Questo articolo fa parte del progetto “Le vie dell’acqua e dell’uomo: società ed economia fra passato e presente” promosso da Ecomuseo Argentario, con il contributo della Fondazione Caritro. Partner del progetto: Associazione Culturale Lavisana, Comune di Lavis, Comune di Civezzano, Rete delle Riserve Val di Cembra-Avisio e APPA
Lavis. All’interno del progetto “Le vie dell’acqua e dell’uomo: società ed economia fra passato e presente”, abbiamo elaborato una traccia per raccogliere ricordi, informazioni e impressioni, e chiesto quale sia il rapporto esistente con il torrente Avisio. Ho intervistato 20 persone che vivono a Lavis. Il lavoro è quindi una piccola parte di un’indagine che prosegue ora attraverso un questionario online disponibile a questo link.
Le risposte costituiscono ora una raccolta di racconti, testimonianze e descrizioni che uniscono il passato al presente attraverso le vite di molte generazioni, dai più anziani ai più giovani. Le interviste coprono, a livello generale, un arco generazionale che va dai 19 ai 90 anni.
L’intento è quello di trasmettere una molteplicità di visioni e sguardi con cui si vive il torrente Avisio, offrendo uno spaccato parziale che non può certo esaurirsi in questo lavoro. Le civiltà dell’acqua, che hanno accompagnato l’uomo dalla notte dei tempi e continuano a farlo anche nel III millennio, mostrano un legame ben radicato con i corsi d’acqua, spesso inesplorato.
Di queste venti persone ne sono state selezionate sette per la creazione di questo video:
Qual è il primo ricordo legato al torrente?
Il capitolo ricordi è ancora un altro livello di indagine e con gli anziani non è stato possibile non raccogliere altri frammenti di storia del paese di Lavis: i più lontani sono al tempo della II° guerra mondiale e anche un poco prima.
Ascoltando per intero i racconti dei lavisani intervistati si srotola una storia del paese fatta anche di fatiche, di cambiamenti, di sviluppo e trasformazioni molto importanti che ci consegnano una Lavis dove l’antico rapporto con il torrente fatto di paure, lavori, utilizzi e giochi con le sue acque è diventato un rapporto più immateriale, accogliendo i molti nuovi residenti che scelgono di vivere a Lavis anche per questo spazio naturale a disposizione di tutti. Chi ha un cane nel nucleo familiare, sa bene che ha una importanza notevole avere questa opportunità anche se non tutti hanno appreso la buona abitudine, civile soprattutto, di raccoglierne le deiezioni e riporle negli appositi cestini.
Le interviste
Il primo ricordo che ho è con mio papà, la passione me l’ha passata lui che portava me e mia sorella Flavia (età anni 5-6 1964), ci porta dall’altra parte del torrente a San Lazzaro dove c’era una passerella che portava ad una paratoia per l’irrigazione dove c’era un grandissimo salice ed ero affascinato dall’ambiente selvaggio e dal forte rumore l’acqua e noi giocavamo e speravamo che il papà prendesse qualche pesce, pescando poco più in là. (Giuseppe Casetti)
Giocavamo a calcio quando c’era il campo sportivo nell’alveo del torrente nel dopoguerra! Del mulino mi ricordo tutto, c’era la ruota fuori dalla casa, faceva andare “el molin”, poi macinavamo mais, frumento, e l’orzo con il “pestin”. Poi durante guerra 1940-46 il mulino non lavorava più, ci voleva la tessera per tutto… troppo complicato … non c’erano soldi… mio padre andò a lavorare per la Todt x la manutenzione delle linee e infrastrutture ferroviarie … (organizzazione tedesca costruzione delle fortificazioni e, in generale, a tutto ciò che era necessario per la Wehrmacht ponti, strade, aeroporti, eccetera). “l’era miseria”. (Paolo Dorigatti)
Mi ricordo l’effetto del porfido a strapiombo sull’acqua, in particolare la zona più selvaggia verso il Zambel oltre il ponte di ferro un km e più, il Zambel con lo sbarramento. (Silvia Ferrin)
Da piccolo abitavo dietro a palazzo Maffei, mio papà era rimasto orfano perché mio nonno lavorava alla costruzione della diga di S. Giorgio 1883/86 sull’Avisio, si ammalò di broncopolmonite “doia” a causa del sudare e prendere freddo. Bisognava lavorare in inverno perché c’era meno acqua e questo consentiva di procedere nelle migliori condizioni, ma l’aria fredda, nel caso del nonno, fu causa della morte. (Cirillo Odorizzi)
A 16 anni mio fratello Tullio mi portò al Zambel per la prima volta, come ragazza non potevo andarci, forse era per farmi vedere che si tuffava dal ponte sospeso?! (Pierina Valentini)
Ho un ricordo da piccolino con i miei genitori che proprio in zona biotopo facevamo il bagno… e una volta vidi un serpente catturare un pesciolino… che mi aveva traumatizzato… (Davide Sgrò)
Quando ero piccolino mi ha portato a pescare con lui… ma non ho mai sviluppato la passione per la pesca come invece ha mio padre. (Gabriele Casetti)
Una volta c’era una scaletta a pioli in ferro che scendeva dall’argine nel greto era emozionante, scendere magari a 5 anni, da questo grosso muro che protegge il paese, e separa due mondi ed entrare nell’Avisio senza case, senza macchine, senza pericoli. (Giacomo Rizzoli)
Mi ricordo l’Avisio fin da piccolissima l’estate i miei genitori mi portavano in zona Zambel a fare il bagno. La camminata per arrivare mi sembrava infinita. (Martina Tomasi)
Io non potevo andare nell’Avisio c’era il divieto ad andare ai spiazzi di Loreto perché c’erano i monelli e non si poteva andare nel torrente. (Raffaella Osele)
A 6 anni mi ricordo la prima volta alla serra di San Giorgio Zambel mi pareva di essere in alta montagna la sopra…, c’era la neve e la lunga stradina era ridotta a un sentiero stretto, si passava a stento per arrivare e alla serra. (Roberto Valer)
Un ricordo un po’ passivo, con la scuola di Pressano, l’insegnante di tedesco aveva sviluppato un progetto sugli elementi aria, terra e fuoco e aveva montato un video proprio nel torrente Avisio. (Damiano Moser)
Negli anni ’60 ricordo mio padre mi portava alla trattoria ai Spini di Gardolo non lontana dall’argine di sponda trentina, ricordo che vedevo, una draga che risaliva l’Adige proprio alle foci dell’Avisio! (Lucio Uber)
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