Dalle cronache del tempo uno spaccato di Lavis alla fine della Guerra Fredda
Lavis. «Arsenali nascosti in sette caserme. Depositi a Lavis, Terlano, Postal e Sarentino. Ma non viene da qui la “strategia della tensione”». Era il novembre del 1990, la Guerra Fredda era agli sgoccioli. E in quel novembre del 1990 Margaret Thatcher rassegnava le dimissioni da Primo ministro, a Parigi l’Italia firmava gli Accordi di Schengen e in Italia veniva sciolta ufficialmente la struttura paramilitare Gladio.
E in quel contesto sull’Alto Adige, in un articolo a firma di Franco de Battaglia, si parlava di Gladio: l’organizzazione paramilitare appartenente alla rete internazionale Stay-behind («restare indietro»), finalizzata a contrastare una possibile invasione nell’Europa occidentale da parte dell’Unione Sovietica e dei Paesi aderenti al Patto di Varsavia e, in particolare, della non-allineata Jugoslavia.
In caso di invasione la Gladio si sarebbe attivata attraverso atti di sabotaggio, guerra psicologica e guerriglia dietro le linee nemiche. L’esistenza di Gladio fu riconosciuta dal Presidente del Consiglio italiano Giulio Andreotti il 24 ottobre 1990. Il 25 novembre 1990, inoltre, il giornale l’Unità pubblicava un articolo dal titolo «Inchiesta a Bolzano: c’era Gladio dietro al terrorismo alto-atesino?». Nel pezzo si menzionano Trento, Lavis e Rovereto come centri di Gladio.
Questo, come altri, è uno dei tanti “misteri” legati alla Guerra Fredda e ritornando all’articolo dell’Alto Adige, dall’intervista emerge che esistevano depositi di Gladio anche in Trentino Alto Adige, a Trento, Rovereto, Lavis, Bolzano, Terlano, Postal e Sarentino.
Anche la politica locale prende posizione
Sulla questione Gladio, il 12 dicembre 1990, interviene anche la sezione lavisana del PCI con un comunicato stampa nel quale si legge, come riportato dal Quotidiano l’Alto Adige, «che l’operazione Gladio ha coinvolto anche il comune di Lavis. Stando infatti a fonti autorevoli, non smentite, negli anni 1974-76, la locale caserma dei carabinieri ha ospitato un deposito della organizzazione.
Al di là di ogni valutazione i comunisti si chiedono quali rischi abbia corso la popolazione, a sua completa insaputa. Non sarebbe inutile, al proposito, un interessamento e un chiarimento delle autorità competenti. Si vuol far credere – si legge nel comunicato riportato dall’Alto Adige – che tutto era legale, anzi doveroso. Quello che invece è emerso e sta emergendo nelle indagini della magistratura e dal lavoro della commissione stragi del Parlamento dimostra che ben altri erano scopo e filosofia di questa e altre organizzazioni segrete. Gladio era una struttura militare concepita con criteri di arruolamento su basi ideologiche, atta ad ostacolare, fronteggiare ed impedire l’avanzata del PCI. Nel caso questo partito avesse anche democraticamente conquistato il potere, era pronto un progetto di guerra civile con arresto e deportazione di dirigenti comunisti, sindacalisti, uomini di sinistra e anche religiosi».
Con questo comunicato la sezione locale del PCI vuole sensibilizzare l’opinione pubblica lavisana su tali fatti. «Occorre – conclude la nota – creare le condizioni perché una certa classe dirigente venga accantonata, devono cadere gli omissis, i segreti di stato, per fare piena luce sui troppi misteri».
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