali dai forni fusori di Lavìs a Pergine
1544 aprile 5
Nicolò Zilio, fattore a Prato, annota di aver mandato a Pergine tre carri “de roba de quela dela fosina da Lavisse”, ossia 850 libbre “de raicston” (minerale arricchito di piombo) su un carro, 75 libbre “raicston ert, unt glet” su un altro, e altro materiale simile consistente in prodotti secondari di fusione della galena (fra i quali l’ossido di piombo, “glet”) utilizzati nei ripetuti procedimenti di raffinazione dell’argento.
Fonte: APTn, archivio Famiglia baroni a Prato di Segonzano, n. 1110, c. 131v.
Una tradizione che arriva da molto lontano e che a Lavis è stata ripresa dall'Associazione…
Uno stop inaspettato che nega alla squadra trentina il ritorno alle Final Eight di Coppa…
Edito dal Comune di Lavis, ripercorre più di 150 anni di storia, dalla fondazione ai…
Questo articolo fa parte del progetto “Le vie dell’acqua e dell’uomo: società ed economia fra…
Niente da fare per i gialloneri sul campo del Cassano Magnago, ora capolista della Serie…
Nell'incontro in sala Spaur si parlerà di come si fa ricerca storica sulla Prima guerra…