Dopo aver letto tutto questo ha senso ancora parlare di sport minori?
Lavis. “Dai che dobbiamo partire”, “Non ti addormentare proprio ora”, “Ricordati di preparare la borsa e prendi tutti i compiti, rientriamo tardi”, “Hai detto alla professoressa che non potrai esserci lunedì?”, “Mi raccomando finisci tutto oggi così domani non hai pensieri”, “Va bene se ti preparo la pasta fredda per cena o preferisci un panino?”. Potrei andare avanti all’infinito con le frasi e le raccomandazioni che giorno dopo giorno io e mio figlio ci scambiamo nel breve lasso di tempo che passa da quando rientra da scuola a quando saliamo in macchina per andare ad allenamento.
Succede il martedì, il giovedì e a volte anche il lunedì. Viaggiamo verso San Donà del Piave, Padova o Molinella-Bologna per raggiungere Eva, la sua ballerina che vive vicino a Venezia e che come noi si sposta con la sua famiglia. Lei ha 13 anni, fa la terza media ed è bravissima: a scuola e nella danza. Non siamo solo io e lui a fare la spola, c’è anche il suo papà: esce dal lavoro alle 17 e il resto della giornata lo passa al volante e in attesa di Timothy. Lui è un atleta di danze latino-americane, classe internazionale. Da 10 anni i suoi piedi, le sue gambe e la sua testa sono sincronizzate con la musica latina, con le gare di ballo, con un mondo sconosciuto ai più o conosciuto nei limiti di quello che la televisione vuole e riesce a trasmettere.
Talento, sacrificio e tanto impegno
Da febbraio 2021, quasi tre anni ormai, non solo balla con Eva, ma fa parte di un team internazionale molto importante, anzi il più importante, dove nulla è lascito al caso. La formazione degli atleti, il gesto atletico e il progresso della danza sportiva con un occhio al patrimonio storico che caratterizza questa particolare disciplina, sono messi al primo posto. Il Team Diablo ha accolto Timothy (nato e cresciuto nella scuola di danza Ritmomisto di Lavis) e il suo talento e gli sta permettendo di realizzare, passo dopo passo, un sogno che prende forma attraverso non solo il suo impegno e la sua dedizione, ma anche un sistema che crede in quello che fa e lo fa con coerenza.
Se qualcuno si stesse chiedendo perché la storia di Timothy deve essere considerata particolare rispetto a quella di altri giovani sportivi la risposta è semplice: perché lui è tra quei pochissimi ragazzi che devono fare centinaia di chilometri per rincorrere i propri obiettivi in equilibrio tra il piacere e il dovere, tra la scuola e la ricerca di una vita normale, a volte dovendo spiegare (ancora!) che quello che fa è uno sport e che non è solo per femmine.
Ce ne sono altri come lui, solitamente praticano sport minori proprio come la danza, di quegli sport in cui gli sponsor non hanno interesse a mettere denaro perché non abbastanza visibili per valerne la pena. Di quegli sport che non hanno spazio sulle pagine dei giornali, nemmeno locali, né in televisione o alla radio; di quelli che devono farsi largo tra la cronaca di valle e che rimangono “non sport” agli occhi di un sacco di gente.
Eppure il sudore, la fatica e il dispendio economico hanno lo stesso valore di tutti gli altri. Se questa vita pesa a Timothy bisognerebbe chiederlo a lui. La mia personale risposta la trovo nel suo sorriso o nel suo abbraccio sudato alla fine di una gara, al suo fischiettio allegro del mattino, che non teme orari (difficilmente torniamo a casa prima di mezzanotte), né fatica. Non sempre è tutto rose e fiori: ci sono dubbi e debolezze, nervosismo e tanta stanchezza. A bilanciare tutto però ci pensano le opportunità: quindici anni e un mondiale in arrivo, in Belgio il 26 novembre prossimo. Quindici anni e un talento coltivato, coccolato, addestrato che soddisfa. Quindici anni e la consapevolezza che quando vuoi qualcosa devi lavorare per ottenerla e che nulla è impossibile, a volte improbabile, ma mai impossibile.
La fortuna di avere istituzioni e persone che ci credono
Timothy è fortunato: gode del tutoraggio sportivo della Provincia che lo aiuta a non faticare a scuola, anche se la sua media è molto buona e l’impegno, nonostante tutto, è costante. Ha una tutor speciale: una professoressa ex-atleta che lo sostiene, che capisce ciò che fa e lo sforzo che compie e un corpo docenti “sul pezzo” come si dice oggi. Per questo la gratitudine è tanta. I compiti in macchina, le interrogazioni autista – passeggero con mamma e papà, le letture con la luce fioca dei sedili dietro e gli occhi che si chiudono, ne siamo certi, non lo fermeranno.
Sarebbe curioso calcolare quanti chilometri abbiamo percorso io e il suo papà, con lui in auto, per la danza sportiva, ma alla fine non accadrà: non conteremo i chilometri fatti, ma quelli che faremo ancora per aiutarlo a rincorrere il suo sogno e non ci serviranno vittorie a ripagarci della fatica e del sacrificio, ci basterà sapere che nella sua vita ha lottato come noi e con noi per lasciare il suo personale segno e per cercare la sua versione unica e originale della felicità.
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